In ultimo si pronuncia il Tar Sicilia e dice “No al Muos”. Ed è solo l’ultimo atto di una vicenda lunga, lunghissima, che nelle aule dei tribunali ha più che altro la dinamica di una partita a ping-ping. Ma se la questione giudiziaria va da sé, il problema politico resta sul piatto: chi è “davvero sovrano”? Barbadillo ripropone un lungo, ma efficace, articolo di Accursio Sabella per LiveSicilia.it.
Un governo dice di sì. Un altro dice di no, per poi dire di sì e aggrapparsi infine a un “forse”. Decisioni che si oppongono e si contraddicono. Pareri e poteri che smentiscono i precedenti. E celebrano il principio paradossale dell’incertezza del diritto. Che dalle antenne del Muos di Niscemi rischia di propagarsi ben lontano dai confini siciliani. La Sicilia è la giungla delle norme. Terra refrattaria a qualsiasi “invasione” o investimento. Sia che si tratti del tanto discusso radar, sia che si parli di un albergo di terza classe.
Ma la vicenda del Muos, per le sue implicazioni e la sua complessità è davvero esemplare. È un modello che, riportato in scala, può tornare buono per centinaia di casi analoghi ma dal minore impatto. Il primo, decisivo “sì” arriva dal governo di Raffaele Lombardo. Quell’investimento si può fare. Siamo nel 2011. Il governo degli Stati Uniti, cinque anni prima, aveva deciso di lavorare a un sistema di comunicazione satellitare chiamato Muos, basato su quattro satelliti e quattro stazioni terrestri da localizzare in Australia, nelle Hawaii, in Virginia (negli Stati Uniti) e, appunto, in Sicilia. Il primo sito individuato è quello di Sigonella, sede di una storica base statunitense. Poi si cambia e il sito scelto è quello della “Sughereta” di Niscemi. A dare l’ok all’installazione, come detto, è il governo Lombardo, nel 2011. E gli americani iniziano i lavori. Il Muos si può fare. In quella fase, gli americani ricevono tutte le autorizzazioni possibili.
E solo l’elenco dei passaggi burocratici sembrerebbe sufficiente per convincere qualsiasi investitore a rinunciare. Per farla breve (si fa per dire), prima del nulla osta del governo Lombardo, il progetto del Muos aveva ricevuto nel 2006 l’approvazione del progetto da parte del Comitato Misto Paritetico della Regione Siciliana, nel settembre del 2008 il Capo ripartizione urbanistica del Comune di Niscemi riteneva che i lavori “non possano avere incidenze significative sull’integrità della Sughereta di Niscemi”, nella stessa giornata all’assessorato regionale Ambiente e territorio si riuniva la conferenza dei servizi alla quale partecipavano il Comune di Niscemi, l’Ispettorato Regionale Foreste, i rappresentanti della Marina americana, e si chiudeva con esito positivo e con assenso unanime alla realizzazione delle opere.
A un certo punto, cambia tutto. Il dirigente dell’urbanistica del Comune di Niscemi disponeva l’avvio del procedimento di riesame di quel nulla osta, il sindaco incaricava un comitato tecnico scientifico per verificare gli effetti delle onde elettromagnetiche. Parte il primo procedimento di revoca in autotutela da parte del Comune di Niscemi. Siamo nel 2009 e si arriva alla prima revoca all’autorizzazione.
Arriva il governo Lombardo, che prende in mano la faccenda. Siamo nel 2011. A giugno la Regione autorizza l’esecuzione del progetto, con alcune prescrizioni. (Ri)partono i lavori. Fino al 2012. Campagna elettorale per le elezioni regionali. Il candidato di Pd e Udc, Rosario Crocetta, durante le sue visite nel Nisseno annuncia che, una volta eletto, revocherà l’investimento del Muos. E in effetti, una volta eletto, ci prova. Nel gennaio del 2013 Crocetta avvisa gli americani: “Stiamo per revocare le autorizzazioni”. Alla base di quella revoca (che poi tecnicamente, spiegherà il Tar al governo, era solo un annullamento d’ufficio), l’assenza di un “autorevole parere” sui rischi dell’insediamento. Ma Crocetta, pochi mesi dopo, ci ripenserà. “Siamo stati obbligati a dare le autorizzazioni – ha spiegato Crocetta – dopo il parere dell’Istituto superiore di sanità. Prima di questo non c’era un parere sanitario di un organismo valido. A differenza del precedente governo noi abbiamo subito la scelta del Muos”. Peccato che il Tar anche in questo caso spiegherà che quel parere “costituisce un documento non condiviso da tutti i professionisti” che hanno composto il gruppo di lavoro per valutare i rischi del Muos.
Insomma, quel parere non giustificava la ripresa dei lavori, secondo il Tribunale amministrativo che si è, di fatto, sostituito al governo regionale. Ricordandogli ad esempio che gli studiosi nominati dallo stesso esecutivo nel gruppo di lavoro avevano sollevato l’allarme sui rischi del Muos. Così, il Tar ha finito per bocciare il provvedimento col quale Crocetta aveva ridato l’autorizzazione agli americani. Consentendo, così, a un nuovo soggetto di entrare nella catena delle decisioni sul Muos, la Procura di Caltagirone. Che ha diposto il sequestro dell’antenna.
Nove anni. Almeno venti pareri. Quattro decisioni dei governi regionali. Una decina di Comuni, assessorati ed enti di controllo vari. Per dire sì. Poi per dire no. Quindi per dire “forse”. Con gli americani che a stento riuscivano a seguire il ritmo delle chiusure e delle riaperture del cantiere. Fino alla visita, pochi giorni fa, del console generale degli Stati Uniti per il Sud Italia, Colombia Barrosse: “Il Muos è sicuro. Ma noi vogliamo rispettare le leggi italiane”, ha detto. Il problema è capire chi rappresenti la legge in Sicilia. Nella terra, cioè, in cui si celebra il principio sacrosanto e paradossale dell’incertezza del diritto.
di Accursio Sabella, LiveSicilia.it