Soltanto uno scrittore tutto provocatoria creatività e geniale scorrettezza come Pietrangelo Buttafuoco poteva innalzare un monumento di pietas meditata e dolente al superbo dèmone nazi Hermann Göring e alla sua adorata prima moglie, la baronessa svedese Carin von Fock, bionda dea ariana all’ombra della svastika (“I cinque funerali della Signora Göring”, Mondadori, pp. 180, euro 18).
Va detto che la materia c’è. Ed è tutta palpiti romantici e decadenti, a partire dalla passeggiata dell’Autore tra le rovine del Carinhall, a suo tempo splendida villa fatta costruire da Göring in memoria della dolce sposa, prematuramente scomparsa. Anche i pensieri camminano con te, dicevano gli antichi, insieme a suggestioni e ad evocazioni. E Buttafuoco intreccia storia e immaginario per esplorare e risalire le contrade del tempo.
1920, Svezia. In una tempestosa notte di neve, Hermann Göring, già eroico aviatore nella squadriglia del Barone Rosso e adesso, negli accidentati scenari del dopoguerra costretto a fare il pilota su aerei merci e da noleggio; Hermann Göring, dicevamo, è accolto nell’augusta dimora della famiglia von Fock. È un freddo terribile, ma gli amorosi fuochi divampano come in ogni vicenda d’amore che si rispetti. Ed è amore a prima vista, incontenibile e invincibile, quello che lega lo spavaldo eroe alla incantevole Carin. Lei è sposata ed ha un figlio, ma Hermann, da subito, è il suo conquistatore. E lei una preda ben felice di esserlo. E poi è difficile dire chi tra i due domina e chi è dominato. Il fatto è che non possono fare a meno l’uno dell’altra. Fuggono, sfidando, sul biplano di Hermann, il cielo carico di neve nonché il carico delle convenzioni e dei pettegolezzi. Non sarà una vita facile quella che li attende. La Germania sconfitta, l’eroe che alla sua donna può offrire solo un misto di miserie presenti e speranze future, lei che non dubita mai di aver scelto quello che doveva scegliere perché è accanto al suo Hermann che ha scoperto il senso della vita…
Già, ma qual è? Una reciproca consacrazione. L’adorazione e la venerazione. Intatte, anche quando sono costretti ad un lungo esilio dal suolo germanico. Hermann e Carin non disperano. Nell’attesa che all’intorno qualcosa cambi, che l'”immaginario” erotico ed eroico che è il sale della loro vita riesca ad aggredire la storia e a trasformarla. Ed è quello che accade. Venture e sventure si alternano nell’ascesa di Adolf Hitler, il Führer di cui Hermann è diventato ardente sostenitore. Il trionfo della svastika è nell’aria. Mentre la nostra coppia comincia ad esser circonconfusa da un alone leggendario: la dea e l’eroe “esemplari” nello scenario della resurrezione tedesca.
La dea, però, è gravemente malata e muore nell’ottobre del 1931. E l’eroe, sempre più grasso e flaccido, una sinistra caricatura dello spericolato aviatore d’un tempo, è anche morfinomane e soggetto a bruschi, violenti cambiamenti d’umore. E tuttavia il mito Carin resta intatto. Anzi, dopo la morte della bionda baronessa, acquista vitalità, nel crescendo di devozione nazionalpopolare all’icona ariana.
E i cinque funerali? Tutto fa parte del “destino” di Carin, nel tumulto delle vicende storiche e delle mille varianti umane e disumane: le cerimonie solenni all’insegna del “Blut un Boden” hitleriano e delle saghe nordiche, con Sigfridi e Walkirie, fate e guerrieri, dappertutto occhieggianti e, con la guerra, “la caduta degli dei”, le peripezie delle povere spoglie per sottrarle ai vincitori… Che non potranno esserlo a tutti gli effetti. Nessuno infatti potrà esercitare le sue vendette su quei miseri resti mortali e Carin avrà l’ultima dimora e l’estrema sepoltura in Svezia, nella cappella di famiglia. E Göring? Mai dimenticherà chi non poteva essere dimenticato. Nemmeno in mezzo alle rovine della Germania sconfitta. E nemmeno a Norimberga, il “maniaco sentimentale” gonfio di droga si uccide col cianuro poco prima che venga eseguita la sentenza di morte pronunciata contro di lui, “criminale di guerra”. (da Il Tempo)
*”I cinque funerali della Signora Göring”, Mondadori, pp. 180, euro 18