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L’intervista. Veneziani: “Non è la moneta a fare l’Europa”

by Emanuele Ricucci
10 Ottobre 2014
in Le interviste
0

Marcello_VenezianiMarcello Veneziani, di che salute gode l’Europa, soprattutto alla luce dei fatti che coinvolgono l’asse Russia-Ucraina-Usa, tra sanzioni ed affari, all’alba di quella che potrebbe essere, il condizionale è d’obbligo, una nuova, possibile guerra fredda?

L’Europa non ha una visione strategica del mondo e procede tra cieche convenienze di corto respiro o interessi finanziari che prescindono da interessi popolari, egoismi ed egemonie nazionali che danneggiano altri paesi europei… Lo si vide con la primavera araba, con le crisi in medio oriente, con l’immigrazione, lo si vede con la Russia…

Dai Baschi ai Catalani, dai Bretoni alla Corsica, dai Tirolesi ai Veneti, passando per la Sardegna, dai Fiamminghi alla Scozia, ultima in ordine cronologico ed altri. Si sogna una nuova nazione nella  nazione, incastonata, a sua volta, in una sovranazionalità sempre maggiore ed in una sovranità propria, sempre più assottigliata e ristretta.  Sono segnali che l’Europa deve cogliere o rimangono capricci secessionisti con il miraggio del ritorno a proprie visioni economiche e proprie regole, ad una autodeterminazione pura?

Reputo importante la difesa delle identità e delle comunità locali e nazionali ma non riesco a vederle che all’interno di un sistema di cerchi concentrici in cui la patria locale ‘ dentro la patria regionale, che è dentro la patria nazionale, che è dentro la patria europea… E’ assurdo sognare lo smembramento, in forma di secessione, non porta da nessuna parte e rende ancora più fragile la difesa dai nemici interni e dai poteri multinazionali interni.

Si può parlare ancora di Europa Nazione o stiamo transitando verso la fine degli stati nazionali immaginati e concretizzatisi negli ultimi due secoli?

L’Europa nazione era il sogno della gioventù nazionale e rivoluzionaria di destra ma non è mai stato il progetto europeo; come l’Europa delle patrie sognata da de Gaulle… Ma il fallimento politico, culturale e popolare dell’Europa è la dimostrazione che la strada seguita era sbagliata, non è l’economia, non è la moneta che può fare l’Europa…

Dove corre l’Europa, verso un blocco completo, compatto, definitivo o ad un ritorno verso il suo medioevo costellato di stati, regni e granducati? A suo avviso, potrebbe configurarsi questa possibilità?

Sono possibili più esiti, ma allo stato attuale non mi sembra probabile l’autoscioglimento dell’Europa. Il problema è fare un deciso passo avanti o un deciso passo indietro e non restare in mezzo al guado: ovvero o nasce un’Europa politica, unita sul piano militare e strategico, capace di una sua politica estera e in grado di fronteggiare la colonizzazione finanziaria, la concorrenza asiatica e l’immigrazione selvaggia, oppure meglio tornare alle realtà nazionali.

Patrick Buchanan, uno dei padri del paleoconservatorismo americano, di per sé molto affine al nazional-conservatorismo europeo, afferma in suo recente articolo:” La decomposizione delle nazioni della vecchia Europa è il trionfo del tribalismo sul transnazionalismo. Il richiamo del sangue, la storia, la fede, la cultura e la memoria sta vincendo la lotta contro l’economismo, l’ideologia materialista occidentale che sostiene che il desiderio di denaro e delle cose è ciò che motiva in definitiva l’umanità”. E’ d’accordo con Buchanan?

Non ha torto Buchanan. Quando si trascurano i bisogni spirituali, simbolici e ideali di un popolo da un verso si lascia incontrastato il dominio del materialismo e dall’altro si eccita una reazione selvaggia, un’esplosione incontrollata di sentimenti repressi che poi dà luogo a forme radicali, estreme e fanatiche

Su questa base, potrebbe iniziare a montare un sentimento ed una volontà di frazionamento auto protettivo delle identità e delle culture, di restaurazione dei dettami originari, seppur ammodernati, delle colonne su cui si fondano le civiltà europee? Che si inizi ad essere fieri, in questo grande Villaggio Globale, di essere o tornare ad essere una minoranza che salvaguarda se stessa ed interpreta l’avvenire  secondo i propri schemi, le proprie peculiarità, le proprie visioni?

La difesa delle identità non va però concepita come una chiusura a contesti più ampi. Bisogna saper progettare l’idea di una comunità aperta, cioè legata alle proprie radici, identità e tradizioni ma non chiusa al mondo e alle diversità, reclusa e ostile rispetto a ogni altra differenza.

Datosi che la sovranità di un popolo nella sua terra costituisce base fondante per la definizione stessa di “stato-nazione”, lo spirito sovranazionale Europeo, sempre più stringente, che si manifesta nelle strutture e nelle scelte politiche ed ancor più in quelle economiche, potrebbe contribuire al frazionamento nazionale del Vecchio Continente?

Io non vedo “lo spirito sovranazionale europeo”, vedo poteri sovranazionali che nel nome astratto dell’Europa e del mercato, mortificano le realtà locali e nazionali e in questo mondo rischiano di alimentare frustrazioni fino a provocare reazioni imprevedibili…

Qquale indirizzo dovrebbe seguire, sempre su questa scia di considerazioni, la contemporanea destra Europea? Seguire una linea di tutela “tradizionale”, quindi sostenere un blocco Europeo fondato su dettami culturali definiti, identitari, legati alle radici, alla memoria del Vecchio Continente o dovrebbe essere di rottura coi vecchi schemi, accogliendo di buon occhio questa decomposizione come vera ed innovativa forma di salvaguardia delle integrità culturali e nazionali?

Ribadisco quel che ho detto agli esordi, a proposito di un’Europa dei cerchi concentrici. La via da seguire è concepire l’Europa come una realtà sinfonica, armoniosa nelle sue differenze, che sappia integrare e non dis-integrare le patrie locali e nazionali in un’entità sovraordinata. Una specie di piramide che non cancella né deprime le sue basi ma che poi raggiunge la sua sintesi in alto. Diversità in basso, unità in alto. Un arcipelago di patrie che animano una civiltà.

@barbadilloit

Emanuele Ricucci

Emanuele Ricucci

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