C’è un detto che è un po’ una regola aurea per chi frequenta la montagna: il miglior alpinista è quello che torna a casa vivo. Ed è con ovvia delusione, ma anche con un sorriso, che Simone Moro e Tamara Lunger hanno comunicato qualche settimana fa, tramite un video su Facebook, di voler sospendere la loro impresa sul Manaslu, in Nepal.
“Ieri una valanga è arrivata vicino al nostro camminamento, come per avvisarci, e non abbiam mai sentito tante valanghe come in questo periodo. Aumenta la temperatura, la montagna si scarica di dosso tutta questa neve… e noi non vogliamo essere sotto la montagna quando succede”.
Il Manaslu fa parte della catena montuosa dell’Himalaya e con i suoi 8.163 m. è l’ottava cima più alta al mondo. Con questa spedizione del 2015, Moro si era posto due obiettivi principali: il primo era quello di ripetere in chiave moderna l’ascensione invernale già compiuta nel gennaio 1984 dai polacchi Maciej Berbeka e Ryszard Gajewski; il secondo era il concatenamento della vetta principale e del Pinnacolo Est (quota 7.992 m.), una punta, quest’ultima, che solo per 8 m. non entra a far parte del “club degli 8.000”. La Lunger sarebbe stata, inoltre, la seconda donna della storia ad aver scalato un 8.000 in inverno.
“Una spedizione non è mai solo pura performance, una scalata fatta con il cuore in gola. È spesso un gioco di pazienza e di nervi e penso che Tamara e io abbiamo davvero fatto tutto per dare tempo al tempo e alla montagna di coprirsi di neve e farsi spazzare dal vento. Questa attesa però non ha cambiato nulla. Siamo però rimasti di buonumore e non abbiamo perso la voglia di scherzare e sognare” scrive Moro sul suo account FB.
Affrontare simili sfide non è mai facile e la scelta del periodo invernale aumenta indubbiamente il grado di difficoltà dell’impresa alpinistica. Questa volta Simone e Tamara non hanno raggiunto la vetta, ma non per questo tornano sconfitti. Perché, come disse Bonatti, “le montagne sono il mezzo, l’uomo il fine. L’obiettivo non è raggiungere la cima delle montagne, ma migliorare l’uomo”.
Simone Moro
Ad oggi è l’unico alpinista della storia ad avere raggiunto tre cime di 8.000 metri in stagione invernale (partendo cioè dopo il 21 dicembre): il Shisha Pangma (8.027 m), il Makalu (8463 m) e il Gasherbrum II (8.035 m). È salito sulla vetta di sette dei quattordici 8000 m ed è arrivato quattro volte in cima all’Everest (8.848 m). Per due volte, nel 2013 e nel 2014, ha tentato la salita invernale al Nanga Parbat (Himalaya, 8.125 m) e nel 2012 ha tentato per la seconda volta il concatenamento Everest-Lhotse.
Pilota di elicottero specializzato nel soccorso in Himalaya, nel 2012, ha effettuato un recupero in long line sul Tengkangpoche a oltre 6.400 m. Pratica inoltre il paracadutismo e il Wingsuit Skydive.
Ha ricevuto il “Pierre de Coubertin Fair Play Trophy” dall’UNESCO, il “David A. Sowles Award”, dal segretario dell’ONU Kofi Annan e la Medaglia d’Oro al Valor Civile dal Presidente della Repubblica per il salvataggio estremo che ha operato sulla parete ovest del Lhotse (8516 m) in Nepal, da solo, con il buio, con un elevatissimo rischio di valanghe e senza ossigeno.
La biografia, le foto ed alcune informazioni sono tratte dal sito ufficiale http://www.simonemoro.com/ e dalla pagina Facebook.