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Cultura. Le Coeur rebelle di Dominique Venner e “il ritiro nella foresta”

by Marco Valle
16 Febbraio 2015
in Cultura
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Dominique Venner e Mishima
Dominique Venner e Mishima

Le Magazin Littèraire, compunta bibbia gallica del politicamente corretto, dedica gran parte dell’ultimo numero ad allarmare i francesi contro la nouvelle vague rèactionnaire. Per i redattori del patinato mensile parigino “la reazione è in agguato” e la République des lettres è in grave, gravissimo pericolo. Tutta colpa di Houllebecq, Finkielkraut, Camus, Dantec, Bellanger e del terribile Eric Zemmour, l’autore del lacerante Suicide Français. La domanda che più arrovella i severi “guardiani della libertà” è l’esprit du temps. Com’è possibile che «il romanzo francese interroghi la politica guardando il passato? Nostalgia postmoderna o rivoluzione reazionaria?».

Bella domanda, densa d’implicazioni e coincidenze pesanti. Difficile, molto difficile per i critici de Le Magazin Littéraire trovare una risposta convincente e, infatti, preferiscono offendere, intorbidire, insinuare, magari accusando Zemmour e Finkielkraut (ambedue di religione israelita) di antisemitismo e criptofascismo. Perché no? Se poi Zemmour sul nuovo numero di Elements si confronta pubblicamente con Alain De Benoist, il rogo è subito pronto…

In questo clima incandescente quanto intricato, non guasta (anzi…) la terza riedizione di Le Coeur rebelle (la prima uscita fu nel 1994 e poi nel 2008) l’autobiografia di Dominique Venner, il grande — e scomodissimo per i “tartufi” di Saint Germain…— scrittore francese. È un libro importante che permette di approfondire il personaggio e comprendere pienamente la sua ultima, tragica sfida: il suicidio sull’altare di Notre Dame il 21 maggio 2013. Quell’atto definitivo e “scandaloso” che voleva “risvegliare le coscienze addormentate” di una Francia e un’Europa senza qualità e dignità, non fu momento di follia ma la logica, razionale, convinta conclusione di un percorso intellettuale complesso, incardinato su una lucida “etica della volontà”.

Ma andiamo per ordine. Le Coeur rebelle è innanzitutto l’occasione per un viaggio nella Francia profonda, segreta, la patria di Venner «il paese dell’albero e della foresta, della quercia e del cinghiale, della vigna e dei tetti aguzzi, delle chanson de geste e delle favole, dei bimbi biondi dallo sguardo chiaro, del solstizio d’inverno e di Santa Giovanna, dell’azione ostinata e dei folli sogni, delle conquiste e della saggezza». Nel nome e nel segno di questa patria del cuore e della mente — pathos e logos —, lo scrittore ha guerreggiato in Algeria, e poi militato, organizzato, congiurato. Sognato. Conclusa la fase politica e superate le mille delusioni, Venner preferì “ritirarsi nella foresta” per indagare, con curiosità e grande rigore, la Storia raffreddando le passioni giovanili, approfondendo le ragioni di ieri, superando schemi desueti.

Non casualmente il libro si apre sulla guerra d’Algeria, la sale guerre, il trauma irrisolto di una generazione. Senza rinnegare i motivi del suo impegno guerriero nelle truppe d’èlites e poi nelle congiure dell’OAS, Venner ammise di non aver compreso la reale dimensione dello scontro. Con amara lucidità riconobbe che «la ribellione combatteva anch’essa per una giusta causa, la propria. La mia visione del conflitto si è[era] modificata. Il nemico, così debole all’inizio, voleva cacciarci da una terra che rivendicava in nome del diritto di precedenza. Combatteva per la sua dignità, combatteva per conquistare una patria. Per darsi un’identità, per costruire una nazione».

Dunque nessuna mediazione. Nessuna pace. Solo la spada. Nel 1960, dopo anni di massacri e dolori, la Francia — o almeno la sua parte migliore — aveva vinto sul campo ma Charles De Gaulle decise di deporre la durlindana. Per il generale non era più tempo d’eroi e di spese belliche e tantomeno d’imperi. Per Venner e i suoi camerati, per un milione di francesi d’Algeria — per lo più ex elettori della sinistra, un dato che tutti vogliono rimuovere… — per i tantissimi musulmani fedeli alla République si trattò di un tradimento. Ignobile, cinico, vergognoso. Da qui le congiure, il fallito colpo di stato dei paras, la contraddittoria esperienza armata dell’OAS: pagine drammatiche che lo scrittore ripercorse con sincerità estrema. Senza sconti. Senza nostalgie. Con onestà. Pagine tutte da leggere.

Centrale è il giudizio su De Gaulle. A distanza di anni, Venner riconobbe al detestato generale «l’aver immaginato per la Francia un altro destino, restituendole la capacità di stringere nuovi rapporti con i popoli già colonizzati e di immaginare un rinascimento europeo basato sull’asse franco-tedesco». Un perfetto esercizio di realismo politico, un disegno alto ma, aggiungeva, era necessario «pagare un prezzo così alto?». L’interrogativo resta aperto.

Accanto all’indagine sull’esperienza degaullista vi sono i ricordi e i giudizi (per lo più amari) sulla militanza politica: la ventura di Jeune Nation, l’esperienza di Europe Action — la miglior rivista della destra radicale europea d’ogni tempo, primo tavolo di lavoro di Alain de Benoist —, i tentativi elettorali — ambiziosi e pirotecnici e tutti falliti —, la storia degli attivisti della FEN e di Occident e la nascita della Nouvelle Droite. Tanti frammenti di un percorso politico accidentato ma, sul piano delle idee, decisamente fertile, denso e lontano, molto lontano dalla vicenda — elettoralmente vincente ma culturalmente povera — del lepenismo di ieri e di oggi.

Una considerazione finale. Dominique Venner non è e non voleva essere un’icona per i marginali dell’estremismo — una categoria che detestava — e neppure un’immagine consolatoria per i rassegnati. I vinti. Le Coeur rebelle è un libro di sentimenti e ragionamenti, un lavoro cartesiano racchiuso in una bottiglia lanciata nel grande mare delle passioni. Da raccogliere e interpretare. Speriamo che qualche editore coraggioso sappia raccogliere quel messaggio e offrirlo ai cuori ribelli d’Italia. (da destra.it)

*”Le Coer rebelle” di Dominique Venner, Editions Pierre Guillaume De Roux, Parigi 2014 (Pp. 236, euro 22.00)

Marco Valle

Marco Valle

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