Appena trascorsi i quarant’anni dalla morte di Julius Evola, il suo pensiero è come mai vivo, dibattuto e diffuso. L’opera omnia, curata dalle edizioni Mediterranee, sta per essere conclusa, le antologie di scritti sparsi fioriscono e hanno un mercato che non conosce battute d’arresto; la rivista ufficiale della Fondazione Evola, Studi Evoliani continua regolarmente a uscire ogni anno. Non solo: contrariamente alla congiura del silenzio, che per anni ha tenuto banco, molti intellettuali di vari orizzonti culturali si occupano del pensatore romano apprezzando la sua opera. Da poco è nelle librerie il volume Il cammino del cinabro. Di che si tratta? Abbandonando il proprio totale riserbo e il rferimento all’impersonalità presente nella sua opera, tipica di tutti gli autori tradizionali, cinquant’anni fa Julius Evola decise di scrivere la propria autobiografia intellettuale: Il cammino del cinabro che, come spiegò l’allora giovane editore milanese, Vanni Scheiwiller, servì anche a dissipare dubbi e difficoltà di interpretazione dell’opera dello scrittore romano all’indomani dell’uscita del libro Cavalcare la tigre, un manuale filosofico di “orientamenti esistenziali per un’epoca della dissoluzione” che suscitò un acceso dibattito. Evola consegnò il manoscritto de Il Cammino del cinabro (Edizioni Mediterranee, pagg. 438, euro 32,50) all’editore chiedendogli di pubblicarlo all’indomani della sua morte ma Scheiwiller chiese all’autore di anticipare la pubblicazione perché si trattava di un saggio utile per comprendere le vita intellettuale e l’evoluzione del suo pensiero. Insomma, una guida per orientare il lettore fra le tante opere, fra i vari momenti artistico, filosofico, politico ecc. Ora, nell’ambito della pubblicazione delle opere complete di Evola, come detto edite dalle edizioni Mediterranee di Roma, progetto partito nel 1994 sotto l’egida della Fondazione Evola e in particolare per l’impegno del segretario Gianfranco de Turris, il volume è di nuovo in libreria.
Non è una semplice ristampa ma una nuova edizione arricchita di circa 200 pagine di note, analisi, saggi e di un apparato iconografico inedito. Lavoro effettuato in occasione del quarantennale della morte del pensatore romano, Il cammino del cinabro è stato prefato da Geminello Alvi con studi di Gianfranco de Turris, Andrea Scarabelli e Giovanni Sessa. In passato le altre opere sono state curate o prefate da intellettuali di vari orizzonti culturali, tutti ineressati al pensiero evoliano, come Massimo Cacciari, Stefano Zecchi, Giorgio Galli, Massimo Donà, Claudio Risè, Jean Varenne, Alain de Benoist, Claudio Bonvecchio, Pio Filippani Ronconi ecc.
Nel libro Evola descrive la propria esistenza attraverso le opere che hanno scandito il suo lavoro intellettuale. Un’evoluzione che ha scandito la sua vita: dalla Grande guerra, alla quale partecipò nonostante fosse contrario all’intervento, al successivo periodo Dada, durante il quale fornì un grande apporto al movimento artistico (sue opere sono oggi esposte nella Galleria nazionale d’arte moderna di Roma), poi la fase filosofica durante la quale partendo dall’idealismo finì con definire la teoria e la fenomenologia dell’”Individuo assoluto”, dell’”uomo differenziato”, per passare alle esperienze esoteriche insieme con noti esoteristi degli anni Venti, i rapporti in Italia e all’estero con grandi intellettuali e la svolta verso la Tradizione che dette una particolare impronta a tutta la sua opera e al suo agire. Si parla anche del controverso rapporto con il fascismo, fra sostegno e fronda, sempre senza tessera di partito e con non poche difficoltà: la sua rivista La Torre fu soppressa dal Minculpop al decimo numero. E poi la guerra, il bombardamento a Vienna nel quale rimase ferito gravemente alla spina dorsale e quindi paralizzato, gli anni d’ospedale, l’accusa di essere l’ispiratore, nei primi anni Cinquanta, dei gruppi neofascisti che commisero assalti e attentati, accusa caduta con la piena assoluzione da parte della Magistratura.
Grazie al lavoro di de Turris, Scarabelli e Sessa, dagli archivi emergono tanti dati di particolare interesse: i nemici e gli amici nell’ambiente intellettuale, i resoconti ostili da parte della polizia politica durante il fascismo, gli scontri con alcuni scrittori e i rapporti all’estero con pensatori di primo piano. Poi, la sua morte, l’11 giugno del 1974. Pochi minuti prima di spirare, vestito di tutto punto, si fece aiutare a raggiungere la finestra dalla quale poteva ammirare il Gianicolo; i funerali senza bara né alcun simbolo sacro, secondo le sue volontà, la cremazione, il lancio dell’urna con le sue ceneri in un crepaccio del Monte Bianco, dove aveva fatto, da giovane, innumerevoli scalate. Esponente della Tradizione, il nucleo centrale del suo pensiero si basa su un “Individualismo trascendentale” e sul sacro. Forse Evola era troppo legato all’Individualismo che, tutto sommato, può essere una delle cause del nichilismo del mondo contemporaneo ma di certo l’autore non può essere definito nichilista: il suo era un impulso verso la trascendenza attraverso il primato dell’azione con una definizione del proprio pensiero che passava da ascendenze metafisiche (i testi sacri della Tradizione) e anche filosofiche (Nietzsche, Michaelstaedter, Platone, ecc.): attraverso questa continua interazione si sostanzia la visione del mondo di Evola, uomo della Tradizione che interveniva, con il suo pensiero, contro il mondo moderno. La sua opera è un lascito per coloro che vorranno realizzare una grande rivolta interiore ed esteriore contro i falsi miti della modernità e dell’Occidente moderno.