Il Papa usa la parola “genocidio” per definire il massacro degli armeni di cento anni fa, compiuto dall’impero ottomano allora sotto il governo dei “Giovani turchi”. Anzi, mette in parallelo “il primo genocidio del XX secolo” – mutuando così le parole di Giovanni Paolo II e del patriarca armeno Karekin II nella loro dichiarazione comune del settembre 2001 – con le altre due “grandi tragedie inaudite” del ‘900, “quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo”. E le sue parole, pronunciate nella solenne messa in San Pietro per il centenario del “martirio” armeno, irritano fortemente le autorità turche, che ad Ankara convocano immediatamente il nunzio apostolico per esprimere il loro “disappunto”.
Nella grande liturgia nella basilica vaticana, alla presenza del presidente armeno Serzh Sarksyan, dei tre patriarchi Nerses Bedros XIX Tarmouni, Karekin II e Aram I, e di fedeli armeni provenienti da tutto il mondo, Bergoglio non ha usato mezzi termini né un eccesso di diplomazia per riferirsi al “grande male”, il massacro del 1915-16 che fece un milione e mezzo di vittime. E nel suo saluto iniziale si è lasciato guidare dalla constatazione che anche oggi, nel tempo di quella che ha definito “una terza guerra mondiale ‘a pezzi'”, “assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione”, rivolta spesso contro i cristiani. Ancora oggi, ha detto, “sentiamo il grido soffocato e trascurato” di tanti fedeli in Cristo che “vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi -, oppure costretti ad abbandonare la loro terra”. Anche oggi, ha insistito, “stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva”, dal “silenzio complice di Caino che esclama: ‘A me che importa?'”.
Ha quindi ricordato che nel ‘900 l’umanità ha vissuto “tre grandi tragedie inaudite”: e la prima è quella che “generalmente viene considerata ‘il primo genocidio del XX secolo'”, quella che ha colpito il popolo armeno – “prima nazione cristiana” – insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Le altre due, quelle perpetrare dal nazismo e dallo stalinismo. Altri “stermini di massa” sono seguiti (Cambogia, Ruanda, Burundi, Bosnia, ha elencato Francesco), al punto che “sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente”, che “rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore”: e così si continua a “eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori”. E proprio ricordare “l’immane e folle sterminio” del popolo armeno è “necessario e doveroso”, perché cancellare la “memoria” significa “tenere ancora aperta la ferita” e lasciarla “sanguinare”.
Il Papa, dopo la messa in cui è stato proclamato “dottore della Chiesa” l’armeno San Gregorio di Narek (951-1003), ha ulteriormente approfondito i concetti nel Messaggio agli Armeni consegnato nella Cappella della Pietà al presidente Sarksyan e ai tre patriarchi ospiti. Nel quale, oltre alla condanna dell'”orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo”, “primo genocidio del XX secolo”, e all’espressione della sua “forte vicinanza”, ha aggiunto l’appello “che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco” e “che la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh”, dove le tensioni contrappongono l’Armenia all’Azerbaigian. Un appello alla distensione inascoltato, se è vero che subito dopo le parole del Papa sul “genocidio” armeno, il nunzio ad Ankara Antonio Lucibello è stato convocato dal Ministero degli Esteri per esprimere il “disappunto” e la protesta del governo turco. Irritazione e delusione che segnano una crisi nel rapporti del Vaticano con Ankara, a distanza di poco più di quattro mesi dalla visita del Papa in Turchia.
Il Paese continua a negare strenuamente che quello del 1915-16 sia stato un genocidio e combatte una guerra diplomatica permanente – che ora investe anche la Santa Sede – per cercare di impedire che venga riconosciuto all’estero da un numero crescente di Stati. Tra l’altro, secondo Ankara. Le dichiarazioni odierne del Pontefice sarebbero in contrasto con quanto da lui dichiarato in precedenza sulla questione armena. Di tutt’altro avviso il presidente armeno Sarksyan, secondo cui “la nostra storia che ormai compie 100 anni sta dando i suoi frutti”, ha detto all’ANSA. Prevedendo che le parole del Pontefice sarebbero risultate “spinose” per il governo e i leader di Ankara, il capo dello Stato si è detto comunque convinto che esse “toccheranno le menti e i cuori di molti turchi, che avranno un’opportunità di riconsiderare il genocidio degli armeni e di liberarsi del peso della storia”.
fonte: Ansa.it