Con la disfatta della galassia aennina alle ultime elezioni europee, si è finalmente arrestato quel moto di inerzia che trascinava in avanti una classe dirigente incancrenita. La nuova Lega di Salvini ha sparigliato le carte, diventando una solida alternativa per quell’ambiente politico, culturale ed elettorale che fino ad allora continuava ad affidarsi a tutto ciò che ospitava una fiammella tricolore.
Così, da diverse parti interne al mondo di Fratelli d’Italia si è iniziata ad invocare un’alleanza con la Lega Nord, se non addirittura un’unione. Gli stessi vertici del partito hanno da maggio in poi avviato una sorta di corteggiamento verso il movimento leghista. Il problema è però che questa azione non ha ancora – ad oggi – assunto dei caratteri di novità da parte degli ex monopolisti della destra italiana. Le agitazioni di Crosetto, della Meloni e dei dirigenti più giovani facevano sperare in uno scossone post-elettorale; il cambio di rotta sull’inattaccabilità dell’Euro e l’apertura al movimento indipendentista veneto (unitamente all’innovazione del progetto leghista Made in Salvini) potevano creare i presupposti per la costruzione di un nuovo fronte identitario capace di interpretare il malessere del popolo nei confronti dello status quo.
Tutto ciò, però, ad oggi non sta ancora avvenendo. Se il Carroccio, spenti i riflettori delle urne, prosegue nel suo nuovo progetto politico, sul lato destro paiono essersi spenti quei ruggiti e quei proclami immediatamente precedenti e seguenti la tornata europea. Non si sta compiendo lo strappo generazionale necessario a recidere il cordone ombelicato che ancora tiene legati a quel nucleo di vecchi colonnelli (La Russa, Alemanno & Co.) responsabili materiali e spirituali della depauperazione di un capitale politico/culturale fondamentale per il nostro Paese. Né si sta compiendo quel balzo in avanti in termini di contenuti necessario ad attualizzare principi eterni ed immutabili al contesto odierno. E così, la destra italiana si presenta al tradizionale appuntamento di Atreju con poche certezze.
Nel frattempo, Salvini ha saputo conquistarsi il titolo di leader politico di riferimento, superando coraggiosamente gli schemi che bloccavano in tal senso il suo movimento e diventando credibile non più solo al Nord ma in tutta la Penisola. E se l’ala più giovane vitale e sana di Fdi poteva coglier la palla al balzo per sganciarsi dalla fazione arcaica e proporsi come alleato nella costruzione del fronte identitario, l’inerzia dei suoi leader sta facendo perdere questa ultima occasione, tanto che la Lega si sta ora organizzando da sola anche nei territori dove fino ad oggi era assente… peraltro, raccogliendo non poco interesse.
E’ forse giunto il momento che i militanti e gli elettori di “destra” diano l’estrema unzione alla fiammella e a chi su di essa ci ha sempre campato. Se invece in quei proclami vi è del vero, è ora che chi li ha emessi abbia il coraggio di fare il passo necessario a salvare una comunità oggi in difficoltà a causa – anche – dei suoi errori. Abbandonando la sindrome da prima donna per dare un contributo a chi ha saputo riportare in auge la battaglia identitaria.
* direttore de Il Talebano e dirigente della Lega Nord