La globalizzazione è come il fuorigioco: tutti ne parlano ma, in fondo, capirla del tutto è impresa ardita. Per descrivere il “villaggio globale” si usano troppi paroloni, si fanno troppe citazioni, che, troppo spesso, finiscono solo per ingarbugliare le idee invece che chiarirle. Volete sapere davvero cosa sia la globalizzazione? Andiamo in Mongolia. Tenendo ben presente una cosa: mentre l’Occidente (e buona parte del resto del Mondo) celebrava la liturgia dei Mondiali, in Oriente si tenevano i giochi per celebrare l’unità millenaria del Paese, tra le discipline più seguite la maratona a cavallo, il tiro con l’arco (sempre a cavallo), sumo e arti marziali tradizionali mongole.
Nella capitale del Regno che fu di Gengis Khan, Ulan Bator, è stato inaugurato, qualche giorno fa, in pompa magna il nuovo store di Pizza Hut. La pizza più venduta del Texas (e nel mondo, alla faccia del Made in Italy) è stata presentata al pubblico mongolo con tanto di manifestazione istituzionale, alla presenza dell’ambasciatrice Usa Piper Anne Wind Campbell e il governatore del distretto del Bayangol, Derembel Orosoo. Con loro, ovviamente, un filotto di manager, capitani d’impresa, luogotenenti della cucina internazionalizzata. Sì, ma che c’entra la politica con le manovre economiche, le iniziative commerciali? Trovate una risposta (per quanto banale) a questa domanda (ancora più banale) per iniziare a capire cosa sia il ‘villaggio globale’.
Per la cronaca, non è certo Pizza Hut la prima catena di ristoranti a presentarsi nella capitale mongola. A gennaio dello scorso anno, la Kfc (Kentucky Fried Chicken) aveva annunciato l’apertura di quattro locali. Dietro l’istallazione dei locali ancor auna volta l’iniziativa di Yum!, in particolare della divisione Asia della multinazionale che detiene i marchi Kfc, Pizza Hut e Taco Bell.
Intanto, lasciatecelo sognare un villaggio globale. Ve la immaginate l’Orda d’Oro che cavalca dalle steppe lontane? Il clangore degli zoccoli, lo stridore dei denti che affondano nella versione americanizzata della pizza, le mani unte che smembrano polli fritti, i cartoni vuoti e le cartacce bisunte abbandonate ovunque dai famelici nomadi che puntano dritti verso Vienna…