Drastico provvedimento del Papa in favore della moralizzazione del clero. Il secondo nel giro di pochi giorni. Stavolta Francesco ha disposto lo spostamento dalla diocesi di Ciudad del Este in Paraguay di monsignor Rogelio Ricardo Livieres Plano. Per lui l’accusa è di malversazione e copertura di abusi sessuali commessi da preti della sua diocesi. Il bollettino della sala stampa vaticana non entra tuttavia nello specifico dei fatti contestati. «La gravosa decisione della Santa Sede, ponderata da serie ragioni pastorali, è ispirata – si legge – al bene maggiore dell’unità della Chiesa e alla comunione episcopale in Paraguay». Al momento la sede di Ciudad del Este resta vacante. Mentre al posto di Livieres arriverà monsignor Ricardo Jorge Valenzuela Rios, in qualità di amministratore apostolico.
L’ARRESTO DEL VESCOVO POLACCO
L’iniziativa diffusa stamani arriva a pochi giorni dall’arresto in Vaticano del diplomatico polacco monsignor Józef Wesołowski, sotto inchiesta «per gravi fatti di abusi a danni di minori». Il processo inizierà fra tre mesi. L’ex prelato, già ridotto allo stato laicale, rischia ora sette anni di reclusione. Il provvedimento restrittivo è stato emesso per scongiurare qualsiasi pericolo di fuga. Al momento, Wesoloswski è dentro l’area extraterritoriale ed è piantonato dagli uomini della Gendarmeria vaticana. «Il via all’arresto è venuto dal Papa: la misericordia non può lasciare che la malattia devasti tutto il corpo», sottolinea l’agenzia Sir. Repubblica, invece, lo ha definito un fatto «storico». Dopo quello del “corvo”, il maggiordomo che ha trafugato documenti sensibili dalla stanza di Benedetto XVI, è infatti la prima volta che il braccio secolare dello Stato che vede il Papa regnate torna in azione.
In fondo, che Francesco e i suoi predecessori, anche dopo la breccia di Porta Pia, siano all’interno dei confini vaticani dei sovrani assoluti, è un dettaglio che a molti pare anacronistico. Ce lo rammenta invece Francesco Clementi, docente di diritto pubblico comparato all’università di Perugia. Intervistato da VaticanInsaider, spiega infatti: «Lui è un sovrano assoluto che eroga giustizia». Una modalità di esercizio del potere tanto antica quanto “rivoluzionaria”: «Nello scandalo Ior, Giovanni Paolo II si regolò in maniera diversa con l’arcivescovo Marcinkus».
Insomma, se da un lato Francesco agisce in favore di un governo di comunione ecclesiale, allo stesso tempo però non dimentica i suoi diritti temporali.«Sì – continua Clementi – è una svolta che impressiona per forza, potenza e dimensione anche simbolica. Il Pontefice è monarca sulla Città del Vaticano. Francesco ha voluto dare un segno politico fortissimo. Su Wesolowsi, la giustizia vaticana aveva intrapreso un’indagine di tipo penale che nelle sue prime conclusioni ha destato profondo sconcerto nel Papa che nella veste di monarca ha esercitato fino in fondo le sue prerogative».