“La destra è ormai morta, non si ripiglia manco con il defibrillatore”. Così Pietrangelo Buttafuoco rispondeva al suo intervistatore, nel corso della presentazione di “Buttanissima Sicilia” a Caffeina, lo scorso luglio.
Per qualche spettatore, quelle parole saranno sicuramente suonate come una bacchettata rivolta all’universo di centro-destra: Forza Italia, NCD e Fratelli d’Italia. In realtà, non era una bacchettata, ma un’amara constatazione: manca una destra in Italia, c’è poco da fare. Ci sono i richiami, costanti e alle volte un po’ retorici, ad Almirante e al mondo missino; ci sono le ricorrenze storiche del 10 Febbraio e della caduta del Muro di Berlino che compattono, per ventiquattrore, un microcosmo quotidianamente frammentato e in guerra. Manca però la volontà di scegliere di definirsi, nel nome e nei programmi, di destra.
Dalla Lega Nord arriva la proposta di Salvini a Fratelli d’Italia: un Front National italiano che, come quello francese, sia capace di convogliare ampi consensi anche da sinistra.
In Gioventù nazionale (giovanile di FdI) più delle parole parlano i contenuti: Evola, Brasillach, Romualdi, Junger (intellettuali certo non ascrivibili all’ambiente moderato) restano riferimenti culturali saldi. Senza contare, in politica estera, la sintonia con i governi di Putin e di Assad.
Forse, più che morta, la destra è solo in dormiveglia. Ma Fratelli d’Italia non risponde, osservando con diffidenza i secessionisti diventati nazionalisti. E non accorgendosi che la distanza con la propria base rischia di allargarsi, proprio sulla questione identità.
Sufficit animus? No, “sufficit sbrigarsi” a meno che, fermi nell’ attendismo, non si voglia restare a guardare la LN fagocitare tessere, consensi e un’eredità politica che non è un marchio registrato di proprietà degli ex AN, perché l’identità è un bene collettivo, non di una fondazione.