Una vecchia leggenda marinara racconta di un paese, in Bretagna, sommerso dalle acque del mare in seguito ad un misterioso cataclisma “…riferiscono i pescatori che, in alcune notti di luna, fra lo sciabordio delle onde, si può udire il suono delle campane della cattedrale fatte risuonare dagli angeli…”, campane che certo preludono al suo trionfante riemergere dalle acque. Una bella leggenda delicata, un piccolo gioiello della fede dei tempi andati, che immagino rappresenti il riemergere sempre salvifico della Chiesa dalle sue tempeste. Qualcuno ci compose pure un’opera musicale, Debussy se non vado errato.
Ebbene, oggi quelle campane suonano ancora sott’acqua, e suonano a morto: non per la Santa Peccatrice che, Dio piacendo o meno, avrà sempre vita, no, ma per qualcos’altro. Il senso del Sacro, il Sacro ed il Profano e la loro scomparsa, poiché in un mondo senza peccato neanche la virtù ha più posto. Tolto ai popoli quell’oppio che è la religione, peraltro un dolce oppio, lo si è sostituito con droghe ed idolatrie ben più fanatiche, esasperate e totalizzanti.
L’Eclissi del Sacro è il titolo di un bel libro di Alain de Benoist e Thomas Molnar datato ormai di alcuni anni ma sempre attuale. I due pensatori “eretici”, l’uno esponente della Nouvelle Droite, l’altro dell’intellighenzia cattolica, tracciano seguendo l’atavica forma filosofica del dialogo, il ritratto di una società completamente secolarizzata fornendo spunti di riflessione, ponendo interrogativi sulla sua causa e, soprattutto, tentando l’ardua impresa di individuare le possibili cause e risposte alla “Fine del Sacro” e alla “Morte di Dio”. Dio è morto. Lo scrisse Nietzsche nel suo Zarathustra annunciando la fine totale del cristianesimo, della religione, e profetizzando che anche l’uomo moderno avrebbe dovuto vivere in avvenire in un mondo totalmente privo di dei. Dopo di lui in tanti, cogliendo lo spirito dei tempi, hanno riproposto questa massima, chi tentando un’adeguata comprensione, chi ripetendola col ghigno beffardo del dissacratore. Forse è vero, Dio è morto realmente lì, nelle trincee, e lì, sui campi minati di tutto il pianeta, oppure sotto i gas, ma ancor di più sotto i lampi accecanti delle luci al neon e nei volti dei poveri non più in coda per la benedizione di turno ma per l’iPhone 6. O forse non è mai esistito se non nel cuore dei poveri di spirito. Del resto, scriveva Jean Cau, ciò che importa non è Dio ma la Fede in lui. Nel Medioevo, un tempo buio e difficile per tanti aspetti, la vita e la società ruotavano intorno ad essa ed erano da lei permeate, come ricordava Leone XIII nell’enciclica Immortalitate dei. Oggi a noi uomini sono rimaste tutta le violenza e la barbarie di quei tempi, magari decuplicate, senza però l’ausilio di quella Fede o, più semplicemente, di quel senso del Sacro che è elemento naturale della coscienza (Mircea Eliade).
Si tratta d’una perdita incalcolabile, sia per il destino cui andrà incontro un inestimabile patrimonio di sapienza e cultura, che per il rischio cui si espone l’uomo moderno. Ateismo pratico, materialismo d’assalto, ricerca del Sacro nelle dimostrazioni parareligiose più astruse (oggi il New Age, all’inizio del secolo scorso, la teosofia), oppure rigida chiusura tra le mura ortodosse della Tradizione. Tradizione che, e mi riferisco a quella cattolica che conosco meglio (ma si potrebbe farlo riguardo altre), oltre ad essere bellissima ed inappuntabile dal punto di vista liturgico, è portatrice di un carisma mistico eterno, ma che rischia di divenire mero rifugio per gli esuli di un mondo secolarizzato e disumanizzante, quanto facile schermo per atei devoti con la sindrome dell’ordine e del conservatorismo à tout court. Il Sacro è altro. Esso è ricerca ed elevazione spirituale nel pensiero come nella vita di tutti i giorni, è umiltà, Fede, contemplazione, ma anche slancio vitale ed un sentire interiore che supera lo spazio della vera e propria religione. Insomma, un “andare oltre . Non basta la fedeltà al passato per combattere il materialismo. Tutto ciò non è che l’amaro frutto dell’immensa confusione contro la quale s’infrangono le granitiche certezze del mondo contemporaneo… E l’Uomo resta solo con sé stesso e il Nulla che avanza. Forse non resta altro che chiudere gli occhi e ricordare il poeta:
“Questa è la terra morta
Questa è la terra dei cactus
Qui le immagini di pietra
Sorgono, e qui ricevono
La supplica della mano di un morto
Sotto lo scintillio di una stella che si va spegnendo
E’ proprio così
Nell’altro regno della morte
Svegliandoci soli
Nell’ora in cui tremiamo
Di tenerezza
Le labbra che vorrebbero baciare
Innalzano preghiere a quella pietra infranta”
Thomas S. Eliot