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Storie. La guerra privata (patriottica) di quattro missini in Alto Adige negli anni 60

by Pietro Cerullo
13 Aprile 2015
in Cultura, Ritratti non conformi
0
Monumento alla Vittoria, Bolzano
Monumento alla Vittoria, Bolzano

Erano quattro, sono morti, l’ultimo sotto Natale. Ora si possono raccontare.

Negli anni Sessanta costituivano un commando. Un commando del Partito, ma al servizio della Nazione. A difesa dell’integrità territoriale dell’Italia, minacciata dal terrorismo altoatesino, in combutta con l’Austria.

Molti hanno dimenticato e moltissimi proprio non sanno che in Alto Adige, dal 1961 al 1988, ci sono stati 361 attentati con dinamite, mitra, mine antiuomo, costati 31 morti e 57 feriti, militari e civili, per mano del Befreiungsausschuss Sudtirol (BAS), Comitato per la liberazione del Tirolo meridionale.

La fase più cruenta fu tra il 1961 e il 1967, scandita, per stare agli eventi più clamorosi, da la Fuernacht, notte dei fuochi, in cui furono fatti saltare in simultanea 42 tralicci dell’alta tensione, seguita a breve dalla Kleine Fuernacht, piccola notte dei fuochi, con altri 8 tralicci abbattuti, (giugno-luglio 1961); la distruzione delle caserme dei carabinieri di Selva dei Mulini (settembre 1964), di Sesto Pusteria (agosto 1965) e di quella dei finanzieri di Malga Sasso (settembre 1966); gli agguati di Passo Vizze (maggio 1966), di San Martino in valle di Casies ( luglio 1966); la strage di carabinieri a Cima Vallona, nel bellunese (giugno 1967); l’esplosione sul treno Alpenstock Express, all’altezza di Bressanone (settembre 1967).

Conservo una memoria speciale di quegli eventi, perché non mancai ad uno solo dei funerali che ne seguirono, nel biennio 1965/1967, accompagnando Giorgio Almirante, che vi presenzio’ in rappresentanza del MSI.

I terroristi combattevano una guerra facile, favoriti dalla popolazione di lingua tedesca, finanziati dall’Austria, dove avevano basi logistiche e dove si rifugiavano dopo ogni imboscata. E senza un adeguato contrasto da parte dell’Italia, condizionata dai soliti antifascisti in servizio permanente, che accusavano le nostre forze dell’ordine di comportamenti provocatori e persecutori, determinando finanche un processo a carico dei carabinieri. (Mi sovvenni anche in quell’occasione di un ammonimento di Ezio Maria Gray, il grande Guru del Nazionalismo, che mi aveva in simpatia e mi faceva collaborare al Nazionale, il suo settimanale. ” Si ricordi Cerullo”- mi diceva-“che se l’Italia fosse in guerra con gli scarafaggi, molti italiani si schiererebbero con loro!”)

Un contrasto vero ed efficace ai terroristi altoatesini comincio’ quando, non so se d’intesa con il Governo, Arturo Michelini, il migliore Segretario Nazionale del MSI, lucido politico, non mero prestidigitatore di parole, decise di fare supplenza all’ignavia dello Stato.

Nacque così il commando del Partito al servizio della Nazione, per operare in clandestinità a proprio rischio e pericolo. A me fu delegato il collegamento. Ero molto amico del “capo morale” del gruppo. Alto, asciutto, ascetico, cattolico aristocratico, insisteva sulla discendenza umana di Gesù da David: non semplice figlio di falegname, ma re, il Re. Di cui si sentiva un guerriero. Guerriero di Cristo e soldato d’Italia, la terra degli avi e la culla del cattolicesimo, la Patria. Considerava il comunismo la nuova barbarie, nemico di Dio e delle Nazioni cristiane e voleva combatterlo ovunque, con qualsiasi mezzo, a qualunque costo. Per questo aveva partecipato ad un attentato ad un monumento al soldato sovietico a Berlino. Stessa determinazione per il bene della Patria.

Il commando agì dunque con obiettivi politici e militari. L’Austria fu ammonita da un attentato incruento quanto eloquente alla Salina di Ebensee (23 settembre 1963). E rapidamente attenuo’ il “favor rei” verso i terroristi altoatesini, fino ad arrestare Georg Klotz, “il martellatore della Val Passiria”, scampato miracolosamente due giorni prima (7 sett. 1964) ad un intervento, tuttora non si sa di chi, nel quale comunque era rimasto ucciso il suo sodale Luis Amplatz. Gli altri terroristi intesero che potevano trovarsi loro malgrado “estradati ” di fatto in territorio italiano a portata dei nostri servizi di sicurezza. Il BAS si eclisso’. Ed anche il “nostro” commando, “attenzionato” dalla magistratura, si ritiro’ nell’anonimato in un Paese amico. Dove ebbi ancora occasione di incontrarli, facendo così la conoscenza della splendida Lisbona antica e di molti esuli francesi , ex militari e militanti dell’OAS.

Pietro Cerullo

Pietro Cerullo

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