“Ormai ho una convinzione definitiva: ho bisogno di strade non asfaltate, terreni incolti di crosta secca dove una nuvola d’acqua fa crescere i fiori sotto i tuoi occhi, che subito appassiscono”.
Così scriveva Tonino Guerra (Santarcangelo di Romagna, 16 marzo 1920 – Santarcangelo di Romagna, 21 marzo 2012), poeta, scrittore e sceneggiatore di alcuni tra i maggiori film diretti da Antonioni e da Fellini, in Una foglia contro i fulmini, un testo che mescola impercettibilmente letteratura, poesia e confessione. Ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente tredici anni fa. Ero a Pennabilli a fine aprile per una breve vacanza con la mia fidanzata Mariella e assaporavamo il silenzio, l’incanto di quei vicoli, la suggestione delle meridiane dipinte sulle facciate delle case e di quei luoghi dell’anima creati dal genio poetico di Tonino, come l’orto dei frutti dimenticati o il rifugio delle Madonne abbandonate. Lo incontrammo per caso proprio dov’era casa sua (si era ormai ritirato a Pennabilli dal 1989). Lo salutammo manifestandogli la nostra stima e non mancai di chiedergli perché avesse prestato la usa immagine ad uno spot pubblicitario (se non vado errato pronunziava questo slogan: “L’ottimismo è il profumo della vita”). Guerra non si scompose e come facendo uno sforzo per ricordare ci disse: “Ah, sì, il pensiero sull’ottimismo!” Semplicità e forza espressiva sono la cifra della sua opera, riconoscere e non farsi strappare da falsi miraggi l’infanzia propria e del mondo. E in questo cantare una civiltà ferita dall’industrializzazione indiscriminata la sua poesia può ben dirsi ecologista. Guerra ha potuto a Pennabilli e nei dintorni dare concretezza al suo sogno poetico. Forse non poteva scegliere giorno migliore della giornata della poesia per andarsene in silenzio. Lo ricordiamo con questa poesia (tradotta dal romagnolo), che mescola la nostalgia, la sensibilità ecologica, l’amore per gli animali, tratta dal volume I bu (i buoi) :
I buoi
Andate a dire ai buoi che vadano via
che il loro lavoro non ci serve più
che oggi si fa prima ad arare col trattore.
E poi commoviamoci pure a pensare
alla fatica che hanno fatto per migliaia d’anni
mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa
dietro la corda lunga del macello.