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Libri. Riemergono “Le serate di Pietroburgo” (Aragno ed.) classico del pensiero controrivoluzionario

by Giovanni Balducci
29 Settembre 2014
in Libri
0

“Le serate di San Pietroburgo, o Colloqui sul governo temporale della Provvidenza”*, capolavoro letterario di Joseph de Maistre, pubblicate postume nel 1821 sono state di recente riproposte sul mercato editoriale grazie all’opera dell’indipendente ma prestigiosa casa editrice Nino Aragno editore, da sempre contraddistintasi per la pregevole fattura delle sue edizioni, e la cura con cui segue ogni pubblicazione. Impreziosisce l’edizione l’eccellente introduzione di Alfredo Cattabiani, cattolico e uomo della Tradizione come il conte De Maistre, che aveva già introdotto l’opera nell’edizione Rusconi.

Scritto durante il soggiorno pietroburghese dell’autore, all’epoca ambasciatore del SerateDeMaistreregno di Sardegna presso la corte dello zar Alessandro I, Le serate costituiscono una vera e propria pietra miliare del pensiero controrivoluzionario e un’opera che rientra a pieno titolo tra i classici della Weltliteratur. In essa tre personaggi (un cavaliere francese emigrato in seguito alla Rivoluzione, un senatore russo di religione ortodossa che rappresenta l’animo esoterico dell’autore, e un conte, che ne rappresenta l’animo cattolico) discutono, nella splendida cornice delle “notti bianche” pietroburghesi, dei più svariati temi relativi al senso della vita, della morte e della storia, oltre che del bene e del male e delle loro conseguenze, alternando nel loro discorso storia e filosofia, politica e teologia, scienza e letteratura, inserite in un’armonica visione del mondo fondata sulla fede nella Provvidenza che opera nella storia e che irride i principi del pensiero rivoluzionario e dell’età dei Lumi.

Nell’opera, meditata come poche, si avverte un attento scavo psicologico da parte dell’autore, oltre che una profonda conoscenza dei moti dell’animo umano che anticipano largamente alcune intuizioni della psicologia. Avrà a scrivere il De Maistre: «…senza dubbio, l’uomo inganna se stesso, si lascia frodare da se stesso; egli considera i sofismi del suo cuore, naturalmente ribelle (purtroppo non vi è nulla di più indiscutibile), come dubbi reali nati dal suo intelletto», e ancora: «Le idee si legano le une alle altre come anelli di una catena e l’immaginazione interrompe continuamente la ragione».

Le serate si presentano suddivise in undici colloqui fra i tre personaggi: nel primo colloquio, la discussione ha inizio casualmente mentre i tre amici attraversano su un battello la Neva. Nel dialogo il Conte cerca di dimostrare che non è vera la comune credenza secondo cui le brave persone sarebbero in questa vita sfortunate mentre ai malfattori vada tutto per il meglio. Altresì, profondamente convinto che nulla avvenga per caso, neanche l’accanirsi delle malattie sull’uomo, il Conte dimostra che è il peccato ad aver aperto le porte al male nel mondo: «Nessuna malattia può avere una causa materiale», De Maistre ne è certo. Sono gli eccessi che corrompono l’uomo e lo rendono soggetto ad ogni sorta di male: «la tavola uccide più che la guerra», per non parlare di quella «perfida arte di provocare un appetito artificiale che uccide», eh se la nostra civiltà consumista si fermasse a riflettere su queste parole! È proprio in questo primo colloquio che ha luogo il famoso “elogio del boia”, ossia di colui che è presentato come l’esecutore imparziale della giustizia divina.

Nel secondo colloquio si parla del peccato originale e dell’origine del linguaggio, ritenuto sulla scorta di Platone e della Rivelazione, come di origini non semplicemente umane. Infatti il De Maistre metterà in rilievo come le lingue antiche presentassero un ben più alto grado di essenzialità, di organicità e di logicità rispetto alle moderne, facendo presentire un principio formativo nascosto sovrannaturale, specie quando nelle stesse lingue antiche o “selvagge” figurano frammenti evidenti di lingue ancor più remote distrutte o dimenticate. Segue il terzo colloquio, che si costituisce come un dibattito sull’origine del dolore e della malattia ritenuti castighi divini per disordini nell’ambito morale.

Nel quarto colloquio si parla ancora del castigo divino e dell’importanza della preghiera. Si critica Voltaire, padre del dubbio, ritenuto colpevole di aver adoperato l’ingegno donatogli da Dio contro il Creatore stesso. Nel quinto colloquio, più marcatamente scientifico, si discute del rapporto fra materia e spirito e fra fisica e religione. Si ribadisce che ogni male provoca un castigo e che ogni castigo contribuisce a guarire il male che l’ha provocato. Il sesto colloquio è incentrato sull’importanza della preghiera nella vita umana; nello stesso si critica in maniera dura e decisa l’empirismo del filosofo inglese John Locke, il quale, tra le altre cose, nega qualsiasi forma di innatismo nell’animo umano, presentandolo come una tabula rasa; visione questa aspramente criticata dall’innatista De Maistre. Nel settimo colloquio si fa un elogio del militare, si affronta il rapporto fra guerra e religione e si parla dei Salmi; per dimostrare la sacralità della guerra e la supremazia dello stato militare si chiama in causa l’antichità nella persona di Senofonte, il quale dice che: «Dove gli uomini sono religiosi, guerrieri e ubbidienti, perché non dovrebbero essere, e giustamente, pieni di buone speranze?» (Hist.graec., III, 4,8).

Nell’ottavo colloquio si parla dell’utilità delle sofferenze, del Purgatorio e della supremazia della teologia sulla scienza, la quale nei tempi moderni ha preteso di distaccarsi da ogni ordine metafisico, emancipandosi dai contatti con l’unità creatrice e divenendo fine a se stessa, degenerando in una scienza profana, decretando l’inizio dell’era della settorializzazione e della quantità. Mentre la scienza degli antichi era: «una scienza diversa dalla nostra e ad essa superiore, perché partiva da un punto più alto, il che la rendeva anche molto pericolosa. E questo vi spiega come mai la scienza, al suo inizio, fu sempre misteriosa e restò chiusa nell’ambito dei templi, dove infine si spense quando questa fiamma non poté servire ad altro che a bruciare». Nel nono colloquio si parla della reversibilità delle sofferenze degli innocenti a favore dei peccatori, sull’esempio di quanto Cristo fece salendo sulla croce, si parla di Seneca e della sua presunta corrispondenza con San Paolo, e dell’importanza della Rivelazione.

de maistreNel decimo colloquio si descrive come il male derivi dalla divisione, si citano a proposito gli episodi biblici della torre di Babele e della Pentecoste, si parla della religione, che per De Maistre: «ha più che diciotto secoli di vita; essa nacque il giorno in cui nacquero i giorni». Si discute, inoltre, della superstizione e delle indulgenze. L’undicesimo colloquio invece ha per tema un’accesa discussione sull’illuminismo, sull’esoterismo, sulla setta degli Illuminati di Baviera, fondata dal l’ex membro della Compagnia di Gesù Adam Weishaupt, e ritenuta a capo di una cospirazione atta ad eliminare la religione dalla vita e dai cuori degli uomini e l’abolizione dei governi. Si discute inoltre delle Sacre Scritture, del Paraclito venturo, del protestantesimo e del sacerdozio cristiano. Infine i tre uomini si congedano salutandosi amichevolmente.

*Joseph De Maistre, Le serate di Pietroburgo, Aragno Editore, pagg. 533, euro 30

Giovanni Balducci

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Tags: Alfredo CattabianicontrorivoluzioneJoseph De Maistretradizione

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