Ci si sarebbe potuto scommettere che la classe politica, intellettuale e giornalistica italiana avrebbe dato il peggio di sé stessa in occasione delle due concomitanti anniversari del 2015: i 70 anni della fine della seconda guerra mondiale e i 100 anni dell’inizio della prima guerra mondiale. Una guerra perduta ed una guerra vinta ricordati quasi fosse il contrario esatto: retorica ed enfasi per i 70 anni, con la messa in sordina di tutti i lati oscuri della “resistenza” e la nullificazione dell’opera di revisione compiuta dagli storici negli ultimi trent’anni; antiretorica, “sobrietà”(!?) come è stato detto, nessuna vera grande commemorazione politica e militare ufficiale per i 100 anni (i colpi di cannone, i minuti di silenzio, la staffetta del tricolore lungo la penisola, sono tutto fumo negli occhi), quasi ce ne vergognassimo, e l’accento invece sui lati negativi della “inutile strage” papalina e il famoso “parecchio” giolittiano (è stato ricordato anche questo), delle centinaia di migliaia di morti, feriti, mutilati, dei massacri della guerra di trincea (identica su tutti i fronti, occidentali peraltro). Addirittura, al TG11 delle 13,30 del 24 maggio il giornalista specializzato in storia Roberto Olla, ha affermato che i morti furono oltre un milione, comprendendo nel computo con ardita manovra dialettica mai fatta da alcuno, anche il mezzo milione di civili uccisi dalla Spagnola, come se fosse stato solo un caso italiano! Per gli immemori c’è chi subì perdite assai più gravi: Francia e colonia un milione e 300 morti, Gran Bretagna e colonie 8909mila, la Russia ebbe tra 1 milione e 800mila e i 2 milioni e 300mila morti, la Germania e colonie 2 milioni e 100mila, l’Austria-Ungheria 1 milione e 200mila. Solo per citare cifre non certissime dei soli militari per gli Stati principali. Tra essi, dunque,l’Italia, ebbe un numero inferiore, pur se altissimo, di caduti.
La cialtronaggine se non la tragedia dell’Italia odierna è in questo capovolgimento di valori che ha una origine assolutamente ideologica e doppiopesista: il buonismo, il pacifismo, i la mozione dei sentimenti, toni sommessi, la mancanza di enfasi, le resipiscenze, i mea culpa, i perdono non sono sempre uguali per tutti, ma si devono adottare per la Grande Guerra (definita tale in tutte le nazioni coinvolte per confronto con le precedenti) e non si devono adottare per la seconda, che fu più “grande” della prima, con più morti complessivi, soprattutto civili, ma che ebbe in Italia una parte finale di guerra civile definita “resistenza” o “guerra di liberazione” che prevalica su tutto.
Il 24 maggio 2015 è stara una occasione perduta per l’Italia di Renzi & Mattarella, che in fondo restano sempre due democristiani di sinistra: nessuna vera significativa cerimonia ufficiale, nessun Parlamento in seduta comune, addirittura lo sfregio che nessuna autorità istituzionale ha condannato duramente che io sappia, né Mattarella, né Renzi, né Grasso (figuriamoci la Boldrini) per lo sfregio del Tricolore a mezz’asta (tipo lutto cittadino) nella provincia autonoma di Bolzano, italiana quindi a metà. Un po’ il simbolo di un centenario dimezzato… E fare sfilare il 2 giugno la Brigata Sassari con le divise della Grande Guerra, e solo quella, dà l’impressione di essere una “pezza”. Un BL18, no? Un Mas, no? Uno SVA, l’aereo con cui D’Annunzio sorvolò Vienna, no? Almeno una rappresentanza delle varie Armi in divisa storica, no? Gli Stati Maggiori di Esercito, Marina e Aviazione non ci hanno pensato, evidentemente in tutt’altre faccende affaccendati…
Perché riabilitare i disertori della prima guerra mondiale
L’aspetto più contraddittorio, sconcertante e in fondo umiliante è il progetto di legge, a giugno approvato dalla specifica commissione della Camera e poi passato al Senato, che vorrebbe riabilitare i disertori dei quel primo conflitto, un migliaio di soldati finiti davanti ai plotoni di esecuzione (fuggiaschi di fronte al nemico, disobbedienti agli ordini singolarmente o in gruppo, ammutinati che uccisero i loro ufficiali, anche i decimati secondo la legge di guerra dell’epoca), per i quali dopo ceto anni deve valere una “umana pietà”. Il progetto di legge firmato soprattutto da parlamentari del PD reziano (Rubinato, Zanin, Scanu e molti altri), è stato votato in Commissione dai rappresentati di TUTTI i partiti (33, quindi anche centrodestra, nessun contrario, un astenuto). L’iniziativa ha avuto l’avallo, a mio parere scandaloso, non solo dell’Ordinario militare, monsignor Marcianò, ma addirittura del capo di Stato Maggiore della Difesa generale Graiano,ex capo di Stato Maggiore dell’Esercito, secondo il quale anche quei mille furono vittime della guerra (ma vittime di che tipo?). Il generale Graziano, spiace profondamente dirlo, è un alpino, cioè fa parte di uno dei corpi che più si sacrificò nella guerra, con onore e dignità. Che il capo delle nostre forze armate ritenga che anche a quei mille vada ridato “l’onore militare” addirittura con una targa nel’Altare della Patria (la legge prevede anche questo, a quanto pare) in cui lo Stato o la Nazione chiedono perdono per quelle fucilazioni, è per me incomprensibile: quello è il luogo simbolo in cui è sepolto il “milite ignoto” (uno degli innumerevoli, a ricordo di tutti) che morì sui campi di battaglia non disertando, non ammutinandosi agli ordini, e lo si equipara – scusandosi! – a coloro che fecero l’esatto contrario. Ma che Italia è questa?
Dubbi e perplessità li ha per fortuna sollevati sul Corriere della Sera del 27 maggio un autrevole politologo, Angelo Panebianco, cui si deve render merito, che con un lucido e preciso intervento ha innescato una polemica speriamo fattiva nei confronti dei parlamentari specie di centrodestra, i quali o non hanno capito un accidente di quel che votavano per ottusità o distrazione, oppure se ne sono fregati. In tal modo, ha affermato Panebianco, si dà un cattivo esempio ed un pessimo segnale proprio ora che, per i noti fatti internazionali, spirano venti di guerra che potrebbero vederci coinvolti in prima linea. Ed è uno schiaffo al ricordo di chi morì combattendo nella prima, terribile, guerra moderna, la jüngeriana “guerra di materiali” e non di uomini, alla quale, purtroppo, i generali di tutti gli schieramenti, di mentalità e ciltura strategica ancora ottocentesca, non erano preparati: mai sino ad allora erano stati usati non tanto i carri armati e l’aviazione, quanto in modo intensivo mitragliatrici, lanciafiamme, gas, che fecero strage di tutte le fanterie, non certo soltanrto di quella italiana. I Cadorna non furono solo nostri, e il macello senza fine del fronte francese noi non ce vogliano ricordare. Erano le “tempeste d’acciaio”, me non mi pare che negli altri Paesi coinvolti si sia giunti le vette di masochismo che solo noi siamo capaci di raggiungere, per cui ogni colpa è stata di Cadorna.Tutti gli alti gradi la pensavano, almeno sino ad un certo puto di non ritorno, come lui.
Secondo il politologo, le motivazioni del progetto di legge sono due: “depotenziare simbolicamente la partecipazione italiana alla Grande Guerra in nome e per conto di un generale pacifismo cristiano”, m ma anche più subdolamente “forzando ideologicamente l’interpretazione della Costituzione, attribuendo alla Repubblica il rifiuto della guerra in quanto tale anziché di quelle guerre di aggressione a cui pensavano i costituenti quando scrissero l’articolo 11, lo scopo, plausibilmente, era di porre un’ipoteca sull’uso, presente e futuro, dello strumento militare rendendolo più difficoltoso”. Intenti sfuggiti agli acuti rappresentanti del centrodestra in Commissione. E chissà se il capo di Stato Maggiore della Difesa ha pensato a queste implicazioni della equiparazione (tale in effetti è) fra combattenti e disertori e amutinati…
L’imbroglio che fa leva sui buoni sentimenti degli “italiani brava gente” propensi a perdonare tutti o quasi, fa il gioco delle tre carte e ci prende per il naso: una cosa è una umana pietà, che in teoria non si nega a nessuno,e tutt’altra cosa è la riabilitazione per legge o decreto con tanto di targa al Vittoriano che è un vero e proprio obbrobrio, un insulto a chi morì eroicamente sacrificandosi per la Patria. Ed è da chiedersi: ma negli altre nazioni coinvolte da una parte e dall’altra – Francia, Gran Bretagna, Germania, Austria – che anch’esse ne ebbero, si sono per caso riabilitati? si è restituito l’onore militare a disertori, fuggiaschi, rivoltosi?
Perché nessuna legge per riabilitare i patrioti della Rsi?
Si perdonano e si riabilitano cloro che tradirono e furono fucilati. E’ da chiedersi allora, visto che si vogliono chiudere in questo modo i conti con certi tragici fatti del passato, perché un simile ragionamento non possa valere per quel che avvenne trent’anni dopo. Come mai nessuno, per i 70 anni della “liberazione” ha fatto una proposta di legge per riabilitare i militari della Repubblica Sociale, che non fuggirono davanti al nemico ma al contrario combatterono il nemico, il loro nemico, ancorché, come si suol dire, “dalla parte sbagliata”? Ai militari della RSI, ricordiamocelo, vennero annullati gradi, tolte le megaglie, negata la pensione, per limitarci ai fatti concreti. Il perdono, il buonismo, il chiudere certi conti, vale solo per alcuni?
Ma che classe politica ci governa? che Destra è la nostra? che generali abbiamo?
(Questo articolo uscirà su Il Borghese di luglio)