L’astrusa burocrazia pallonara ha ucciso l’ultima favola sportiva di Francia. Il Luzenac, a meno di un miracolo, non disputerà il suo (meritato) campionato in Ligue 2. La squadra ha un peccato originale imperdonabile: rappresenta un piccolo villaggio dei Pirenei, abitato soltanto da 550 persone. E uno stadio da 400 posti. Troppo pochi per poter ambire a diventare una delle squadre partecipanti alla serie B transalpina.
La fiaba del Luzenac ha un nome e un cognome famosi, Fabien Barthez. L’ex portierone della Francia mondiale e del Manchester United ha creato – con un bilancio di appena due milioni di euro messi a disposizione dal presidente, un uomo d’affari di Tolosa, Jerome Ducros – un piccolo miracolo sportivo. E’ il direttore sportivo del club che, l’anno scorso, ha centrato la promozione diretta in Ligue 2 piazzandosi al secondo posto allo Championnat de France che aveva raggiunto nel 2009, dopo un’intera esistenza sportiva (iniziata nel 1936) trascorsa tra i dilettanti.
Vincere sul campo, però, non è abbastanza. Occorre anche avere peso sui tavoli che contano. Tutto il mondo è paese, mon ami. E così la Dncg, la direzione nazione di controllo sulla gestione del club professionistici francesi, ha negato l’iscrizione al Luzenac. Lo stadio non è all’altezza del campionato, i presunti introiti non coprirebbero mai le spese necessarie ad affrontare la Ligue 2. Non sembra aver convinto i burocrati francesi nemmeno l’ipotesi di trasferire la squadra a Tolosa, a quasi cento chilometri dal villaggio. Niente da fare, sarà ripescato l’Istres.
Barthez è furibondo: “I nostri conti sono in perfetto ordine. Non ci puniscono perchè il bilancio non è in regola ma solo per il fatto che siamo piccoli”. La Francia è desolata. Le “foot” è ormai affare per ricchi, non c’è spazio per chi vince ma ha l’imperdonabile colpa di rappresentare un microscopico borgo tra i Pirenei. Le fiabe non si addicono al campionato che è ormai monopolizzato dal Psg degli sceicchi e dal Monaco degli oligarchi russi.