L’intervento integrale di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, nell’incontro a Roma dal titolo “L’Italia soprattutto”.
Buongiorno a tutti, grazie di essere qui e grazie per la vostra presenza. Grazie a Ignazio La Russa che ha aperto l’Assemblea nazionale e grazie alle testimonianze straordinarie che abbiamo ascoltato: persone che vivono i problemi di tutti i giorni. Volevamo raccontare così alcune delle battaglie e delle sfide di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale delle quali parlerò. Volevamo raccontarle per il tramite di chi vive quelle problematiche ogni giorno.
Però non posso non partire dal fatto che questa manifestazione ha un valore simbolico molto alto. Quasi esattamente due anni fa noi davamo vita all’esperienza e all’avventura politica di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale. E questi due anni ci hanno regalato vittorie e sconfitte, qualche momento felice e qualche momento di difficoltà. Ma ci hanno regalato soprattutto la libertà. L’orgoglio di dire sempre quello che pensiamo, di non doverci piegare a compromessi e poter restare coerenti quando tutti gli altri non lo sono.
In questi due anni noi ci siamo presi la libertà di fare alcune cose: di non votare i governi fantoccio che venivano costruiti nei laboratori del Quirinale, di non votare per il secondo mandato del grande alchimista Napolitano, di dire di no al Partito Popolare Europeo a guida Merkel, di non inciuciare mai con il Governo Renzi.
Perché siamo fatti così, innamorati dell’idea che la sovranità appartenga al popolo e che il popolo dovrebbe esercitarla. Perché la sovranità non appartiene a dei circoli più o meno palesi, di illuminati telecomandati da Bruxelles e Berlino. La sovranità appartiene agli italiani. Ci guardavano come pazzi quando abbiamo tentato di spiegare, e siamo stati i primi a farlo, che il governo di centrodestra, l’ultimo scelto dagli italiani, era stato rimosso da una operazione voluta da potenze straniere con il sostegno di alcuni ambienti economici e finanziari con la complicità dei soliti venduti di casa nostra, che non mancano mai in Italia. Ci prendevamo per pazzi ma oggi la verità è sotto gli occhi di tutti: non c’è differenza tra Monti e Renzi, semplicemente i nemici dell’Italia si sono tolti il loden per mettersi la giacca di pelle di Fonzie. Ma a parte questo non cambia niente.
E lo vediamo nei risultati macroeconomici di questi anni. Si, “abbiamo fatto i compiti a casa dell’Europa”, ma i risultati? Tutti i fattori della nostra macroeconomia sono peggiorati: aumenta la disoccupazione, aumenta la tassazione, aumenta il debito pubblico, crolla la produzione industriale, crolla il Prodotto interno lordo. Sono dati sotto gli occhi di tutti. E noi ci siamo potuti prendere la libertà di non essere mai complici di tutto questo. Siamo un’opposizione patriottica, portiamo le nostre proposte serie all’attenzione del governo, ma noi non siamo stati complici di questo.
E di disastri Renzi ne sta accumulando parecchi. Tra pochi giorni si chiuderà il semestre italiano di presidenza dell’Unione europea. Ve lo ricordate Renzi quando ha detto: “forte del mio 40% che ho preso alle Europee, vado in Europa, sono il presidente di turno dell’Unione Europea, sono il leader più suffragato d’Europa, e cambio tutto e costringo la Merkel a cambiare verso alle politiche europee”? Avete visto un “cambio di verso”? Perché tutto quello che ricordo della presidenza italiana della Ue sono le pacche sulle spalle della cancelliera al gelataio di Firenze.
Sono pantomime di Renzi che va in Europa a dire: “Non vi preoccupate, l’Italia farà tutto quello che deve fare, stiamo nel 3%, facciamo i nostri compiti, avete ragione voi”. Poi quando risale sull’aereo, con i giornalisti italiani si mette a fare il bulletto che sfida l’eurocrazia, fino a quando qualche eurobidello non lo riprende e non gli dà uno schiaffone e lo rimanda al posto. È esattamente il copione di questi ultimi mesi. Del semestre italiano di presidenza dell’Unione europea ricorderemo la vergogna di un Presidente della Commissione europea, il signor Juncker, coinvolto nel più grande scandalo fiscale della storia continentale, che anziché dimettersi come dignità avrebbe voluto, sta lì a dispensare minacce all’Italia. E ricorderemo la vergogna di deputati europei italiani, socialisti e popolari, che invece di mandarlo a casa, votano per salvarlo dalle dimissioni. La roba più vergognosa che si sia mai vista.
Non ricorderemo Federica Mogherini Commissario per la politica estera di una Europa che non ha mai avuto una politica estera. Un po’ come avere il commissario al teletrasporto: una cosa fighissima ma non c’è. In compenso ricorderemo molto bene che per quella poltrona inutile noi abbiamo sacrificato migliaia di aziende italiane, mettendo la nostra firma sotto le vergognose sanzioni contro la Russia, che stanno massacrando le nostre imprese. E dopo che ci siamo chiusi gli sbocchi ad est, andiamo con il piattino in mano da Obama a negoziare il nuovo accordo di libero scambio Ue-Usa. Come se non bastasse, pochi giorni fa abbiamo incassato lo straordinario successo della rinuncia al gasdotto South Stream, che tanto fastidio dava a Bruxelles, Berlino e Washington perché significava un’Italia più autonoma nell’approvvigionamento energetico, e dunque una maggiore libertà per noi. E siccome dava fastidio, noi abbiamo detto: “Non vi preoccupate, non vogliamo niente”. Noi questo abbiamo ottenuto nel semestre di presidenza italiano dell’Unione Europea.
E mentre noi siamo strozzati dai vincoli dell’Europa e dalla gabbia ignobile delle sue regole, ci troviamo ancora gente tipo Prodi e Monti, che dovrebbe essere processata per alto tradimento e che sta lì a spiegarci cosa che dobbiamo fare. È su questi temi, ormai, che si articola lo scontro politico, ha ragione Marine Le Pen. Lo scontro è ora tra le élite e il popolo, tra l’alto e il basso. In alto ci sono i burocrati, i tecnocrati, le consorterie, le lobby. In basso ci sono i popoli, i loro diritti, la loro libertà e la loro sovranità. Noi non abbiamo mai avuto dubbi da che parte stare, a differenza di tanti altri. Noi non abbiamo mai avuto dubbi. E per questo ci hanno definiti populisti e demagoghi. Ci hanno detto di tutto. Ma lo sapete che vi dico? Meglio populisti che lobbisti.
Ci hanno detto che eravamo demagoghi quando abbiamo chiesto lo scioglimento concordato della zona euro. Apro e chiudo una parentesi: ho visto che quelli del Movimento 5 Stelle chiedono che io vada a firmare il loro referendum per uscire dall’euro. E voglio dire loro: non ho problemi a venire a firmare se non altro per testimoniare la mia contentezza per il fatto che si è svegliato anche Beppe Grillo sul tema dell’euro, però segnalo, e lo sanno anche loro, che questo referendum è una bufala. Diciamolo agli italiani, altrimenti rischia che ci si creda che se vai a firmare il referendum del Movimento 5 Stelle, puoi uscire dall’euro. Non è così.
Ci hanno detto che eravamo demagoghi quando ci siamo scagliati contro la svendita di Bankitalia ai privati, o quando abbiamo tentato di tagliare le pensioni d’oro rubate per aumentare quelle di chi lavora tutta una vita per non prendere una pensione decente.
Ci hanno chiamati populisti quando abbiamo detto no alla depenalizzazione della droga, quando abbiamo chiesto di mettere l’Iva al 4% per i prodotti della prima infanzia, quando abbiamo detto no ai matrimoni omosessuali, ci hanno chiamato razzisti quando abbiamo detto no all’abolizione del reato di immigrazione clandestina, o al servizio traghetto dal nord Africa all’Italia che prende il nome di Mare Nostrum, come quando siamo andati per primi ad ascoltare la rabbia dei cittadini delle periferie della Roma degradata, quando per primi siamo andati a Milano nelle case popolari a parlare di illegalità diffusa e a chiedere case popolari prima per gli italiani. Ci hanno chiamati in ogni modo, però noi dobbiamo essere fieri delle battaglie che abbiamo fatto.
E ce lo dobbiamo ricordare. Non le ho elencate per caso. Ce le dobbiamo ricordare oggi per essere fieri di quello che abbiamo fatto, perché oggi qualcuno vorrebbe che noi abbassassimo la testa. Ce le dobbiamo ricordare oggi esattamente quando si vorrebbe trascinarci nello squallore della piccola politica degli impicci e delle ruberie. Noi non c’entriamo niente: non saremo trascinati nel fango e non ci vergogneremo mai di quello che siamo. Lo dico perché, in riferimento a questa vicenda di “Mafia Capitale”, la sinistra è da sempre capace di uscire illibata pure dalle situazioni più palesi. Sarebbero capaci di uscire senza uno schizzo di fango dalle fogne di Calcutta. È quello che hanno fatto con Tangentopoli nella Prima Repubblica. Ed è quello che stanno tentando di fare. E allora forse un po’ di chiarezza in questa storia di Mafia Capitale va fatta.
La storia qual è? È la storia di una cooperativa rossa, così rossa che è stata tenuta a battesimo da Pietro Ingrao in persona, da essere sostenuta da tutta l’intellighenzia radical chic di sinistra, che dopo aver fatto per decenni i suoi porci comodi sotto le giunte di sinistra del Comune di Roma, ad un certo punto, quando è cambiata l’amministrazione ed è arrivata un’amministrazione di centrodestra, ha cercato un punto di contatto con la nuova amministrazione.
Nella persona di chi? Di un politico di centrodestra? No. Di un ex militante dei NAR, Carminati. Poi quando è tornata un’amministrazione di centrosinistra, ha ripreso a fare i propri comodi con un amministrazione di centrosinistra. Ecco la storia. E non possiamo fare finta, come fanno sempre certa stampa e certi ambienti, che adesso questa vicenda diventi l’inchiesta sulla destra romana. Questa non è un’inchiesta sulla destra romana. È soprattutto l’inchiesta sul sistema di potere che la sinistra ha costruito a Roma per il tramite delle cooperative rosse. Perché questa vicenda è il tentativo di certa realtà e di certa cultura politica e comunicativa, non solo di tentare di rigalvanizzare un sindaco inadeguato e incapace come Ignazio Marino, ma è ancora prima la sublimazione assoluta di quei vecchi teoremi sui quali si sono costruiti decenni di antifascismo militante e assassino. È esattamente la sublimazione di quel concetto lì.
Viene quasi da pensare che se non ci fosse stato Carminati e se avessero continuato a rubare soltanto a sinistra, forse questa storia non sarebbe mai venuta fuori e probabilmente Buzzi sarebbe ancora il personaggio modello che, nonostante avesse 25 anni di carcere per aver ammazzato un innocente con 37 coltellate, quel fenomeno di Presidente della Repubblica che risponde al nome di Oscar Luigi Scalfaro – il peggiore Presidente della Repubblica della storia d’Italia – ha graziato. Così la cooperativa 29 giugno sarebbe ancora quello splendido e fulgido esempio di realtà che aiuta i poveri, i disagiati e le persone in difficoltà.
Sono rimasto scioccata, e immagino anche voi, dall’sms che questo Buzzi manda per fare gli auguri di buon anno nel 2013: “Speriamo che il 2013 sia un anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso così cresce l’erba da tagliare e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale”. Hanno ridotto il welfare così. E lo dico anche a Marino, perché l’ho sentito dire una cosa un po’ forte: l’illegalità a Roma è nata con un giunta di centrodestra. Forse è sfuggito a Marino che la cooperativa 29 giugno ha preso 66 appalti solo da Veltroni e quando Buzzi portava i rom a votare alle primarie del Pd per fargliele vincere.
E allora è tempo che la sinistra smetta di nascondere la polvere sotto al tappeto e tolga la sua protezione e la sua complicità a quelli che rubano nascondendosi dietro le cooperative e le associazioni. Certo, non voglio nascondermi dietro ad un dito: ne è rimasta coinvolta anche l’amministrazione Alemanno, insieme a quelle che lo hanno preceduto e a quella attuale, e per noi è ovviamente doloroso dover constatare che quando il centrodestra è arrivato alla guida della Capitale non è riuscito a rompere quel sistema di potere che la sinistra aveva messo in piedi.
Per noi è doloroso, è una responsabilità politica. Siamo certi che sul piano giudiziario e penale Gianni Alemanno uscirà assolutamente pulito da questa storia. Chi lo conosce sa che non si è arricchito facendo politica e speriamo che chi, sotto di lui, ha tradito la fiducia che gli era stata data, paghi e paghi senza sconti. Però insisto, non ci sto a vedere accostata la destra italiana e la destra romana a questi ladri. Non ci potete trascinare nel fango. Noi, tutti noi, nessuno escluso, combattevano la mafia quando certa sinistra sputava addosso a Falcone e Borsellino. Siamo quelli che hanno scritto nel loro statuto che un condannato in primo grado non può essere candidato nelle liste di Fratelli d’Italia. Non perché non sappiamo che in uno Stato di diritto non sei colpevole quando viene condannato con una sentenza passata in giudicato, ma perché la politica deve stare un passo avanti la società che vuole rappresentare.
Noi abbiamo sempre la stessa posizione. Per noi, chi viene condannato in via definitiva per reati di corruzione non deve essere ricandidabile vita natural durante. Per noi chiunque sia condannato per reati di corruzione non può avere più niente a che fare con il pubblico. Sei un politico, non puoi più essere candidato. Sei un imprenditore, non puoi più prendere commesse pubbliche. Sei un dipendente pubblico, sei un dirigente corrotto, sei stato condannato per corruzione, fuori a calci dall’amministrazione pubblica.
Per noi chi ruba è un traditore. La corruzione è una tassa sui più poveri e sulla povera gente. Ed è il motivo per il quale noi vogliamo proporre che i reati di corruzione nell’esercizio delle funzioni pubbliche siano inseriti tra i reati di tradimento e considerati nel codice penale come “Delitti contro la personalità dello Stato”, cioè reati per i quali nel nostro ordinamento è prevista anche la pena dell’ergastolo.
Non ci venite a fare la lezione. Noi siamo quelli che da sempre si battono per la legalità, la sicurezza e la certezza della pena in un’Italia nella quale gli innocenti stanno in galera anni in attesa di giudizio e i colpevoli escono subito perché nelle carceri non c’è abbastanza spazio. Una Italia nella quale sembra che certi delinquenti non debbano pagare proprio mai. Se in Italia non ci fossero state le grazie, gli indulti, gli svuotacarceri Carminati e Buzzi, in questi anni, sarebbero stati in galera.
Lo vogliamo dire a Matteo Renzi quando ci dice: “Noi inaspriamo le pene sulla corruzione”. Ma tanto poi li ributtate fuori con i decreti svuotacarceri! Che cosa vuoi inasprire? Cerchiamo di essere seri. Noi siamo quelli che da sempre denunciano la vergogna di un sistema cooperativo che usa spesso i suoi privilegi fiscali e non solo per alterare il mercato e fare cose che nulla c’entrano con le finalità sociali.
Renzi tira fuori quattro punti per mettere anche lui la testa sotto la sabbia e per fare finta che lui non c’entra niente. Aggiungi un quinto punto, Renzi: stabiliamo il meccanismo per il quale una cooperativa sociale non può finanziare i politici, le loro fondazioni, i loro partiti. Lo capiamo o non lo capiamo che c’è qualcosa che non funziona se una cooperativa sociale distribuisce utili come se fosse un’azienda normale e li vada a regalare ai politici, dai quali può prendere appalti fino a 200 mila euro senza concorso? C’è o non c’è qualcosa che non funziona in questo sistema?
E voglio vedere quando noi impediamo alle cooperative sociali di pagare i partiti come fanno a tornare i conti del Pd visto che, una volta che è finita l’epoca dell’oro di Mosca, il Partito Democratico e la sinistra italiana sono stati ampiamente foraggiati dal sistema delle cooperative rosse. Se vogliamo fare delle cose serie, questa è la prima norma da proporre. E se non la propone Renzi, la proponiamo noi.
E già che ci siamo, un’altra proposta che vogliamo fare è: non le commissioni d’inchiesta sulle condizioni – drammatiche e presunte – nelle quali versano gli immigrati nei CIE, ma una bella commissione d’inchiesta sul sistema delle cooperative in Italia e una bella commissione d’inchiesta sul business dell’accoglienza. Perché, anche su questo punto, siamo o non siamo stati i primi a denunciare che qualcosa non funziona se un immigrato richiedente asilo che arriva in Italia ci costa 30 euro al giorno, cioè 900 euro al mese, cioè più o meno quello che prende un qualunque precario padre di famiglia guadagni per lavorare 40 ore la settimana? E quando ci dicevamo “beh, questi immigrati stanno in condizioni disumane” e noi rispondevamo esattamente questo: “bene, questi soldi chi se li ruba?”.
Ci hanno detto che eravamo xenofobi quando abbiamo detto: “Scusate, ma perché il Comune di Roma prende una percentuale così sproporzionata di immgrati richiedenti asilo, anche in rapporto alle altre città governate dalla sinistra?”. Ci hanno detto: “Come siete xenofobi!”. Ma siamo xenofobi noi che vogliamo governare l’immigrazione per dare una vita dignitosa a chi entra o siete xenofobi voi che lì volete tutti in Italia per lucrare sulla loro disperazione? Ma chi è xenofobo?
Io non ho sentito una dichiarazione della Boldrini e non ho sentito una dichiarazione di tutti quelli che ci vogliono spiegare quanto siamo cattivi noi e quanto siano buoni loro. Non hanno nulla dire su questo sistema che noi avevamo ampiamente denunciato?
E guardate, non è un caso che a difendere le scellerate politiche dei governi di sinistra in tema di immigrazione dei governi di sinistra siano proprio quelli più distanti dalla vita reale della gente comune, quelli che vivono in quartieri talmente ricchi che gli unici immigrati che hanno visto sono le loro colf o il loro giardiniere. Che gliene frega a loro, perché l’immigrazione incontrollata non colpisce loro ma le fasce più deboli della società: chi vive nelle periferie delle grandi città metropolitane dove gli immigrati vengono stipati insieme ai campi rom, costretti a vivere tra il degrado e la paura. Colpisce gli anziani o i malati di Alzheimer sfrattati dai loro centri che vengono riconvertiti in centri per l’accoglienza degli immigrati perché i centri per l’accoglienza degli immigrati sono più redditizi. Colpisce gli immigrati regolari che lavorano e pagano le tasse e sono quelli più arrabbiati contro questa deriva. Colpisce anche i poveri disperati che sono stati portati in Italia e che sono stati convinti dalla chimera di una vita dignitosa.
Noi continuiamo a dire delle cose banali. Primo: i flussi migratori devono essere fermati fino a quando la disoccupazione in Italia non sarà scesa sotto la soglia tollerabile del 7%, perché se il lavoro non c’è per gli italiani, non può esserci neanche per gli immigrati, e maggiore immigrazione diventa solo maggiore emarginazione sociale. Secondo: priorità agli italiani nell’accesso ai servizi sociali, dalle case popolari agli asili nido. Terzo: l’Europa si deve occupare dei rifugiati e dei richiedenti asilo perché così l’Italia libera delle risorse per occuparsi dei tanti, troppi disperati italiani che la politica fa finta di non vedere.
Sono proposte semplici, di buon senso, sulle quali ci piacerebbe avere delle risposte. Ma forse, in realtà, il motivo per cui non ci si vuole mettere mano è che l’immigrazione incontrollata è uno strumento nelle mani dei poteri forti, è uno strumento nelle mani del grande capitale che utilizza l’immigrazione per rivedere al ribasso i diritti e i salari dei lavoratori italiani.
Contrasteremo le politiche del Governo in tema economico. La vergogna di 80 euro dati ad alcuni italiani e negati ad altri, come ci fossero cittadini di serie A e di serie B. Gli 80 euro si pagheranno e si copriranno con aumenti di tasse che colpiranno tutti: i cittadini di seria A e i cittadini di serie B. Così finirà con l’aumento dell’Iva, l’aumento delle accise sui carburanti, l’aumento del gasolio agricolo. Perché gli agricoltori, così come i pescatori, gli artigiani, le partite IVA, le piccole e medie imprese sono considerati dei nemici da questo governo. Questo governo è attento solamente agli interessi della grande industria.
Ho sentito Salvini e Berlusconi parlare di flat tax. Ma io penso che ancora prima sarebbe interessante fare una Fiat Tax, per farci ridare dalla Fiat tutti i milioni di euro che lo Stato ha speso per una industria che appena ha potuto ha portato la sede fiscale all’estero. Giù le mani dalla Ferrari. La Ferrari è italiana da sempre, in Italia deve rimanere e in Italia deve pagare le tasse!
E in forza dei provvedimenti del governo, peggiorerà l’atteggiamento di oppressione e vessazione fiscale dello Stato italiano verso tanti suoi cittadini onesti. Con la legge di stabilità Renzi dice che recupera 4 miliardi di euro con la lotta all’evasione. Ma noi sappiamo dove prenderà quei soldi. Non dalla grande evasione, dai soliti potenti, dagli amici degli amici. Non dalle banche o dalle società delle slot machine ai quali lo stato condona miliardi di euro di evasione. Non dalle imprese dei cinesi che aprono e chiudono senza versare un euro allo Stato italiano. Non li prende da lì, ma dagli italiani onesti, dagli imprenditori che hanno i siti produttivi, da quelli che si trovano e che verranno vessati grazie a leggi incomprensibili e cartelle esattoriali che lievitano all’infinito, fino a raggiungere gli obiettivi di recupero dell’evasione che il governo si è dato. Ma quella non è lotta all’evasione, questo è un pizzo che lo stato italiano pretende dai suoi cittadini onesti.
Noi diciamo basta agli studi di settore, alle leggi speciali dell’Agenzia delle Entrate, ai premi di produttività per gli esattori legati alle contestazioni che riescono a fare. Ma vi sembra una cosa normale? Ma saranno portati a muovere ancora più contestazioni di quelle che avrebbero mosso se fosse semplicemente giusto? Bisogna dire basta a tutto questo e bisogna insistere con la nostra proposta di mettere un tetto alle tasse in costituzione, l’unica proposta seria per tagliare la spesa pubblica improduttiva. E vediamo chi ci sta, visto che abbiamo presentato un emendamento in questo senso nel provvedimento sulle riforme che si sta discutendo alla Camera. Vediamo chi ce lo vota.
Perché, lasciatemelo dire a poche ore di distanza dallo sciopero generale, o noi riusciamo veramente ad abbassare le tasse, sul lavoro in particolare, o nuova occupazione non si creerà mai. Per questo voglio lanciare una sfida alla Camusso: una volta tanto, invece di occuparsi di temi obsoleti come l’articolo 18 che difendono i diritti solo di alcuni, fregandosene del fatto che fuori c’è un sacco di gente che di diritti non ne ha, possiamo occuparci di chi un lavoro non ce l’ha già e un lavoro probabilmente non lo troverà per molto tempo? Noi abbiamo fatto una proposta: si chiama Job Italia ed è una proposta di decontribuzione totale della maggiore occupazione. Se hai 10 dipendenti, all’undicesimo che assumi, stipendio minimo 1000 euro e un costo complessivo per l’azienda di 1250 euro. Sarebbe la più grande decontribuzione che si sia mai immaginata. Possiamo lavorare insieme su una cosa del genere? Una volta tanto, il sindacato può occuparsi dei lavoratori e non solamente dei suoi iscritti? E cercare di fare qualcosa di utile per la Nazione?
Ma c’è un’altra battaglia che Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale vuole intestarsi. Ed è la battaglia per l’abolizione delle regioni. Dobbiamo avere il coraggio di dire che il regionalismo ha fallito, perché le regioni hanno finito per diventare centri di spesa formidabili, e sono state utilizzate dalla partitocrazia per moltiplicare indennità, carrozzoni, consulenze e occasioni di malaffare lontano dai riflettori. E aggiungo che l’identità italiana non si fonda affatto sulle regioni. Le regioni sono nate nel 1970 da un compromesso politico tra la DC e il PCI. L’identità italiana si poggia sui comuni, che vogliamo rendere più forti, restituendo allo stesso tempo autorità allo Stato centrale. Tra questi due livelli di governo, noi proponiamo un solo livello intermedio con la nascita di 36 distretti, con funzioni amministrative e non legislative. Sono 36 aree omogenee per tradizioni, cultura e tessuto sociale, così come sono stati individuati dalla Società Geografica Italiana. Su questo terreno sfido il Governo, che parla di macroregioni, ancora più distanti dai cittadini e quindi incontrollabili, e la Lega Nord, che si ostina a difendere un sistema palesemente fallito.
Il quinto tema cardine del nostro impegno è l’elemento centrale ed essenziale di qualunque comunità umana fin dalla notte dei tempi: la famiglia. Non un’immagine buona per vendere delle merendine, ma qualcosa di molto più profondo e reale. Credetemi, so bene che cosa significhi, so bene quanto si possa essere felici in una famiglia monogenitoriale, so bene quanto si possa crescere senza che non ti manchi niente, quanto anche avendo un solo genitore quel genitore amorevole può fare tutto. Lo so. Ma credete, se avessi potuto scegliere, non avrei scelto di avere anche un padre che mi accompagnasse?
Mi sono interrogata tanto su come si faccia in buona fede a considerare giusto o addirittura “moderno” privare un bambino del diritto naturale di avere un padre e una madre? Non me ne capacito, perché non è un tema ideologico ma di buon senso. Che vi devo dire: siamo trogloditi, siamo bacchettoni, ma non mi arrenderò mai! Non mi arrenderò mai alle adozioni gay, alla parodia dei matrimoni omosessuali, alle famiglie con due padri o due madri. Non mi arrendo.
Per quanti film “moderni” facciano, per quante favole “moderne” tentino di insegnare nelle nostre scuole, continuerò a sognare di avere dei figli ai quali possa insegnare il valore dell’amore tra il cavaliere e la principessa! Continueremo a insegnare ai nostri figli il rispetto per le idee e gli orientamenti sessuali di tutti, ma con la stessa lucida determinazione noi vogliamo difendere il più debole: che non è l’omosessuale, ma è il bambino. Ovvero quello che non si può difendere da solo.
Difendiamo tutto ciò che è la nostra tradizione. Lo dico a quei presidi che in questi giorni stanno vietando l’esposizione del presepe perché ritengono che questo presepe leda la sensibilità di chi non crede nel nostro Dio. Due cose: intanto mi aspetto che questi presidi che sono così indispettiti dal Natale che il 25 dicembre vadano a lavorare. E poi vorrei dire che in questa vicenda Dio c’entra fino a un certo punto. Che si creda in Dio oppure no, quel piccolo presepe definisce ciò che siamo, i valori in cui crediamo e che hanno fondato la nostra civiltà. È la nostra carta d’identità. E se qualcuno è offeso da quella carta d’identità, vuol dire che si sente offeso da quello che sono e se si sente offeso da quello che sono, allora potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di vivere da un’altra parte.
E c’è un’altra famiglia che vogliamo difendere e onorare, quella dei nostri militari in missione di pace all’estero. Quasi nessuno ne parla ma tra pochi giorni si concluderà la missione italiana in Afghanistan. Sono stati tredici anni durissimi, in cui le nostre Forze Armate hanno rappresentato un orgoglio per la nostra Nazione, la sua faccia più bella, con la loro professionalità e la loro umanità. Dobbiamo ricordarci di aver lasciato sul campo 53 figli d’Italia. Vogliamo dire alle loro famiglie e ai loro commilitoni che noi non dimentichiamo. E vogliamo costruire un’Italia che sia all’altezza del sacrificio dei suoi figli migliori.
Ecco, noi siamo tutto questo e molto altro, anche se spesso ce ne dimentichiamo. E oggi come ieri possiamo guardare gli italiani negli occhi. Dobbiamo andare fieri di quello che abbiamo costruito. Eppure, non voglio nascondermi dietro un dito. Spesso, nonostante l’impegno appassionato e straordinario di migliaia di militanti, tutte queste idee, questo sentimento e questa visione del mondo, potenzialmente maggioritari nella Nazione, non siamo riusciti a raccontarlo pienamente. Non siamo riusciti a farlo entrare nelle case degli italiani come avremmo voluto. I nostri risultati sono discreti, ma non sono buoni. La nostra crescita è ancora troppo lenta.
Perché? Forse perché non abbiamo saputo interpretare adeguatamente la domanda di rottura con tutto ciò che è stato finora, che pure arriva dagli italiani. Forse abbiamo dato l’impressione di volere delle volte sopravvivere e non vivere, di volerci limitare a dare riparo a qualcuno, a voler riciclare vecchie idee. Non lo so, però so che bisogna cambiare qualcosa. Perché noi non siamo qui per sopravvivere, ma per dare una casa a tutti quelli che in un tempo vigliacco non vogliono essere vigliacchi pure loro, a quelli che non vogliono restare a guardare e hanno ancora voglia di combattere, come se noi fossimo su un campo di battaglia.
Ci sono quelli come Buzzi che stanno già saccheggiando i cadaveri e i feriti, ci sono quelli nascosti dietro le siepi, quelli che scappano, quelli che fanno affari con il nemico. Ma ci siamo anche noi, che siamo ancora infuriati e abbiamo ancora energie per combattere contro chi ha ridotto così l’Italia e affama il nostro popolo. Noi vogliamo dare una speranza agli italiani onesti, agli italiani che nonostante le difficoltà non si piegano al marcio. Solo che ci serve un nuovo slancio.
Noi avevamo pensato stamattina di annunciare una grande manifestazione per il primo fine settimana di febbraio, magari per aprire la campagna per le regionali, invece vorrei che in quella data celebrassimo un congresso nazionale di rifondazione di questa avventura politica. Penso che ci sia molto da cambiare e voglio sapere se ho, se abbiamo, il consenso per farlo.
Se c’è chi vuole venire ancora con noi e chi non vuole venirci più. E vorrei anche, e lo dico con il cuore in mano, che chi ha una idea diversa da quella che proporrò e che proporremo, una volta tanto, invece di sussurrarla nei corridoi o sulle pagine Facebook, venisse a raccontarla al congresso. E il giorno dopo aver scelto l’indirizzo maggioritario, cercassimo di difenderlo tutti insieme come un sol uomo e cercassimo di essere davvero una comunità. Perché, insomma, tantissimi non siamo, soldi non ne abbiamo, le televisioni ci ignorano: se neanche ci diamo una mano da soli, dove andiamo?
Noi dobbiamo accettare la sfida di aprirci. Perché vedo tanta difesa di niente, vedo tanta chiusura e vedo tanta incapacità di andare a raccogliere delle energie, che pure ci sono. È pieno di gente che ancora ha voglia di rischiare, di combattere, di mobilitare. È pieno di energie fresche, che noi possiamo andare a recuperare per metterle in prima fila e mettere a riposo chi si è battuto fino ad oggi, perché si trova sostanzialmente da solo. Ci sono tante energie che noi dobbiamo andare a recuperare, perché servono energie fresche e perché serve la capacità di cambiare e di rimettersi in discussione.
Per fare cosa? Quello che abbiamo sempre voluto fare, e che non sempre siamo riusciti a fare in questi anni: fare politica per affermare delle idee, non delle persone. Non rincorrere il consenso fine a se stesso. Noi vogliamo costruire il più grande movimento dell’interesse nazionale che l’Italia possa avere, che voglia difendere l’identità italiana e le sue radici romane e cristiane. Vogliamo questo: un movimento che metta gli italiani davanti a tutto.
Siamo troppo retorici? Può darsi, ma almeno crediamo in qualcosa. Che non è scontato di questi tempi. Almeno ci rendiamo conto della gravità della situazione nella quale versa l’Italia? A dispetto delle slide e dei sorrisini di Renzi, la situazione non è esattamente delle migliori. Noi siamo disposti a fare la nostra parte. Noi non ci tiriamo indietro, a cominciare dalla sfida per la guida della Capitale d’Italia. Quando la sinistra staccherà la spina a Kung Fu Panda Marino, che sta facendo più danni a Roma del Sacco dei lanzichenecchi, noi saremo in prima fila, io per prima sarò in prima fila se sarà necessario, perché vogliamo ridare dignità alla Capitale. E a proposito di dignità, sono certa che un sindaco romano non avrebbe mai deturpato via del Corso con quelle orride luminarie internazionaliste che sono state messe in questi giorni e che nulla c’entrano con il Natale. Saremo in prima fila per ridare voce alle periferie abbandonate dalla sinistra da salotto, per ridare voce a quegli imprenditori che in questa città vorrebbero fare impresa senza essere massacrati, che c’è ancora spazio per parole fuori moda come legalità, responsabilità e merito in una città troppo spesso dipinta come culla dei vizi nazionali.
E saremo in prima fila a livello nazionale. Vogliamo esserci, vogliamo costruire un’alternativa a Matteo Renzi e al renzismo. Noi non vogliamo morire renziani. Vogliamo sapere chi ci sta, ma non a fare la riedizione di qualcosa che non c’è più, ma qualcosa di competitivo. Questo lo voglio dire chiaramente a Silvio Berlusconi: il centrodestra che abbiamo conosciuto è morto, è fallita l’esperienza del partito unico, l’appoggio di NCD al governo Renzi e il Patto del Nazareno hanno fatto il resto. Oggi non si può pensare di riassemblare qualcosa che è morto. Bisogna ricominciare da capo, bisogna ridisegnarlo completamente. Servono nuove idee, nuove facce, nuovi leader, nuovi meccanismi di selezione. Serve un altro modo di interpretare la politica. Si vuole fare questo, con l’obiettivo di fare cosa? Sopravvivere? No, noi vogliamo vincere. Vogliamo mettere in piedi un sistema per vincere. E allora noi ci siamo. Se si vuole sopravvivere, ognuno per la sua strada. Non ci interessa sopravvivere.
Voglio invece chiedere di nuovo a Matteo Salvini se fa sul serio oppure no, cioè se questo movimento che lancia domani sancisce la fine dell’errore secessionista e un atto di riconciliazione nazionale, oppure se si tratta di una pura operazione elettorale che serve a drenare voti al Sud per eleggere al Nord parlamentari antimeridionali.
Perché, nel primo caso, la cosa ci interessa molto e ci pare molto interessante. Siamo molto contenti di questa evoluzione e siamo anche disponibili a immaginare insieme un Polo delle identità, della produzione, della sovranità. Se invece l’operazione non è genuina, allora noi saremo pronti a difendere gli interessi del Mezzogiorno d’Italia contro l’ennesimo saccheggio della politica. Ma spero ovviamente che sia un’operazione genuina.
In ogni caso noi ci saremo. Ci saremo più forti a gennaio, ci saremo per le tante sfide che ci attendono. Ci saremo per le elezioni regionali, e qui voglio fare un appello non di maniera: le nostre liste sono aperte a chiunque voglia difendere con noi queste idee e condividere con noi queste battaglie, a chi proviene da altre esperienze politiche, a chi ha promosso movimenti e liste civiche sui territori, a chi non ha mai fatto politica ma ha deciso che non vuole stare più alla finestra.
Venite a dare una mano, uniamo le forze, combattiamo insieme, perché questo non è il tempo dei tentennamenti, questo non è il tempo dei calcoli di opportunità: questo è il tempo in cui serve che le persone di buona volontà, le persone oneste e le persone coraggiose si prendano per mano e si aiutino. È il tempo di combattere i ladri, i corrotti, i venduti e tutti i parassiti che l’Italia ha per difendere tutto quello che di bello e giusto, nonostante tutto, c’è ancora in Italia e negli italiani. Aiutateci, dateci una mano.
Parafrasando una vecchia poesia di Dylan Thomas, mi viene da dire: abbiamo vissuto già molte vite da quando abbiamo sentito dentro la voglia di un impegno politico più forte del nostro egoismo. Ora promettiamo che non ce ne andremo docili in questa notte buona. Piuttosto ci infurieremo, ci infurieremo, contro il morire della luce. E non ci fermeremo fino a quando non avremo trovato quel luogo che ancora non c’è, dovessimo cercarlo per tutta la vita.
Ho visto tanta disillusione in questi giorni. Ho visto tanti nostri nemici che se ne sono approfittati e vorrebbero che abbassassimo la testa e che tornassimo a casa con la coda tra le gambe. Ma questa comunità, questa storia, ha già dimostrato che quando qualcuno vuole metterti all’angolo, noi ripartiamo più forti.
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