Scheda bianca alle prime tre votazioni, poi un nome secco che dovrà essere votato da tutto il Partito democratico. È questa la volontà di Matteo Renzi, premier e segretario dem, per uscire dall’impasse dell’elezione del Presidente della Repubblica. L’annuncio è arrivato oggi, 26 gennaio, durante l’incontro tra il premier e i deputati del suo partito.
Pippo Civati, anima dei ribelli democratici, ha chiesto ufficialmente di partire subito forte con un nome di peso: Romano Prodi. L’ex sfidante di Renzi alla guida del Pd vuole ripartire da lì dove nel 2013 i 101 «traditori» del Pd bloccarono l’ascesa del Professore, sancendo la crisi della sinistra e accantonando per sempre ogni velleità di premierato di Pier Luigi Bersani. La mozione Civati, però, non passerà perché Prodi è nome «divisivo» in un momento in cui si cercano ampi accordi tra i partiti.
La scelta per il Colle del Pd renziano verrà comunicata tra venerdì sera e sabato mattina, anche se nella testa del premier sembra non esserci più una rosa di candidati, ma uno solo. Quale si vedrà, per il momento si fanno ipotesi. Il più quotato è Sergio Mattarella, uomo della Prima Repubblica, ex ministro della sinistra democristiana, giudice della Corte Costituzionale. Ha firmato una buona legge elettorale a inizio anni Novanta e sul petto porta una medaglietta che piace alla sinistra democratica: quando fu approvata la legge sulle tv, Mattarella si dimise dall’esecutivo perché convinto che quella norma avrebbe aiutato Silvio Berlusconi.
Altri tempi, così lontani che potrebbero sembrare a Renzi in controtendenza rispetto alla rottamazione tanto amata. Se così dovesse essere, Mattarella dovrebbe rinunciare. Anche Giuliano Amato rischia di dover dire addio ai sogni quirinalizi per lo stesso motivo. E allora, ecco che vengon fuori altri nomi. Due le categorie, ci sono i tecnici da un lato e gli ex leader del Pd dall’altro: Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, se la gioca con Ignazio Visco, governatore di Bankitalia; Piero Fassino, Sergio Chiamparino e Walter Veltroni, invece, sono gli unici Pd ad avere qualche chance.
Soprattutto Veltroni. L’ex sindaco di Roma è stato il primo segretario dei democratici e la sua candidatura salderebbe le spaccature all’interno del partito del premier. La destra berlusconiana potrebbe accettare perché Veltroni è un politico conosciuto e apprezzato all’estero che non ha mai fatto, al pari di Renzi, dell’anti-berlusconismo un’arma politica. Aspetto non marginale sul tavolo degli accordi. Quando Berlusconi e Renzi si incontreranno al Nazareno per le consultazioni formali potrebbero chiudere: elezione al quarto scrutinio, ma con ampia maggioranza. In perfetto stile Napolitano-bis.