“Non avere opposizioni cui rendere conto o con le quali fare i conti è il sogno segreto di tutti i capi politici, ma è l’incubo reale di ogni democrazia che aspiri ad una minima normalità”: Alessandro Campi, politologo dell’Università di Perugia, con un editoriale su Il Messaggero, ha evidenziato come l’Italia viva l’anomalia di un esecutivo guidato da Matteo Renzi che non è contrastato da una vera opposizione parlamentare e sociale.
Il rischio paventato da Campi è quello di un crescente disinteresse del popolo per la politica unito alla parcellizzazione delle rivendicazioni di opposizioni dalla proposta mono o bitematica: “Il pericolo qual è, se questo è lo scenario? Mancando un’opposizione in senso politico-parlamentare, perché finta e di facciata o perché radicale e assoluta, tale da non configurare, in ogni caso, un’alternativa plausibile o auspicabile, i cittadini o si alienano definitivamente dalla politica (divenendo, per così dire, oppositori esistenziali dello Stato e delle sue istituzioni) o danno vita a proprie forme di opposizione e dissenso, che per il fatto di essere frammentate e disperse, monotematiche e parziali, non possono che contribuire ancora di più alla frammentazione del tessuto sociale e istituzionale, oltre a risultare anch’esse improduttive a livello generale”.
“Dura e radicale – scrive Campi – è invece l’opposizione dei grillini. Ma a tal punto da risultare quasi inutile. (…) Grillo e i suoi hanno deciso di ripresentarsi come una forza antisistema a tutto tondo. (…) Lega e Fratelli d’Italia sono la destra radicale che si sta riorganizzando su basi nuove, dopo che è fallito ogni tentativo di costruirne una moderata e liberale. Ha una leadership giovane (Salvini, Meloni), ma idee e tic ideologici vecchi: la xenofobia, il nazionalismo (padano o italiano poco importa), l’uso strumentale di valori religiosi, la battaglia del sangue contro l’oro, ecc. Quanto basta per sopravvivere e magari guadagnare consensi in un’epoca di grandi paure sociali, quando basta, al tempo stesso, per condannarsi ad una perpetua marginalità. E dire che questa stessa destra è stata al governo del Paese per alcuni anni!”.
L’analisi di Campi è, però, troppo tranchant nei confronti delle opposizioni parlamentari al renzismo, catalogate con l’aggettivo “radicali”, definizione che connota forze spesso tendenti all’extraparlamentarismo. Non è il caso di Fratelli d’Italia e della Lega: il primo movimento è guidato da due ex ministri della Repubblica, Meloni e La Russa, mentre il secondo ha tra le proprie fila, oltre a tanti ex ministri, gli attuali governatori di regioni del Nord (Zaia e Maroni).
Incasellare Lega e Fdi in un generico radicalismo (dimenticando che in Europa i movimenti di destra populista differiscono da territorio a territorio) – pur con tante e troppe forzature sui temi legati all’immigrazione – relega alla marginalità forze politiche reali, presenti nel paese, che invece potrebbero predisporre una proposta organica di governo in un eventuale fronte o cartello elettorale anti-sinistra.