
E’ morto in carcere Tareq Aziz. Gli hanno risparmiato la corda al collo ma non una fine che fa scempio del diritto internazionale e anche dei diritti umani. Il vice premier dell’Iraq, di religione cristiana caldea, di Saddam porterà via con la memoria delle relazioni che il suo governo intratteneva con i maggiori stati occidentali, anche con quelli poi in prima linea nell’operazione che ribaltò il legittimo governo baathista con la tesi (dimostratasi fallace) del possesso di armi chimiche da parte di Saddam.
Tareq Aziz è morto oggi a 79 anni per un attacco cardiaco in prigione, dove si trovava da 12 anni. Nel 2003, infatti, era stato arrestato dopo l’invasione delle truppe anglo-americane e la caduta di Saddam Hussein. Nel 2010 era stato condannato a morte per “crimini contro l’umanita”, ma Aziz non era stato giustiziato perché l’allora presidente Jalal Talabani non aveva firmato l’ordine di esecuzione.
Due anni fa Aziz aveva chiesto addirittura chiesto al Papa di intercedere presso le autorità irachene affinché fosse giustiziato subito, al fine di porre fine alle sue sofferenze detentive. L’opera politica del leader caldeo è icona del pluralismo religioso presente in uno dei più importanti stati del Medio Oriente, che pur in presenza di un governo sunnita baathista, garantiva il rispetto della minoranza cristiana caldea, composta da oltre un milione e mezzo di cittadini. Allora l’Iraq era laico, adesso un calderone rovente dove l’entità statuale è polverizzata e ridotta a una mera denominazione geografica.