Il clima (estivo) ed il contesto (le repentine dimissioni del Segretario Generale precedente, Giovanni Centrella) non devono impedire l’apertura di una seria riflessione sul nuovo corso dell’ Ugl, una riflessione che metta da parte certa “rissosità” d’ambiente per cercare di fissare il senso della scelta che ha portato all’elezione di Geremia Mancini al vertice della Confederazione.
L’arrivo di Mancini, intorno al quale si è ritrovata un’ampia maggioranza del Consiglio Nazionale dell’ Ugl, va vista, per la figura del nuovo Segretario e per le diverse componenti interne che lo hanno scelto, come una sorta di “ritorno alle origini”, per una realtà sindacale che ha nel suo dna un forte senso del radicamento culturale ed ideale, richiamandosi all’esperienza del sindacalismo nazional-rivoluzionario e alla dottrina partecipativa.
Mancini viene da lì, dalla Cisnal degli Anni ’70 e poi dalla prima Ugl, quella di Nobilia, di Cetica e della Polverini, post ideologica, ma non per questo meno chiara nel suo finalismo identitario e nel suo radicamento storico (basti dire che il nuovo segretario è stato il curatore – per conto della Confederazione – del volume celebrativo del 60° anniversario della Cisnal-Ugl, edito nel 2010).
Non a caso uno dei primi atti del neo-segretario è stato il suo “doveroso omaggio” a Corridonia, la città che, nel 1931, assunse tale denominazione in onore di Filippo Corridoni, sindacalista rivoluzionario, intellettuale ed interventista, morto in trincea il 23 ottobre 1915.Di Corridoni Mancini ha sottolineato lo spirito anticipatore, la dedizione al mondo del lavoro, la passione e l’onestà intellettuale, doti, quest’ ultime, aggiungiamo noi, che l’Ugl dovrebbe tornare ad incarnare con maggiore convinzione e coerenza, per ritrovare se stessa ed una rinnovata ragion d’essere.
Coniugare la memoria con l’attualità del lavoro: su questi crinali il Sindacalismo Nazionale può sperare di riannodare i fili di una continuità ideale a cui la nuova segreteria confederale sembra particolarmente sensibile, senza ovviamente perdere di vista le tante emergenze sociali che oggi colpiscono l’Italia. Se infatti la sola “memoria” rischia di diventare un esercizio sterile, la conflittualità fine a se stessa appare inadeguata a dare quelle risposte epocali che la crisi contemporanea richiede e che solo un’attenta consapevolezza culturale, “alla Corridoni”, può sostenere.
Per ora il “nuovo corso” dell’Ugl è alle prime battute. Lo aspettiamo al varco, sul terreno delle iniziative concrete, dell’attenzione (e della conseguente organizzazione) verso il territorio e di una ritrovata identità ideale, che ridia senso e passioni nuove a chi nel Sindacalismo Nazionale individua una scelta di campo non conformista. Del resto, chi vuole scolorire nella banalità la propria appartenenza sindacale ha un’ampia scelta. Agli eredi del Sindacalismo Nazionale si richiede ben altro che una rappresentanza di routine. Se la memoria e le eredità storiche contano ancora qualcosa le possibilità di riuscire non mancheranno e saremo tra i primi a sottolinearle.