Le Stelle (nere) rimangono ancora a guardare, la Coppa d’Africa se l’aggiudica la Costa d’Avorio (vittoriosa dopo 23 anni) che batte in finale il Ghana dopo la roulette russa dei calci di rigore. E quando i titoli e la storia passano per la lotteria dei rigori, non importa quanti campioni ci siano in campo: sale in cattedra il mito del portiere.
Il portiere ivoriano Barry detto Copa
L’eroe di Bata, nella finalissima del trofeo disputatosi in Guinea Equatoriale, si chiama Boubacar Barry, detto Copa, ha 35 anni e nella vita difende la verginità della porta del Lokeren, in Belgio. Ha, dalla sua, già un altro piccolo record: nell’edizione 2012 della Coppa d’Africa, è stato l’unico portiere ad uscire imbattuto dalla competizione. Stavolta, però, ha fatto di meglio. E’ riuscito a sbloccare una partita più equilibrata di un trapezista su una bicicletta a rotelle. Zero a zero e undici coppie di penalties. Fino a che, sul dischetto, è andato il portiere ghanese, Razak.
Chi è il portiere del Ghana Razak
Abdul Razak è un bestione che gioca nel Mirandes, nella Segunda Division spagnola.E’ l’estremo difensore del Ghana che è una squadra strana. Sì, perché recita – alla perfezione – il ruolo della favorita a tutti i costi, della corazzata inespugnabile che finisce (per un motivo o per l’altro) sempre affondata. Era accaduto già due anni fa, quando nonostante le Black Stars giocassero in dodici (l’arbitro Jedidi…) furono spente in semifinale dalla foga degli Stalloni del Burkina Faso. Che, a loro volta, in finale si dovettero inchinare alle Super Aquile verdi nigeriane allenate dal volitivo Stephen Kenshi, una sorta di Antonio Conte (senza correttivi per l’alopecia) con la pelle d’ebano. Il Ghana deve affidarsi al suo portiere, ormai hanno già tirato tutti. Non è la migliore delle condizioni possibili: in vantaggio di due, si son visti rimontare dalla Costa d’Avorio e una vecchissima regola del futbol lo dice chiaro e tondo: chi sbaglia per primo, ai rigori, di solito vince.
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=ijQJSaoSHO8[/youtube]
Razak, titubante, va sul dischetto. Tira, moscio e centrale. Barry si supera. La panchina esplode e Gervinho si deve alzare dalla sua seggiola di plastica, stile circoletto anni ’90, per predicare calma ai tifosi ivoriani che sognano l’impresa. Adesso tocca al loro portiere sfidare il tabù del cannibalismo, segnare dal dischetto. La rincorsa è lenta, pare quasi Balotelli che passeggia sulla trequarti. Accelera l’andatura e tira a mezza altezza alla sua destra. Imprendibile. La Costa d’Avorio è campione d’Africa, un portiere di mezza classifica in Belgio – per una volta – sale sugli scudi della gloria. Abidjan, la capitale ivoriana, esplode in un boato mentre nell’Ovest del Paese – per altri motivi e in ben più tristi situazioni – si continua a sparare.
Nella Coppa d’Africa, l’abbiamo già scritto, non c’è spazio per la tecnica, la tattica. Conta il cuore perché è un torneo a sé, riflette le inquietudini di un intero Continente che cerca di guadagnarsi un posto nel mondo.