Alexis Tsipras fa sul serio. Il nuovo premier greco ha intenzione di rinegoziare il debito del Paese e, nell’attesa, congela le privatizzazioni che aveva avviato il governo precedente al suo, quello del conservatore Antonis Samaras. Niente cessioni – per ora – della compagnia nazionale di gestione delle reti elettriche, la Admie e della società che controlla il porto del Pireo, la Dei. I mercati però, manco a dirlo, l’hanno presa malissimo e alla Borsa di Atene si è vissuta una giornata d’inferno.
Rinegoziare il debito greco
Intanto Tsipras, che la sua mossa l’ha fatta, attende il turno della Troika, dell’Europa e della Germania. Nel frattempo gongola e si veste da agnello: “Non andremo a rottura, vogliamo solo rinegoziare il debito”. In fondo, quello che ha deciso Syriza non è tanto campato in aria. Prima di vendere i gioielli di famiglia, prima di monetizzare il proprio patrimonio bisogna verificare quanto (e soprattutto quando) si deve pagare. Fare cassa prima sarebbe un errore marchiano, come anche la storia italiana dimostra. All’epoca di Tangentopoli, all’inizio degli anni ’90 e della Seconda Repubblica, la sola parola “privatizzazione” evocava scenari di irresistibile modernità luccicante e luminosa. Son passati vent’anni o poco più e ci si è resi conto di quanto la svendita acritica delle partecipazioni statali e delle maggiori infrastrutture nazionali non abbia avuto altro effetto che impoverire l’Italia. Ridimensionandone pure la sovranità.
Ci sta, in Grecia, un nuovo interlocutore che potrebbe finalmente uscire allo scoperto. Si tratta della Cina. Specializzati a comprare a prezzo di saldo, i turbocapitalisti cinesi si son già appropriati di buona parte dell’Africa, puntano al Medio Oriente e con la crisi greca avevano in mente di penetrare, finalmente, nel Mediterraneo. La Dei, la società che controlla il porto del Pireo, doveva entrare nell’orbita della Cosco, il colosso navale cinese che, all’ex premier Samaras, aveva strappato (insieme alla gestione dello scalo commerciale) anche l’acquisto di diverse imbarcazioni made in China. Due terminal del porto, a dirla tutta, già sono di proprietà della Cosco. E, sulla base dell’acquisto totale dell’infrastruttura, i cinesi avevano già pensato a un piano di commercio su scala europea che coinvolgesse Huawei e ZTE, imprese hi-tech asiatiche che macinano guadagni e fatturato. Oltre a tutta una serie di incentivi turistici e commerciali sulla base di investimenti per circa 250 miliardi di euro. In orbita cinese, infatti, sarebbe potuta finire anche l’Admie, la società delle reti elettriche. A ottobre scorso, era interessata all’acquisto la Pechino Stade Grid Corporation in concorrenza con l’italiana Terna (che smentì cordate italocinesi) e due fondi di investimento, uno belga l’altro canadese. Tsipras ha bloccato tutto, mettendosi in mezzo all’amicizia (dissero proprio così qualche anno fa!) tra Socrate e Confucio.
Oltre destra e sinistra
Un avversario in più per Tsipras? Forse, ma lui è stato eletto dal popolo greco proprio per evitare alla Grecia una sorta di resa economica e finanziaria senza condizioni. E questo è il sintomo del mondo che sta cambiando. La lotta all’euroburocrazia e le resistenze al turbocapitalismo finanziario, il voler ristabilire il primato della politica sull’economia o la difesa dei potentati economici, la voglia di riprendersi la propria sovranità: sono questi i punti decisivi delle classificazioni politiche del terzo millennio, dato che – ovviamente se Syriza-Aniel non resterà un bluff – le categorie destra e sinistra, così come le conosciamo, non sembrano più in grado di raccontare l’attuale.