• Home
  • Il Clan
  • Privacy Policy
  • Contatti
mercoledì 21 Aprile 2021
No Result
View All Result
Barbadillo
  • Politica
    • Difesa
    • Grilleide
    • La Destra riparte da…
    • Tarantelle
  • Corsivi
  • Le interviste
  • Esteri
  • Economia
  • Cronache
  • Cultura
    • Artefatti
    • fedi e religioni
    • Fumetti
    • Libri
    • Musica
    • Ritratti non conformi
    • Sacro
    • Scuola/Questionario proustiano
    • Televisionando
  • Sport
    • Boxe
    • Figurine
    • Il raccattapalle
    • Pallone mon amour
    • Storie di Calcio
  • Scintill&digitali
  • Videogames
  • Parola ai lettori
Barbadillo
  • Politica
    • Difesa
    • Grilleide
    • La Destra riparte da…
    • Tarantelle
  • Corsivi
  • Le interviste
  • Esteri
  • Economia
  • Cronache
  • Cultura
    • Artefatti
    • fedi e religioni
    • Fumetti
    • Libri
    • Musica
    • Ritratti non conformi
    • Sacro
    • Scuola/Questionario proustiano
    • Televisionando
  • Sport
    • Boxe
    • Figurine
    • Il raccattapalle
    • Pallone mon amour
    • Storie di Calcio
  • Scintill&digitali
  • Videogames
  • Parola ai lettori
Barbadillo
Home Economia

Lavoro. Cosa dovrebbe sapere Renzi del modello (miracolo) tedesco

by Mario Bozzi Sentieri
9 Settembre 2014
in Economia
0

lavoroAbituato a comunicare (e forse anche a ragionare) “twittando”, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha lanciato l’ennesima idea-spot sul “mercato del lavoro”, rivendicando il modello tedesco come un modello da imitare. Messa così l’affermazione non ha un grande senso. Soprattutto se – come appare – non viene sostenuta da doverosi approfondimenti e necessarie contestualizzazioni. Ridurre infatti il Jobwunder (miracolo occupazionale) tedesco alla sola “flessibilità” significa dare una lettura molto parziale degli indubbi risultati, ottenuti dalla Germania sul difficile campo della lotta alla disoccupazione, passata, in dieci anni, dal 10,5% al 5,3%.

Fu il governo socialdemocratico Schröder, nel 2003, a mettere in cantiere, con l’Agenda 2010, un programma di misure finalizzate ad aumentare la competitività del sistema-paese. Tra queste una serie di provvedimenti dedicati al mercato del lavoro, approvati in quattro fasi (tra il 2003 e il 2005) e ideati da Peter Hartz,direttore del personale ed ex-membro del consiglio di amministrazione della Volkswagen, oltre che esperto di relazioni industriali.

Il piano Schröder-Hartz era ( ed è ancora, visto che Angela Merkel l’ha conservato) un mix tra flessibilità, servizi all’impiego, ammortizzatori sociali, tassazione e regole per l’occupazione. Vediamoli, in sintesi.

Alla base ci sono i cosiddetti “mini-job”, i nuovi contratti a basso salario ed ad orario ridotto , che prevedono una paga di 450 euro al mese e sono soggetti a tasse e contributi modestissimi, quasi nulli. Secondo le stime, più di sette milioni di tedeschi oggi svolgono un mini job. Per due milioni di persone è un secondo lavoro, mentre per altri cinque milioni è l’unica fonte di reddito. L’obiettivo che ha portato alla nascita di questi contratti era di far entrare nel mondo del lavoro regolare molte fasce di popolazione prima escluse (per esempio gli studenti o gli immigrati).

Secondo elemento del modello tedesco sono gli uffici di collocamento unificatinell’Agenzia Federale del Lavoro, che gestiscono direttamente i sussidi di disoccupazione. Le aziende che inviano un preavviso di licenziamento al dipendente, con qualche mese in anticipo, devono darne immediata notizia alla stessa agenzia, in modo che il lavoratore inizi subito un percorso di reinserimento professionale, ancor prima di diventare disoccupato.

In questo ambito è stato posto un limite alla durata dei sussidi di disoccupazione ordinaria, che non vengono erogati per più di dodici mesi (diciotto mesi per i lavoratori anziani over 55). È stato inoltre reso più severo il criterio per l’erogazione dell’indennità (che di solito arriva sino al 67% dell’ultimo stipendio). Chi rifiuta un’offerta di lavoro che proviene dall’ufficio di collocamento perde il diritto all’assistenza statale.

Il sussidio sociale, già presente nel sistema del welfare tedesco, è stato ristretto escludendo dall’erogazione chi possiede dei risparmi personali superiori a una certa soglia (fissata inizialmente a 13mila euro circa) mentre è stato stabilito un tetto massimo (attorno a 330-350 euro al mese) per l’importo assegno.

Per abbassare il costo del lavoro, è stato messa in cantiere una riduzione di oltre due punti della quota di contributi sui salari destinati al sistema sanitario nazionale. Il taglio è stato finanziato con una riduzione delle prestazioni mediche gratuite, imponendo ai pazienti un sistema di compartecipazione alle spese per le visite e per la prescrizione delle cure. Inoltre, sono state escluse dai benefit pubblici alcune prestazioni mediche non urgenti, ma costose come alcuni tipi di cure odontoiatriche. La manovra fiscale ha portato a una riduzione dal 48,5 al 42% dell’aliquota fiscale sui redditi più elevati e dal 19,9 al 15% dell’aliquota sulle retribuzioni più basse. Il programma è stato finanziato con un piano di privatizzazioni e di tagli ai sussidi statali.

Questo insieme di interventi va però collocato all’interno di un sistema sociale che garantisce un reddito di cittadinanza (con contributi per la casa, la famiglia e i figli), un sistema formativo professionale che favorisce il collegamento scuola-lavoro, ed un sistema contrattuale che poggia sulla cogestione.

Mentre in Italia la cogestione (prevista dall’art. 46 della Costituzione, tuttora inapplicato) appare ancora un tabù per la maggioranza delle forze sindacali, imprenditoriali e politiche, ai più sembrando un sogno irrealizzabile o un’idea eccentrica, in Germania è un esempio concreto ed applicato, con ottimi risultati.

Come ha notato Enrico Grazzini (nel suo recente Manifesto per la democrazia economica, Castelvecchi) eleggere i rappresentanti dei lavoratori nel board delle aziende significa non solo dare loro un potere reale, in grado di influire sulle strategie e sulla vita dell’azienda. La Mitbestimmung (codecisione) migliora la competitività delle aziende e quindi il benessere dei lavoratori, responsabilizza gli stessi lavoratori e risalda i rapporti all’interno delle aziende, “raffredda” la conflittualità e fa emergere soluzioni alternative per salvaguardare l’occupazione, favorisce la trasparenza informativa e contrasta la corruzione.

E’ avendo ben chiaro questo insieme organico d’interventi normativi e di strutturate relazioni sociali che si può parlare di “modello tedesco”, evitando perciò le facili semplificazioni “alla Renzi”. Particolarmente su un tema sensibile , qual è quello dei rapporti tra governo e parti sociali, che non può essere affrontato con qualche battuta ad effetto. Si cerchi di essere seri e concreti. “Anche perché – come ha notato, nel suo libro, Grazzini – né la stanca concertazione tra i vertici del sindacato, laconfindustria e il governo, né la conflittualità e gli scioperi a oltranza possono avere successo quando, come accade attualmente, la crisi allontana la possibilità di compromessi al vertice, e quando le imprese decidono di disinvestire, o di chiudere, o di delocalizzare all’estero (vedi il clamoroso ma non isolato caso della Fiat)”.

Se si deve parlare di “modello tedesco” lo si faccia perciò con cognizione di causa ed autentica volontà d’intervento. La crisi economica e sociale ha una tale complessità da non permettere facili semplificazioni. Anche quando si tratta di copiare un modello vincente, qual è quello tedesco, twittare non basta.

@barbadilloit

Mario Bozzi Sentieri

Mario Bozzi Sentieri

Mario Bozzi Sentieri su Barbadillo.it

Tags: 46art.cogestionegermanialavoratorilavoropartecipazionerenziriforme

Related Posts

Politica. Buttafuoco: “Fini? Un flop. Fdi e Lega si devono federare”

L’intervento. Perché i sovranisti devono fare i conti con il mercato

25 Marzo 2021
L’affare GameStop: una rivolta populista contro Wall Street?

L’affare GameStop: una rivolta populista contro Wall Street?

19 Marzo 2021

Der Arbeiter 4.0 Arriva il sindacato nella Silicon Valley, capitale del lavoro targato Terzo Millennio

Focus. Il caso Game Stop a Wall Street e la rivolta dal basso contro gli speculatori

Focus. Allarme Istat, a dicembre persi 110mila posti di lavoro. Licenziate soprattutto le donne

Coldiretti: “Dal grano al pane il prezzo aumenta di 15 volte”

La crisi del mondo produttivo e il flop del decreto Liquidità

Abolire il pareggio di bilancio? I dem preferiscono l’Italia prigioniera dell’austerità

Ripensare (sul serio) l’intervento pubblico nell’economia italiana

Più letti

  • L’intervista.  Goikoetxea: “Il fallo su Maradona? La mia croce”

    L’intervista. Goikoetxea: “Il fallo su Maradona? La mia croce”

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Addio a Le Pen in Europa e a stop al progetto Sud, la Lega si ricolloca?

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Alain de Benoist: “Elezioni Usa: non c’è stata nessuna onda democratica pro Biden”

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • La monarchia inglese ha superato tutto, reggerà anche le recite di Meghan

    0 shares
    Share 0 Tweet 0
  • Destre. (di M. Veneziani). Meloni vola ma le manca classe dirigente

    0 shares
    Share 0 Tweet 0

Seguici su Facebook

Siti amici

  • 10 righe dai libri
  • Appennini di Gian Luca Diamanti
  • Arianna Editrice
  • Associazione Eumeswil Firenze
  • Calcio e statistiche
  • Diretta.it
  • Eclettica edizioni
  • Finanza Sexy
  • Hamelin Prog – Progressive Rock Magazine
  • Il blog di Roberto Perrone
  • Il diario del gigante Paolo Isotta
  • L'eminente dignità del provvisorio
  • linkiesta
  • melascrivo
  • Polémia
  • Rivista Visio
  • SilviaValerio.it
  • Storia in rete
Facebook Twitter Instagram

“All’orizzonte di quell’oceano ci sarebbe stata sempre un’altra isola, per riparsi durante un tifone, o per riposarsi e amare”.
Hugo Pratt

Barbadillo è un laboratorio di idee nel mare del web che, a differenza d’altri, non naviga a vista. Aspira ad essere un hub non conformista, un approdo libero nel quale raccogliere pensieri e parole e dove donne e uomini in marcia possono fermarsi a discutere insieme di politica, ecologia, musica, film, calcio, calci, pugni e rivoluzione.

Ultimi articoli

Elisabetta II, il principe Filippo e l’idea moderna della monarchia

Elisabetta II, il principe Filippo e l’idea moderna della monarchia

21 Aprile 2021
Formula 1. Promossi e bocciati dopo il gran premio di Imola

Formula 1. Promossi e bocciati dopo il gran premio di Imola

20 Aprile 2021
“La Valle Oscura”, un’occasione persa per la critica alla Silicon Valley

“La Valle Oscura”, un’occasione persa per la critica alla Silicon Valley

20 Aprile 2021

Ultimi commenti

  • Guidobono su Neville (ex McUnited): “La Super League? Mi disgusta. Una scelta di avarizia”
  • Marco su Arriva la SuperLega, ovvero se i grandi club se ne vanno col pallone (e col malloppo)
  • Gallarò su L’eredità culturale e politica della Rivista di studi corporativi
  • Guidobono su Arriva la SuperLega, ovvero se i grandi club se ne vanno col pallone (e col malloppo)
  • Guidobono su L’automobile e noi, storia (breve) dell’evoluzione di un rapporto
  • Guidobono su 150 anni fa nasceva Guglielmo Ferrero (il geniale genero di Cesare Lombroso)
  • Enrico Nistri su Georges Bernanos, un uomo libero tra male e grazia divina

with by amdotcom

No Result
View All Result
  • Politica
    • Difesa
    • Grilleide
    • La Destra riparte da…
    • Tarantelle
  • Corsivi
  • Le interviste
  • Esteri
  • Economia
  • Cronache
  • Cultura
    • Artefatti
    • fedi e religioni
    • Fumetti
    • Libri
    • Musica
    • Ritratti non conformi
    • Sacro
    • Scuola/Questionario proustiano
    • Televisionando
  • Sport
    • Boxe
    • Figurine
    • Il raccattapalle
    • Pallone mon amour
    • Storie di Calcio
  • Scintill&digitali
  • Videogames
  • Parola ai lettori
Questo sito utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione. Se continui nella navigazione acconsenti all'uso dei cookie.OkLeggi di più