Caro direttore,
mi permetto anch’io un commento– ammesso che a qualcuno possa interessare – sulla vicenda della copertina di “Cuori Neri”. Al di là delle ricostruzioni soggettive, delle colpe oggettive e anche delle assunzioni di responsabilità (che io reputo oneste e sincere), c’è un dato di fatto reale: lo sdegno generato e il dibattito che ne è conseguito. Analogo sdegno (ma non analogo dibattito) lo provocò, circa un mese fa, la vile pubblicazione sull’Espresso di un falso storico: la foto con cui – a 43 anni di distanza – si pretendeva di identificare Sergio Ramelli come partecipante a una manifestazione del Movimento Sociale terminata con la morte di un agente di polizia. Un falso grossolano ma sufficiente all’articolista per accomunare la militanza di Sergio Ramelli con altre vicende (a cui era estraneo) dell’estremismo del tempo.
Ma a cosa e a chi serve “etichettare” in questa maniera Sergio Ramelli alla vigilia del 40° della sua morte? Semplice: si tratta di una operazione mediatica costruita a tavolino per dare “armi” all’Anpi, ai vari consiglieri del Sel e alla miriade di vestali dell’antifascismo perché così, adesso, ogni volta che, ovunque in Italia, qualcuno chieda l’intitolazione di una via o, più semplicemente, una sala per presentare il libro su Ramelli, c’è sempre qualcuno pronto a rispondere: «No, perché Sergio Ramelli non è un martire, era un pericoloso fascista complice dei bombaroli neri… lo ha detto il settimanale di sinistra».
A questo punto è chiaro anche a cosa serve pubblicare la foto di Carminati su un libro, che (può piacere o meno, può esser completo o meno, può aver “sdoganato” o “svilito”… ognuno ha le sue opinioni) è dedicato a ricostruire le vicende di tanti morti innocenti degli anni Settanta. Serve a far passare il concetto che non sono martiri ma erano “complici dei terroristi, dei bombaroli, dei picchiatori… persino dei malavitosi e dei truffatori”. Dire oggi che, anche a destra, c’era chi “faceva paura”, chi “aveva le palle”, chi girava armato e anche chi, invece che subire, ha offeso, è una banalità almeno quanto dire che anche a sinistra c’erano ragazzi in buona fede e ci sono stati martiri… ovvero vittime innocenti.
Non è banale, invece, dire che a sinistra ci sono – ancora oggi – molti, troppi “cattivi maestri”, con la coscienza sporca, che continuano a insegnare l’odio e la discriminazione “razziale” (così la definì Pasolini) nei confronti del nemico. Non è banale dire che “l’antifascismo militante”, che doveva essere morto e sepolto almeno quanto lo è “l’anticomunismo viscerale”, è ancora tenuto in vita e strumentalizzato da vecchi rancorosi che alimentano focolai di perversione ideologica che però servono a giustificare le loro comode posizioni politiche o professionali.
La colpa di questa copertina, dunque, non è di Telese, non è della “nostra area”, non è neppure di un grafico “distratto”, ma di una precisa strategia diffamatoria e falsificatrice per cui tutto (proprio tutto, anche i ragazzini morti) quello che sta a destra è schifoso, demoniaco, osceno e intrinsecamente malvagio. Idea che, a furia di essere ripetuta a tutta i livelli, è ormai penetrata nella testa di quasi tutti accompagnata dal suo corredo di paura, odio e falsità. I “cattivi maestri” stanno vincendo!