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Inchiesta Roma. Giuntella (Pd): “Difendiamo Marino. Ma nella Capitale c’era un sistema”

by Martina Bernardini
11 Dicembre 2014
in Le interviste
0

giuntellaMondo di Mezzo, l’inchiesta sull’esistenza della mafia nella Capitale, fa tremare il Campidoglio. Un terremoto che ha portato alle dimissioni di molti esponenti della politica romana, coinvolti a vario titolo nell’inchiesta, ma per ora solo indagati. Tremano le poltrone del centrosinistra e del centrodestra, e in Campidoglio in molti hanno fatto un passo indietro, anche alcuni personaggi non indagati: Giovanni Quarzo, ex capogruppo FI in Assemblea Capitolina, Mirko Coratti, ex presidente dell’Aula, Daniele Ozzimo, ex assessore capitolino alla Casa, Lionello Cosentino, ex segretario del PD Roma, Gianni Alemanno, che ha rinunciato agli incarichi all’interno del partito Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale. Al posto di Cosentino, poi, è subentrato Matteo Orfini, già presidente del PD nazionale: il PD romano, quindi, è stato commissariato.

Sono anche altri i nomi circolati nelle intercettazioni telefoniche, tirati in ballo da chi teneva le fila del sistema Mafia Capitale. Nomi tirati in ballo, ma esclusi dalle indagini, e quindi non coinvolti. Tra questi, anche quello di Tommaso Giuntella, presidente del PD Roma, al quale sarebbero stati portati dei voti. “Non ne sapevo nulla” – dice Giuntella ai microfoni di Radio Città Futura. “Il mio nome è uscito perché queste persone dicevano di avermi portato dei voti, pensando poi di poter controllare chi votavano, ma io non ne ho mai saputo nulla”. Abbiamo incontrato Giuntella in occasione di Factory365, la due giorni dei giovani democratici all’ex Mattatoio di Testaccio. E proprio da queste sue dichiarazioni siamo partiti.

Sono molti i nomi venuti fuori dall’inchiesta Mondo di Mezzo, per ora solo indagati a vario titolo. Tra i non indagati, anche lei, Giuntella, viene nominato nell’ambito di un’intercettazione. Il sistema di Mafia Capitale è come lo dipingono, oppure il circo mediatico sta ingigantendo la questione?
“Noi siamo certi che un sistema esistesse. La cosa che più ci ha fatto arrabbiare è questa: noi eravamo gli unici che sostenevano fino a due settimane fa il sindaco Marino, gli unici che si sono presi insulti, minacce e offese, sia privatamente che sui giornali, per aver difeso l’azione di rottura di Marino contro queste incrostazioni. Un sistema c’era, noi  ce ne accorgevamo. Non sapevamo che tratti avesse, perché non lo conoscevamo, ma sapevamo che arrivavamo sempre secondi, perché non avevamo i soldi, perché non avevamo i voti e le preferenze. Se qualcuno ha fatto degli accordi per portare dei voti a me o a Cosentino (Lionello Cosentino, ex segretario PD Roma, al suo posto è subentrato Matteo Orfini, già presidente PD nazionale, ndr), lo ha fatto immischiandosi con quella feccia, ed è giusto che paghi”.

Lei dice: “Ci accorgevamo che un sistema esisteva”. Da cosa ve ne accorgevate?
“Da quello che ho detto. Ma, ad esempio, noi abbiamo fatto una grande battaglia per portare una nostra amica, compagna di tante battaglie, che è Giulia Tempesta, in Consiglio Comunale, e abbiamo dovuto concentrare tutte le forze dei giovani di Roma per eleggere una sola consigliera su 48. Immaginatevi di ritrovarsi sempre, con il sistema delle preferenze, tanti che arrivano prima, tanti che vincono, tanti che hanno tanti più soldi, tanti che non si sa come e con risorse che non si sa da dove arrivano mettono in campo tanti mezzi. Questo è un problema non solo dovuto al sistema che si era creato, ma anche al finanziamento privato della politica, che porta a questo”.

In tutto questo marasma, il deputato Pd Roberto Morassut ha proposto di azzerare il tesseramento. Come giudica la sua posizione?
“Non sono d’accordo. Ad esempio, il circolo al quale io sono iscritto promuove buona politica; tra l’altro è lo stesso circolo di cui è stato segretario Matteo Orfini per due volte. Il mio circolo è uno dei tanti che a Roma funzionano. Ci sono circoli invece che erano solo sedi di alcune correnti. E io condivido che quei circoli vadano verificati e semmai chiusi. La Garanzia del partito di Roma se ne stava già occupando. Però, bisogna fare attenzione: alcuni che ora fanno le battaglie contro le correnti, avevano i loro circoli di corrente. Io direi: ringrazio Morassut per il suo parere, ma ora c’è bisogno di una nuova generazione”.

Non solo Morassut parla di circoli e tribù. Anche il ministro Madia ha portato all’attenzione questo tema.
“Il ministro Madia aveva ragione, ce lo dicemmo anche privatamente io e lei. Ha avuto ragione e personalmente ho denunciato molto spesso questo sistema. Quando ci chiedono dove eravamo, rilancio la domanda: ho fatto una denuncia contro le preferenze, ho fatto una denuncia contro le primarie aperte, l’ho scritto sull’Unità e sull’Huffington Post. E allora chiedo: dove erano i giornali allora?”.

A proposito del sindaco Marino, questo Comune va sciolto o no?
“Assolutamente no. Il sindaco Marino è il simbolo della lotta contro questo sistema. Sciogliere il Comune, mandare via il sindaco Marino, è il programma che avevano quei delinquenti. Quando il Movimento 5 Stelle dice che Marino se ne deve andare, fa esattamente quello che volevano quei delinquenti: mandare via Marino per ricominciare a fare i loro affari”.

Però resta uno scontento della popolazione romana nei confronti di questo sindaco.
“C’erano manifestazioni continue, il Campidoglio era continuamente assediato. Io vedo una grande opera nel tentare di costruire un malcontento nei confronti del sindaco, che francamente non ha senso. Ci sono dei problemi nella città e non dobbiamo negarcelo. Ma dire che il sindaco non se ne sia occupato e non abbia messo in campo delle soluzioni, lo trovo strumentale. Ci sono delle cose che vanno fatte meglio, per questo ora il sindaco sta cambiando la sua squadra e lo farà nella maniera migliore possibile, perché autonomamente”.

La vostra generazione di giovani democratici, cosa auspica per il futuro di Roma?
“Quello che è necessario è che si rompa definitivamente questo tappo. Io sulle pagine di un noto quotidiano capitolino sono stato definito come ‘il presidente junior che gioca mentre altri si occupano delle vere decisioni’. Questo è il livello del sistema: io ho 30 anni, non sono giovane, a 30 anni i Beatles si erano già sciolti. Ci considerano quelli che devono stare a giocare nel parco, mentre loro si occupano delle questioni importanti, del bilancio delle cose. Ma non è più così: questa città ha bisogno che la nuova generazione entri da protagonista, ha bisogno che certe vecchie facce si tolgano di mezzo, anche chi è stato protagonista nelle vecchie Giunte capitoline”.

@barbadilloit

@MartiBernardini

Martina Bernardini

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