Ha marciato (in camper) su Roma. Ha occupato la piazza “rossa”, ossia San Giovanni. E lo ha fatto al grido – giustizialista sì ma dal retroterra immaginario tutto missino – di «arrendetevi tutti». Come se non bastasse, non ha permesso l’ingresso nel retropalco ai giornalisti italiani (diciamo meglio, quelli dei quotidiani cartacei sponsorizzati dai maggiori gruppi editoriali-finanziari) e nel suo intervento ha lanciato una serie di proclami tra i quali la nazionalizzazione delle banche e la difesa del lavoro degli italiani svolto in Italia. Basterebbe questo mix tra guasconeria e invettiva sovranista per dire (e in molti, a dire il vero, lo stanno facendo): «Abbiamo un camerata». Calma.
Certo, Beppe Grillo è molto attento alla carica simbolica delle sue azioni. Sapeva benissimo che quello che ha chiamato a raduno, per chiudere una campagna elettorale dal sapore vitalista, doveva essere un popolo sospinto dal richiamo della storia. Quella con la “S” maiuscola. Non solo. Grillo ha sviluppato nel tempo un rapporto mistico con le piazze reali molto più sentito di quello con i luoghi virtuali. Piazze sulle quali fisicamente plana a bordo di un piccolo gommone. Con le quali salta, balla. Diciamolo: Grillo le piazze le seduce e le porta a sé. Di fatto, il comico è un allievo del ‘900. Dell’oratoria muscolare figlia di D’Annunzio e sviluppata da Benito Mussolini. E che cos’è stata, poi, la traversata a nuoto dello Stretto di Messina se non la dimostrazione della volontà di potenza di un uomo solo al comando? Un uomo, poi, che si pone al di là delle stesse regole che ha creato?
Insomma, Grillo, intelligentemente, ha compreso che c’è uno spazio da aggredire nel sentimento più represso degli italiani. Quale? Quello di affidarsi anima e corpo a un capopopolo che – a differenza della classica retorica marxista del conflitto e della più recente favoletta liberale berlusconiana – dica come ieri ha esclamato: «Siamo una comunità». Una volontà, questa di riscoprirsi popolo, che, grazie anche alla crisi economica, oggi riesce a essere trasversale a ogni schieramento. Proprio per questo in molti – a destra – vedono nel comico genovese la possibilità reale di bypassare il concetto asfittico di destra-sinistra. Se non addirittura quella di innescare una vera e propria ribellione.
Tutto suggestivo. Ma, con tutta probabilità, non sarà affatto così. Al di là del risultato elettorale del Movimento Cinque Stelle – che sarà importante, creerà un effetto choc – saranno i suoi stessi “dirigenti” i primi a deludere, risucchiati presto, come saranno, nel vortice dell’Aula o attirati dal richiamo della foresta dei rispettivi schieramenti di provenienza. Non sarà così anche perché gran parte dei simpatizzanti del movimento di Grillo sono culturalmente liquidi, quasi gassosi. E lo sono di più politicamente. Basti pensare che, per il momento, convive al suo interno tutto il popolo del “no” (dai NoTav in poi) assieme a chi crede nella crescita economica (come si attua senza infrastrutture?). Ovviamente, per non farsi mancare nulla, grillini sono anche coloro che credono nella decrescita. Così come quelli che vogliono aprire le frontiere e, allo stesso tempo, quelli che invece vogliono i dazi.
Da Grillo, dunque, ognuno sta prendendo ciò che serve. Lo ha capito la stessa sinistra più o meno extraparlamentare che sta attuando un tentativo di “opa” all’interno del movimento: perché ha riconosciuto che il comico è più strutturato rispetto ai vari girotondi, indignados e popolo viola. E lui, il leader, che fa? Intelligentemente ha compreso che il meccanismo funziona per sé ma anche (e questo è il dato più incoraggiante della sua esperienza) all’aggiornamento dell’agenda della politica: perché l’offerta dei partiti maggioritari non è tarata su questa nuova richiesta. E sull’ambiguità (voluta e cercata) della sua creatura Grillo continuerà a giocare, a monetizzare. Finché si arriverà al redde rationem, quando un “clic partecipato” su un disegno di legge li ingesserà a vicenda. Per il momento, però, vedere le facce terrorizzate del trio della meraviglie – Berlusconi, Bersani e Monti – ammettiamolo, non ha prezzo…