Siviglia se lo coccola. Varsavia ha decretato la consacrazione, forse tardiva, del Pescatore di Barranquilla meglio conosciuto come Carlos Bacca. Ventinove anni, è l’ennesimo talento d’attacco cafetero della Colombia dei fenomeni. Meno celebrato di Falcao e James Rodriguez, ha regalato la seconda Europa League consecutiva all’Andalusia biancorossa, bissando il double centrato nel 2007 dal Siviglia di Juande Ramos ed Enzo Maresca.
Bacca ha piegato quei tignosi del Dnipro così come aveva piegato tutti gli ostacoli incontrati lungo la strada che lo porta adesso a imporsi all’attenzione dell’Europa pallonara. Nato a Barranquilla, fino a un pugno di anni fa teneva un banco di pesce al mercato, arrotondava facendo il controllore sui bus e la sera tirava calci a un pallone. Oggi lo vuole il Milan, che favola.
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Ascendenze indie e note vagamente afro coprono d’ingenuità il volto del cecchino sonnecchioso di Emery. La butta dentro in tutti i modi, è un falco che rapina e scippa le difese avversarie, beffate dal suo mimetizzarsi da eterno sconnesso a quanto accade sul rettangolo verde. Inganna, segna e poi ringrazia Gesù. Bandito del gol devoto più a Cristo che alla bulimia di denaro che strangola quello che ancora è lo sport più amato (vedi l’esempio di Sepp Blatter, capo dei capi).
A Varsavia è nata una stella, forse. Durante una finale di calciobalilla, rossi contro blu. Chissà se il Dnipro, poi, è passato sotto il biliardino. Fatto sta che l’Europa League (già vedova Coppa Uefa) ha decretato la rivincita dei bravi ragazzi del pallone, alla faccia delle capricciose superstar che sono rimaste a casa. O in panchina