Continuiamo così: continuiamo a farci del male, come diceva anni fa Nanni Moretti. Solo che qui non si tratta della Sachertorte. Semmai, è una frittata.
Il parlamento italiano ha votato venerdì 27 febbraio scorso due mozioni a proposito della questione israelo-palestinese: una ambigua e una velleitaria e menzognera. La prima attribuisce a Israele la responsabilità del fatto che le trattativa per la costruzione di uno stato nazionale palestinese siano ancora ferme a un punto morto, fingendo d’ignorare la realtà che l’attuale governo israeliano le sta rimandando sine die mentre, con i nuovi insediamenti in Cisgiordania e la lenta appropriazione della città vecchia di Gerusalemme, sta togliendo al futuro stato palestinese letteralmente la terra sotto i piedi. La seconda auspica che il principio “due stati, due popoli” sia impegnativo per tutti e condanna Hamas per la sua volontà di cancellare lo stato d’Israele. Ora, il punto è semmai che i palestinesi sono a disagio nel riconoscere lo stato d’Israele come stato ebraico che, non disponendo di una costituzione, non garantisca formalmente i diritti di coloro che, pur possedendo la cittadinanza israeliana, non appartengono alla nazione-religione ebraica. La questione territoriale e quella istituzionale sono i due nodi da risolvere: e i capi del bandolo di questa intricata matassa stanno entrambi nelle mani del governo israeliano. Poi c’è il problema del rientro d’Israele nei confini del 1967, come ripetutamente disposto da risoluzioni dell’ONU rimaste fino ad oggi disattese: e io credo che queste risoluzioni dovrebbero essere rimesse forzatamente in discussione e ridefinite, dal momento che mezzo secolo dopo la loro prima emanazione non corrispondono più a una situazione realisticamente praticabile: e va da sé che la loro revisione non potrebbe non tener conto delle nuove esigenze israeliane; tuttavia, una ridefinizione seguita da opportuni passi reali e concreti è necessaria se vogliamo far in modo che la pace si avvicini davvero. La rappresentante dell’OLP Hanan Ashrawi, da Ramallah, ha commentato con moderata delusione la prima delle due mozioni, lamentando che non si faccia parola di un riconoscimento immediato, ufficiale e incondizionato. L’ambasciata israeliana in Italia da parte sua ha preso atto che il parlamento non ha riconosciuto lo stato palestinese preferendo invece sostenere il negoziato diretto tra Israele e i palestinesi. I termini del problema, così come emergono dalla prima mozione approvata, non sono esattamente questi: in realtà la costruzione dello stato palestinese è stata concettualmente ancorché genericamente approvata, mentre di “negoziati diretti” tra stato d’Israele e Authority palestinesi – quei negoziati che il governo israeliano evita unilateralmente di portar avanti – non si è fatta parola.
Il governo italiano, per bocca del ministro Gentiloni, si è solo impegnato “a fare tutti gli sforzi per riprendere il negoziato tra le parti”: una frase che non vuol dir nulla, che lascia sospeso per aria il problema (quali saranno, in concreto, questi sforzi? In che direzione? In quali tempi? Con quali strumenti?) e si arroga prerogative che non ha dal momento che esso non può far niente “per riprendere il negoziato tra le parti”, cosa che non gli compete: al massimo potrebbe insistere diplomaticamente tra le parti davvero interessate affinchè ciò avvenga, e non si vede come potrebbe farlo né se e quanto sarebbe ascoltato. Bocciate le opposte mozioni SEL e FI rispettivamente volte al riconoscimento immediato dello stato palestinese e al suo netto rifiuto. Una mozione PD, PSI, CD, approvata con 300 voti contro 45, ha parlato di costituzione di uno stato palestinese che conviva in pace e sicurezza con Israele rinunziando a qualunque atto di terrorismo e ribadendo la questione dei confini del 1967 e di “Gerusalemme capitale condivisa”: si tratta di una posizione analoga a quella espressa nel dicembre del 2014 dal parlamento europeo, astratta e velleitaria al pari di essa. La mozione Alli (NCD-UCD), infine, votata dal PD (237 voti in tutto), ha auspicato la promozione di un’intesa politica tra al-Fatah e Hamas per il riconoscimento dello stato d’Israele e l’abbandono di ogni violenza: ma ha dimenticato di specificare a fronte di quali passi della controparte le due forze palestinesi dovrebbero raggiungere l’accordo nel senso auspicato. In ultima analisi, dalle mozioni non è emerso alcun riconoscimento diretto dello stato palestinese e si è continuato a finger di credere possibile che i “due stati” possano (e vogliano) pervenire a loro volta con le loro sole forze a un mutuo riconoscimento. Sappiamo tutti bene che ciò allo stato attuale delle cose è impossibile; che Israele, essendo al più forte, dovrebbe fare il primo passo; che l’attuale governo non ha alcuna intenzione di procedere in tale senso.
La politica della graduale occupazione e appropriazione sia della Gerusalemme storica, sia del territorio palestinese per mezzo di successivi insediamenti, continuerà. Fino al prossimo scoppio della rabbia palestinese, con relativa repressione: la catena immobilismo-insediamenti-reazione-repressione continuerà fin quando della Palestina non resterà traccia e i palestinesi saranno costretti ad emigrare (in mancanza di aiuto da parte degli emirati della penisola arabica, che ostinatamente guardano altrove, le mète dei nuovi profughi palestinesi riguarderanno Giordania ed Egitto, a loro volta a rischio di esplodere. E la questione palestinese continuerà a costituire la principale spina infettiva di tutta la malattia diffusa nel corpo geopolitico vicino-orientale, con il probabile esito della diffusione di tossine terroristiche nelle aree vicine e in Europa.
Molti, dentro e fuori Israele, sostengono ora che una mozione parlamentare che avesse riconosciuto lo stato palestinese sarebbe equivalsa a un riconoscimento e a un incoraggiamento al terrorismo. Purtroppo è molto più probabile il contrario: il mancato o comunque ambiguamente dilazionato riconoscimento radicherà in molti arabi musulmani la convinzione che l’Occidente è irrimediabilmente schierato contro l’Islam (poiché la volontà soprattutto di Hamas di trasformare quella nazionale palestinese in una causa unilateralmente musulmana è evidente) e guadagnerà ulteriori simpatìe al terrorismo. Proprio come la decisione di proibire le moschee sul territorio della regione Lombardia. In entrambi i casi, il califfo ringrazia.
@barbadilloit