Di cosa abbiamo bisogno, noi Italiani? Cosa ci serve davvero, per trasformarci in un popolo normale? La risposta è semplice, anche se non risolve un bel nulla, come gli slogan sugli striscioni degli studenti. Ci servirebbero, partendo, come si dice, ab ovo, dei servizi e delle facilitazioni per le famiglie: tanto per quelle in prospettiva che per quelle che si sono già formate. Aiuti concreti per trovare una casa, per gli asili nido, per le maternità: in questo modo, magari, alla gente verrebbe voglia di sposarsi e di fare dei figli, e non ci toccherebbe gioire per una crescita demografica d’impulso esclusivamente extranazionale. Poi, bisognerebbe trasformare il mondo della scuola: evitare che si limiti a sfornare diplomi purchessia e ad assumere disoccupati, pure purchessia, ma far sì che prepari buoni cittadini, lavoratori capaci, uomini perbene. Lo stesso dicasi per l’università: servirebbero dottori preparati, a prescindere da corso, latitudine e parentele. Una classe dirigente che diriga: una classe subalterna che esegua con coscienza e merito. Avremmo tanto bisogno di leggi semplici e giuste e di magistrati che le applicassero senza filtri ideologici: senza rabbia né volontà di rivoluzionare la società, ma da bravi servitori dello Stato e del diritto.
Ci occorrerebbe più ordine: che non vuol dire meno libertà, ma semplicemente meno casino. Ci servirebbe più sicurezza: per le strade, nelle case, sul lavoro. Avremmo bisogno di un mondo meno complicato, meno inquietante, più umano. E ci vorrebbe una politica che lavori per i cittadini e non per gli interessi di una categoria, di un gruppo familiare, di una congrega: gente normale che si adoperi per altra gente normale. Ecco, di normalità, soprattutto, avremmo bisogno: siamo stufi di sentirci ripetere che siamo dei fenomeni. Giorgio Armani, magari, sarà pure un fenomeno: la Juventus, la Ferrari, il Parmigiano Reggiano saranno anche strabilianti realtà che il mondo ci invidia: però, lo stipendio del ragionier Rossi, la pensione della sora Lella, le code agli sportelli, la sanità, la corruzioncella quotidiana, la vita normale di un cittadino italiano qualunque, state pur sicuri che non ce le invidia nessuno. E non ci consola sapere che Giorgio Armani veste le star del cinema, se non arriviamo a fine mese o se non troviamo da parcheggiare.
Non abbiamo bisogno di ‘circenses’: ci accontenteremmo del pane. Insomma, le cose che ci servirebbero per diventare grandi, per maturare come comunità e come cittadini d’Europa, non sono mica tanto difficili da indicare: sono lì, da vedere. Basta confrontarci con gli altri: con quelli che camminano spediti sulla strada della civiltà. Difficile immaginare Mafia Capitale a Stoccolma o gli esami passati per telefono alla Sorbonne. Certo, cose facili da individuare, ma difficilissime da realizzare. Però, ce n’è almeno una di cosa, di cui davvero non sentiamo la minima necessità e che, con un po’ di buona volontà e di impegno individuale, si potrebbe risolvere: le intollerabili pagliacciate di Matteo Renzi.
Basterebbe che qualcuno gli spiegasse che, se dà il “cinque” ad un premier straniero in un incontro ufficiale, se sorride a vanvera facendo le smorfie sotto gli obiettivi della stampa internazionale, se fa la marionetta o il bambino svampito per posa e per fare lo spiritoso, gli altri lo prendono per un pirla. E lui non è soltanto lui: rappresenta anche noi. Siamo noi che passiamo tutti per dei pirla che non sanno l’inglese, che bofonchiano scemenze, che giocano col telefonino mentre gli altri parlano. Così, tra le molte cose che il mondo non si sogna di invidiarci c’è anche questo farceur maleducato, che scambia la diplomazia per una festa di paese: prima, si limitavano a paragonarci a Pulcinella, mentre adesso c’è anche Stenterello a farci pubblicità. E vedere questo boy scout, esentato dalla leva, che parla ai miei alpini con addosso la mimetica personalizzata, la camicina bianca d’ordinanza e i bluejeans: vederlo fare il saluto militare con la sinistra, mentre fa più smorfie di Mr. Bean, quando sfilano le bandiere di guerra dei nostri reggimenti, mi fa capire quanto sia precipitato il senso della serietà, della semplice serietà, in questo benedetto Paese. A quando l’accoglienza della bara di un caduto in bermuda ed infradito, con Bob Marley nelle cuffiette? Insomma, Renzi, lo faccia per noi, visto che, senza che nessuno l’abbia mai votata, bene o male rappresenta noi: si sforzi, stia composto, si faccia consigliare. Le parlo come parlerei ad uno scolaro un po’ discolo, ma non cattivo: solo, che debba ancora maturare un tantino. Non si fa. Lo so che non è un delitto scherzare su tutto, fare lo spiritoso ad oltranza: però, mi creda, non si fa. Siamo già abbastanza malvisti, bastonati e derisi per la mafia, la corruzione e i malcostumi nazionali, senza che ci si metta pure lei. Davvero: abbiamo bisogno di tante cose pressoché irrealizzabili. Però, almeno un presidente del consiglio che si comporti ammodino è un obiettivo che possiamo raggiungere facilmente. Basta che lei ci metta un po’ di buona volontà.