“Il barone non poteva capire: troppo legato a un’aristocrazia già appassita ben prima del Grande Disordine.
Per troppo tempo Laplace si era fatto trascinare dalle velleità, dalle false speranze negli esuli, dall’idea che ‘controrivoluzione’ equivalesse a ‘restaurazione’. Il tentativo fallito di liberare Luigi gli aveva aperto gli occhi, consegnandogli una certezza che non avrebbe più abbandonato. La controrivoluzione è a sua volta una rivoluzione, oppure non è nulla”
Parigi, 1793, mentre Luigi XVI si avvicina a “Madama Ghigliottina” per pagare il fio di essere stato troppo (o troppo poco) un sovrano, tra la folla festante che si è radunata intorno al patibolo, con l’intenzione di godersi lo spettacolo del “teatro nuovo” delle esecuzioni, si incrociano i destini di quattro personaggi. Un pantheon di figure a cui il collettivo dei Wu Ming, gli scrittori bolognesi pubblicati da Einaudi che fanno fiamme e fuoco nelle classifiche di vendita e durante le presentazioni nei centri sociali, useranno come osservatori privilegiati nel loro ultimo romanzo: “L’armata dei sonnambuli”.
I quattro protagonisti, diversi tra loro per scopi e origini e calati sul campo di una grande storia per recitare ruoli che solo all’inizio possono apparire marginali, attraverseranno un lasso di tempo che va dal terrore giacobino al terrore bianco dei “moderati”: fra di loro c’è Léo Modonnet, attore italiano in cerca di un successo che il teatro non può dargli. Marie Nozière, volitiva piantagrane rivoluzionaria del foborgo di Saint-Antoine (il foborgo dei piantagrane peggiori), madre del piccolo Bastien e amata dal non corrisposto sbirro dei poveracci, Treignac. C’è il dottor Orphée d’Amblanc, medico mesmerista, padrone di una tecnica curativa che facendo leva sui fluidi del corpo finisce per anticipare gli effetti dell’ipnotismo. Infine, avvolto in un mantello nero, la nemesi di tutti loro, l’antagonista: Nero, il cittadino Laplace, il Cavaliere d’Yvers, con un nome diverso a seconda che lo si trovi in piazza nel tentativo di far insorgere la folla e salvare il Capeto, in un ospedale psichiatrico, nascosto tra i pazienti per affinare le sue doti di mesmerista o nei suoi panni ufficiali di nobile di spada.
Le vicende che si alternano lungo le quasi 800 pagine sono molte e percorrono sentieri che andranno ad unirsi solo alla fine. Léo Modonnet, attore bolognese spiantato e costretto a vivere sotto i ponti a causa di un’interdizione dai teatri, affronterà il tema della grande farsa rivoluzionaria. Vista l’impossibilità di esibirsi sulla scena, sceglierà come nuovo palco quello della Rivoluzione. Calata la maschera di Scaramouche, personaggio della commedia dell’arte, correrà sui tetti per punire gli accaparratori (commercianti disonesti che nascondono le derrate alimentari) e poi, nella seconda parte del libro, per combattere contro la jeunesse dorée degli Incroyables, meglio noti come i muschiatini. Giovani del ceto medio impoverito, diventati bacino squadrista al soldo della controrivoluzione. La sarta Marie Nozière dovrà, invece, scontrarsi con i preconcetti che nutre anche la plebe rivoluzionaria e che impediscono a una donna di raggiungere la piena parità che sulle barricate è concessa agli uomini. Per il mesmerista Orphée d’Amblanc il compito sarà forse il più arduo. Spedito in Alvernia per verificare possibili focolai controrivoluzionari, finirà per scoprire che la tecnica da lui utilizzate per guarire le persone, nelle mani di altri esperti (come il Cavaliere d’Yvers) può diventare uno strumento ipnotico coercitivo capace di generare automi privi di volontà. Il libro, come tutti i libri dei Wu Ming, sceglie il passato per parlare del presente. Il popolo che aveva fatto la rivoluzione, morti i suoi paladini, dovrà sopravvivere alla risacca. I “moderati”, nemici dei giacobini, continueranno a usare un gergo rivoluzionario per schiacciare i vecchi alleati e consolidare il potere. Per fare ciò non esiteranno nemmeno ad allearsi con i realisti.
Per un lettore di sinistra
Se si è di sinistra (in parte) vale la pena leggere questo libro. Vale la pena se si vuole essere tranquillizzati sul fatto che la reazione nelle masse, di per sé, possa essere inoculata solo attraverso l’ipnosi e grazie a una predisposizione del popolino agricolo, dettata dall’ignoranza (il popolino cittadino ne è invece immune). Vale se si vuol sentire che i muschiatini, i giovani del ceto medio impoverito che picchiano i deboli e assaltano i foborghi proletari perché vogliono annichilire la proletarizzazione incipiente che vedono in loro stessi, ad altro non rispondono che al naturale processo di formazione dei fascisti. Oppure, vale anche se si vuole assistere a una caccia all’evasore fiscale ante litteram, rappresentata dalla guerra mossa agli accaparratori, i bottegai disonesti che tolgono alla comunità per tenere per loro. Prima, però, si diceva che la lettura del romanzo è consigliata a un lettore di sinistra soltanto “in parte”. Il motivo è che, addirittura nel loro immaginario, i Wu Ming non ci riescono proprio a raccontare una storia rivoluzionaria che finisca (nel momento in cui va ancora) bene. I loro romanzi sono guide di sopravvivenza per una generazione di sconfitti. Questo, alla lunga, può diventare frustrante.
Per un lettore di destra
In questo caso la lettura è vivamente consigliata. In primo luogo perché può diventare un divertente esercizio che spinge a intravedere la fonte d’ispirazione dei personaggi (chi è il Cavaliere d’Yvers quanto riflette sul fatto che “Per poter essere sconfitta, la rivoluzione andava resa irreversibile. Ogni illusione sulla possibilità di restaurare il vecchio regime doveva dissiparsi. Solo così sarebbe nato l’Ordine Nuovo, ossia quello veramente antico, quando ogni tendenza sarebbe finalmente giunta ai confini del possibile e, respinta dall’invisibile barriera eretta da Dio, si sarebbe capovolta all’indietro”, se non Franco Freda? E chi sono i muschiatini, giovani alla moda che stanno tutto il giorno al bar e a menare i “compagni” se non i sanbabilini?) e in secondo luogo perché, sempre riguardo al Cavaliere, difficilmente vi capiterà di trovare uno scrittore di destra così capace di capire un personaggio di sinistra. Che lo abbia studiato tanto approfonditamente che, tolti gli ovvi attributi negativi che i Wu Ming dosano sapientemente per renderlo quanto meno indigesto, lasci intravedere i suoi intenti di fondo, le sue aspirazioni, la sua visione del mondo.
@barbadilloit