Gli Americani non hanno un buon rapporto con gli intellettuali che pensano fuori dai tradizionali canoni a stelle e strisce, cioè – secondo una radicata quanto singolare visione del mondo – fuori dall’ambito di ciò che secondo loro è per definizione “buono e giusto”. Non per niente hanno chiuso in una gabbia per belve da circo e poi in manicomio il maggiore poeta del XX secolo solo perché predicava contro l’ “usurocrazia”, vale a dire contro quei centri oligarchici e anonimi, finanziari e bancari, che già cento anni fa erano i veri padroni del mondo.
Nonostante questo poco edificante precedente, suscita sconcerto l’inserimento – avvenuto qualche settimana fa – nelle liste di proscrizione della Casa Bianca (quelle cioè delle persone “non grate” cui è negato l’accesso negli Stati Uniti), del politologo e filosofo russo Alexander Dugin.
Accanto ad alti gradi militari, oligarchi e amici personali del Presidente Putin, spicca per singolarità la damnatio caduta su questo professore universitario, scrittore, saggista. Certo, Dugin – che ieri era a Roma, ospite dell’europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio, in occasione di un Convegno su Identità e Sovranità svoltosi al Salone Margherita – è uno dei maggiori teorici dell’ neo-eurasianismo.
Stiamo parlando di quella dottrina politologica che predica – in contrapposizione alle pretese egemoniche e unipolari statunitensi – una grande alleanza continentale fra Russia ed Europa, in nome anche delle comuni radici che affondano nella tradizione e nella storia e che sono – per loro intrinseca natura – dialetticamente contrapposte alle filosofie globaliste, mondialiste, gender, anti-identitarie e anti-sovraniste con cui la Finanza apolide, anonima e transnazionale ara il terreno per fare smarrire i popoli e massimizzare la propria immorale appropriazione di ricchezza a scapito del bene comune. Una dottrina assai impopolare a Wall Street come a Bruxelles, dove l’eurocrazia lavora invece proprio per vampirizzare sovranità e cancellare radici.
Perplessità anche di Foreign Relations
Come ha sottolineato anche la prestigiosa rivista americana “Foreign Relations” (in un articolo peraltro molto perplesso circa la scelta del governo americano su Dugin), probabilmente i reiterati appelli del politologo russo a favore dei ribelli ucraini filo-russi del Donbass (e l’attività tesa a favorire la partenza di volontari russi in loro supporto) hanno contribuito molto a dare sui nervi alla Casa Bianca, ma non è da escludere che la decisione finale sia stata influenzata dagli eccellenti rapporti che Dugin (nonostante la sue posizioni dichiaratamente di destra) intrattiene con Syriza ai massimi livelli. Fu infatti l’attuale Ministro degli Esteri del governo Tsipras – Nikos Kotzias – a invitarlo per la prima volta in Grecia nel 2013 ed è noto che un importante sostegno finanziario russo potrebbe essere uno degli assi nella manica del premier ellenico per sottrarre il suo paese al nodo scorsoio dell’euro e al ricatto tedesco.