16 ottobre 1959. Falso attentato a François Mitterand passato alla storia come l’Attentat de l’Observatoire, ovvero: il più pulito c’ha la rogna. Un deputato della destra gaullista, l’ex resistente Robert Pesquet, con l’intento di mettere in difficoltà e far perdere consensi al leader della sinistra, futuro Presidente della République, François Mitterand, gli propose di organizzare un falso attentato contro di lui.
Mitterand accettò entusiasticamente l’idea della messa in scena con l’intenzione – così gli era stata presentata – di farsi pubblicità e accrescere i consensi sulla sua persona.
Fu così che la sera del 15 ottobre, dopo aver cenato in uno dei locali più noti di Parigi, la Brasserie Lipp sul boulevard Saint-Germain cuore del Quartiere Latino, poco dopo la mezzanotte l’allora ex ministro della Giustizia e dell’Interno Mitterand, si avviò verso la sua residenza in rue de Guynemer.
Nella narrazione che fece il giorno dopo, disse che si era accorto che un’auto lo stava seguendo e quindi, con astuzia e rapidità, era sceso dalla sua vettura all’altezza del Jardin de l’Observatoire (che darà il nome alla vicenda: “l’Affaire de l’Observatoire”), si sarebbe nascosto dietro a dei cespugli proprio un attimo prima che la sua Peugeot 403 fosse crivellata di colpi da raffiche di mitra.
Una narrazione che sortì immediatamente l’effetto desiderato (da Mitterand che non immaginava di esser caduto in una trappola): la notizia guadagnò la prima pagina di tutti i giornali e iniziò subito la caccia agli attentatori con indagini in un’unica direzione: l’estrema destra dei combattenti per l’Algerie française contro i quali si scatenò immediatamente la repressione poliziesca con perquisizioni e fermi. Insomma, i soliti agnelli sacrificali.
Soddisfatto dei ritorni politici di consenso, simpatia e solidarietà, causati dalla messa in scena, Mitterand dormì sonni tranquilli, ma solo per pochi giorni.
Poco meno di una settimana; il tempo di trovare nelle edicole il nuovo numero del giornale dell’estrema destra “Rivarol” che uscì con le clamorose confessioni-rivelazioni dell’ex partigiano Robert Pesquet, l’ideatore del falso attentato e della vera trappola.
A “Rivarol”, Pesquet rivelò tutto – o forse quasi – nomi degli attentatori e di chi aveva procurato le armi ma soprattutto che il falso attentato era stato commissionato da Mitterand in persona.
Sputtanamento clamoroso e avvio dell’inchiesta giudiziaria che portò all’arresto di Pesquet e dei complici e all’incriminazione di Mitterand protetto però dall’immunità parlamentare (era senatore in quel momento). La vicenda giudiziaria che ne seguì fu molto più complicata della descrizione fatta in questa breve nota, ma il succo rimase questo.
Qualche anno dopo una amnistia azzerò tutto e Mitterand nel 1981 sarà anche eletto Presidente della Repubblica e lo resterà per oltre un decennio.
Curioso personaggio questo Mitterand, per certi versi un po’ come il Matteino Renzie, ambedue a capo della sinistra ma ambedue uomini di destra, il secondo poi, parrebbe di quella peggiore, almeno quella di Mitterand era una destra dotata di un bagaglio ideologico-culturale, mica quella berlusconiana, tutta “letterine” e vane promesse, “chiacchiere e distintivo” per citare un noto film.
Nel passato di Mitterand c’era stata la giovanile formazione monarchica (non c’è male per un futuro Presidente della Repubblica!) nell’ideologia dell’Action française, poi una forte vicinanza alla Cagoule, il movimento terrorista responsabile tra l’altro dell’assassinio dei fratelli Rosselli; nella Francia di Vichy del 1942 era stato collaboratore di “France, revue de l’Etat Nouveu”, diretta da Gabriel Jeantet, appunto un ex cagoulard che in precedenza era stato capo degli studenti dell’Action Française; negli anni ’30 era stato anche direttore di una rivista frivola, “Votre Beauté”, pubblicata dal Gruppo industriale dell’Oréal, azienda di proprietà di Eugéne Schueller, membro e finanziatore della Cagaoule, appunto!
Un ambiente, quello dei cagoulards, che doveva essergli davvero caro se, una volta divenuto ministro della IV Repubblica si occupò subito del dossier di un ex cagoulard, l’ing. François Méténier condannato alla Liberazione, riuscendo a farlo liberare e nel 1955 sarà presente ai suoi funerali. Un comportamento di fedeltà alle amicizie che, diciamolo chiaramente, gli fece onore.
Il fatto pubblico più eclatante era avvenuto nel 1943 quando il Capo dello Stato Pétain in persona lo aveva premiato con la Francisque, la decorazione più importante per i fedeli di Vichy. Nel dopoguerra con i suoi compagni socialisti si giustificò sostenendo di aver fatto il doppio gioco, in realtà sarebbe stato nella Resistenza. Ipotesi di doppiezza possibile vista la sua giovanile educazione in un collegio di Gesuiti.
Che fosse uomo in grado di gestire contemporaneamente situazioni diverse lo conferma il fatto della doppia famiglia, la seconda con relativa figlia Mazarine, tenuta abilmente nascosta fino quasi alla sua morte soprattutto grazie alla rete di protezione dei servizi segreti, mica come quel bischero del Berlusca che si portava le ragazzine in casa con i registratori e le macchine fotografiche e non si preoccupava se i suoi ospiti in villa fossero tranquillamente fotografati nudi dai dintorni.
Ma restiamo al molto più serio Mitterand, ed evitiamo però di avventurarci nei complessi rapporti con Renè Bousquet. Lo citiamo appena, questo personaggio. Mai tradito da Mitterand, l’ex alto funzionario della Polizia a Vichy accusato di “crimini contro l’umanità” e assassinato per strada a Parigi nel giugno 1993. Un’altra lunga ed oscura vicenda.
Restando invece nel periodo temporale dell’Affaire de l’Observtoire, all’inizio del dramma della decolonizzazione in Algeria, nel 1958, Mitterand era dalla parte di chi voleva che il territorio d’Oltremare restasse parte della Francia, come la maggior parte dei francesi (di destra e anche di una parte della sinistra), come di una larga parte di musulmani, di forse la totalità degli ebrei e di quasi tutti gli europei d’Algeria. Poi saltò il fosso e si schierò con l’altra parte.
Per carità, è lecito cambiare opinione politica, del resto, non era successo negli stessi anni che addirittura il capo della Resistenza francese durante la Seconda guerra mondiale, Georges Bidault e molti dei suoi più in vista, come l’etnologo Jacques Soustelle, si erano ritrovati nel campo “fascista” dell’OAS e dei combattenti per l’Algeria francese? Accusati essi stessi di essere fascisti?
Però, nella biografia di Mitterand vanno doverosamente citati – non omessi – anche quei lontani passaggi, come quando nel 1942 dette le dimissioni dal suo lavoro di scribacchino in un ufficio della Légion française des combattants, stampella della Rivoluzione nazionale di Pétain, perché “si sentiva inutile”e invece, con spirito nazional-rivoluzionario e desiderio di “far politica” scriveva lettere valutando l’ipotesi di entrare nel SOL, il Service d’Ordre Légionnaire di Joseph Darnand, nucleo iniziale di quella Milice impegnata nella lotta al maquis.
Una vita, quella di Mitterand nella quale – diciamocelo – l’episodio dell’attentato su commissione….. ci sta proprio bene!
@barbadilloit