La Lega Nord c’ha preso gusto a scavalcare le recinzioni diplomatiche. Matteo Salvini se ne va in giro per la Russia dello Zar Putin e rilancia, proprio dalla Federazione, l’allarme: se la guerra commerciale tra Ue e Russia non finirà presto, saranno le aziende italiane e rimetterci la pelle dato che – come riporta La Padania nell’edizione online – “la Germania, zitta zitta, conquista appalti milionari e si rifornisce di gas attraverso il condotto baltico mentre l’Italia rischia di rimanere al secco e al gelo”.
Accanto alle preoccupazioni commerciali e industriali, però, Salvini – che intanto è sbarcato anche in Crimea – rilancia la polemica sull’annessione della regione alla Federazione russa. Durante l’incontro avuto con il ministro russo Oleg Savelyev, delegato proprio alla regione che ha deciso di ritornare sotto l’insegna del tricolore russo, i rappresentanti della Lega hanno ribadito il loro appoggio sottolineando che “l’autodeterminazione è un diritto di tutti” anche se la comunità internazionale sembra volerlo concedere soltanto a targhe alterne, dal Quebec alla Scozia passando per il paradosso Kosovo e, in queste settimane, per Catalogna e Crimea. «il popolo ha scelto al 95% di unirsi alla Russia. Le scelte del popolo vanno rispettate sempre, in Crimea, in Scozia, in Catalogna, in Veneto», ha detto Salvini a margine degli incontri istituzionali.
Ma il core business del viaggio di Salvini in Russia è, e rimane, la difesa delle aziende italiane trasformate in carne da cannone nella guerra tra Usa e Russia. Il leader del Carroccio ha incontrato imprenditori e rappresentanti di categoria che hanno tratteggiato una situazione al limite, per le aziende italiane che operano nel mercato dell’Est. Dai colossi, come l’Eni, fino alle imprese agricole a vocazione familiare, la sostanziale chiusura delle frontiere commerciali tra l’Europa e la Russia, oltre a dividere il Vecchio Continente, sta causando la perdita di commesse, guadagni e, di conseguenza, licenziamenti e chiusure.
Giorni fa, era stato Luca Zaia, governatore del Veneto, a suonare la carica: “L’embargo alla Russia ci costa quasi 500 milioni di euro. I rapporti con Mosca rappresentano circa il 10% del nostro Pil e noi vogliamo continuare a mantenere buoni rapporti con i nostri partner commerciali”.
La visita di Salvini, organizzata dalla Lega insieme ai rappresentanti dell’associazione Lombardia-Russia che si occupa proprio di incentivare l’amicizia e la collaborazione tra il territorio meneghino (e l’Italia) con la terra degli Zar, rischia inoltre di creare un processo virtuoso per la causa leghista. Il segretario federale, al di là delle parole d’ordine, degli slogan e delle provocazioni, sta tessendo una fitta rete di rapporti con vasti strati dei settori produttivi. E se le piccole imprese, storicamente, rappresentano il serbatoio di voti per eccellenza delle camicie verdi, il viaggio russo di Salvini potrebbe aprire alla Lega le porte del dialogo con i colossi industriali italiani che, nello scacchiere politico e commerciale mondiale, contano sempre di meno a causa della frustrante debolezza internazionale di Roma, pronta – e il governo Renzi, in barba alle promesse, non è assolutamente da meno – sempre e comunque ad avallare ogni decisione degli Stati Uniti e dell’Ue, la cui imperiosa politica estera, giorno dopo giorno, sembra una celebre massima di Pulcinella: “Armiamoci, e partite”.