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La polemica/1. Cosa non ci è piaciuto del romanzo buonista “Il desiderio di essere come tutti”

by Renato de Robertis
10 Agosto 2014
in Cultura
0

piccoloComunque. E’ pure piaciuto “Il desiderio di essere come tutti” di Francesco Piccolo (Einaudi, 2014,18 euro) E’ un libro con una sua sincerità narrativa. Esprime una relazione tra l’io narrante e la vita degli italiani – dagli anni Settanta ad oggi – così dimostrando un posizionamento critico oltre la consueta narrativa a-storica, da intrattenimento diffuso. Sono degne di attenzione le pagine dedicate a Berlinguer, a Moro, a Craxi, a Berlusconi, agli eventi tragici nazionali come il colera, il terremoto, il terrorismo, la crisi economica,.. Ed è gustoso il racconto dei quadri familiari. La mamma e le purghe per i pancini dei figli. I parenti con i loro battibecchi politici. Una ragazza di Sinistra da corteggiare. Poi una moglie che sdrammatizza continuamente, “E che sarà mai!” anche se viene giù un palazzo.

Comunque. Il romanzo dopo va un pochino… ad ingolfarsi in sciupati sogni, in risaputi bisogni intellettuali, proponendo riflessioni non sempre originali. Ad esempio incontra i fascisti degli anni ottanta. E come potevano essere i fasci in quegli anni? Li descrive in questo modo,“C’erano anche un paio di ragazzi molto ignoranti che si chiamavano fascisti, ma così, nemmeno troppo seriamente.” La frase appare banale. Perché negli anni ottanta una porzione di popolo si dichiarava fascista, molto seriamente. Per questo si poteva morire, molto seriamente. E leggevano i libri pure i ragazzi fascisti. E quelli di Sinistra conoscevano bene i giovani fascisti di cultura, li incontravano nei dibattiti ‘Nietzsche contro Marx’.

Comunque. Non si può chiedere a Francesco Piccolo una descrizione diversa del mondo giovanile di Destra. Come non si può chiedere altro al ricordo di quel suo reportage su Alleanza Nazionale; giacché lo scrittore ricorda una manifestazione – “sciANdo” a Ovindoli negli anni Novanta – con un piglio malinconico; un piglio che tratteggiava un popolo di Destra tutto “cravattone ampie”, tutto “maschioni fascisti”, tutto “estremisti che dicono che non si può stare al governo.”

Comunque. A Francesco Piccolo ora è possibile chiedere, sottovoce, di non insistere, in un prossimo romanzo, con una così costante decifrazione della filosofia esistenzialistica. Ne “Il desiderio…” queste risonanze filosofiche generano una riflessione replicata, molto chiara, vale a dire: la realtà coinvolge senza sosta… alla realtà è impossibile sottrarsi… e conta far parte del mondo… perciò la vita privata e pubblica sono legate… e in differenti tempi storici Berlinguer, Craxi, Berlusconi influiscono sulla felicità o infelicità individuale. In questo modo, forse forse, per sentirsi esistenzialisti, sarebbe meglio rileggere Jean Paul Sartre!

Comunque. Sul “Corriere della Sera” lo studioso Alberto Casadei ha portato una risposta,“Per dire, quest’anno, allo Strega, direi che il vincitore autentico sarebbe il terzo classificato, Francesco Pecoraro” cioè non il romanzo di Piccolo. La considerazione di Casadei risulta equilibrata. La scrittura di Piccolo è sì viva; accelera; frena; ma ad un Premio Strega si dovrebbe chiedere di più, almeno una prospettiva per uscire dal disfacimento dello stile letterario contemporaneo. Il nostro è un periodo in cui sarà quasi impossibile ritrovare la centralità dello stile, pur con tanti romanzi premiati, pur con tante bestselleriste chic (Cfr. Aldo Busi).

Comunque. I Premi letterari soffrono di provinciali nostalgie e di pressioni di ogni genere. Allora “Il desiderio di essere come tutti” vince anche perché sa toccare le corde di una sentimentalità buonista, perché crea un racconto che ritrova i fatti della memoria nazionale. Perdonate!, ma in questo periodo, è proprio tanto ma tanto vincente… una sentimentalità nostalgica di sinistra, da programma televisivo, vale a dire da vero amarcord berlingueriano.

A Piccolo è gradita una sinistra responsabile e riformista; ciò si comprende nel romanzo. Invece a lui raccomandiamo, benevolmente, di non crucciarsi più di tanto nell’aver narrato la Destra degli anni Novanta, la quale non iniziava e non finiva a Ovindoli. E le donne e gli uomini di Destra, che furono “presi in giro” da Francesco Piccolo per “un eccesso di spiritosaggine e tracotanza” – come egli stesso scrive oggi nel romanzo – non accetteranno il suo rimorso, il suo “disagio” un po’ snob, comunque.

@barbadilloit

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