Ventinove morti. Anzi, no, sono di più: forse trecento. Il solito osceno balletto di cifre. La solita oscena mazurka di compassione pelosa, indignazione finta, buonismo a poco prezzo. Tempo un paio di giorni e l’ennesima tragedia fra Nordafrica e Lampedusa, andata in onda sulle tivù nazionali inframezzando il Festival di Sanremo e il campionato di calcio, tornerà nel dimenticatoio. E l’Italia potrà illudersi che «tutto va ben, madama la marchesa». L’Europa del resto lo fa da tempo, chiudendo gli occhi su tutto ciò che avviene al di sotto del Brennero, che si tratti di strangolare un popolo come quello greco; di assistere all’implosione di una nazione per noi strategica come la Libia; di affrontare un esodo di massa dal Sud del mondo, di tali proporzioni da mettere un dubbio il futuro stesso del nostro continente. Via Mare Nostrum, ecco Triton. Invertendo i fattori, il risultato non cambia. E le stragi non si arrestano.
E’ un questi momenti che ritorna in mente un agile volumetto, quasi un instant-book, uscito alla fine del 2014, passato ovviamente sotto silenzio da parte della stampa mainstream: si intitola “Mare Monstrum. Immigrazione, bugie e tabù” ed è stato scritto da Alessio Mannino, un giornalista siciliano trapiantato in Veneto, e pubblicato da Arianna Editrice. L’autore smaschera – invero senza troppa difficoltà – il gigantesco e mostruoso disegno che sta dietro alla favola della «migrazione felice» contrabbandata, ormai senza troppe differenze, dalle élite politiche, economiche e culturali europee.
Lo smaschera con facilità anche grazie a recenti fatti di cronaca, che ai sospetti hanno sostituito le prove. E cioè che a interessi legittimi ma non dichiarati (l’importazione di manodopera a buon mercato, in certi casi ai limiti della schiavitù, per abbassare il costo del lavoro europeo, mettere in concorrenza fra loro lavoratori europei e stranieri e giocare al ribasso non solo riducendo i salari ma anche cancellando diritti acquisiti), si sommano altri interessi che non sono né legittimi né dichiarati. Anzi, che appartengono alla criminalità della peggior specie.
Ecco allora che sulla pelle dei «migranti» – tutt’altro che felici – speculano prima le mafie straniere degli scafisti, i moderni negrieri che trasbordano da un continente all’altro decine di migliaia di persone alla stregua di merci. E se parte della merce va perduta in fondo al Canale di Sicilia, poco male: fa parte del rischio d’impresa. E poi speculano le mafie italiane, che non sono solo quelle con coppola e lupara che fanno lavorare i clandestini per un tozzo di pane. La recente inchiesta Mafia Capitale ha portato alla luce le connivenze tra criminalità, politica e imprenditori dell’accoglienza, perché gli immigrati «rendono più della droga», come ben sappiamo dalle intercettazioni telefoniche. Senza contare gli interessi di chi magari non appartiene alle mafie, ma di certo ad alcune ben precise lobby, e da anni guadagna in modo legale sul business dell’accoglienza (centri per profughi, corsi di formazione, volontari retribuiti…).
Alla base di questo ritratto orripilante della nostra realtà quotidiana, però, non c’è solo la colpevole indifferenza dell’Unione Europea. C’è anche l’altrettanto colpevole incapacità della politica di gestire il fenomeno migratorio, se non con l’emergenza permanente e soluzioni-tampone. Un ritardo ormai ventennale, nel quale si sono alternate le evidenti incapacità della destra come della sinistra. Quest’ultima, come sottolinea Mannino, «ha sostituito Marx con la Boldrini. Non sa e non vuole più analizzare la società e le sue contraddizioni, non guarda in faccia la realtà e ne ha una rappresentazione completamente distorta basata sull’illusione del singolo individuo libero di fare ed essere quel che gli pare e dove gli pare. Quando invece questo è il miglior modo per far trionfare i bisogni e i desideri indotti dal capitale».
La destra e il complesso di minorità
Quanto alla destra, storicamente succube di una sudditanza psicologica nei confronti dell’intellighentsia di sinistra e della correttezza politica, oscilla fra i proclami xenofobi tipo «Mandiamoli tutti via!» e la sostanziale incapacità di gestire anche la singola espulsione di un delinquente conclamato. Come ricorda l’autore, dimenticando così (o, visti i soggetti, più facilmente ignorando) l’avvertimento lanciato ottant’anni fa da un fascista eretico e lungimirante come Berto Ricci:
«Niente è così stupido e poco italiano come l’intolleranza, il disprezzo preconcetto verso gli stranieri, e il volersi chiudere nel guscio. Non c’è nulla di meno italiano del ripudio a priori d’ogni sapienza, esperienza, eccellenza straniera. Non c’è invece nulla di più anticamente, tradizionalmente, permanentemente italiano dell’accogliere, assimilare, ripensare, riplasmare ogni sapienza, esperienza, eccellenza».
Naturalmente per poter assimilare, ripensare e riplasmare bisognerebbe – citando Ricci – avere a che fare con sapienze, esperienze ed eccellenze di un certo tipo. Quando invece, nella migliore delle ipotesi, gli stranieri che arrivano clandestinamente in Italia hanno ben poche risorse culturali e professionali. Ma soprattutto, ricorda Mannino con le parole dello studioso di Islam Renzo Guolo, quello italiano è «assimilazionismo senza assimilazione, in cui ciascun immigrato si inserisce nel tessuto sociale secondo strategie personali di adattamento (self integration), senza poter far riferimento a una legge normativa e a regole di condotta che gli indichino una via precisa».
Il volume è anche arricchito da interviste sul tema immigrazione a quattro intellettuali poco allineati al pensiero unico: Alain De Benoist, Massimo Fini, Diego Fusaro e Maurizio Pallante.
* “Mare Monstrum. Immigrazione: bugie e tabù” di Alessio Mannino (Arianna Editrice, 9,80 euro)