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L’intervista. Cianfarani console d’Italia a Fiume: “Ora una mostra sulla Reggenza del Quarnaro”

by Marco Petrelli
18 Luglio 2014
in Cultura, Politica
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Il molo di Fiume
Il molo di Fiume

“Non è piacevole sentirsi dire dai turisti italiani ‘bella città, Rijeka!’ anziché Fiume, perché è la dimostrazione di come in molti ignorino che il nome Fiume fosse già usato da secoli, ad esempio nella toponomastica asburgica”. A parlare è il dottor Renato Cianfarani, Console Generale d’Italia a Fiume che abbiamo contattato per comprendere “quanto” di italiano sia rimasto in Croazia.

Dottor Cianfarani, qual è l’attività del Consolato di Fiume?

“Svolgiamo un’azione di assistenza ai 13 mila italiani residenti non solo nel comprensorio fiumano, ma anche nella penisola istriana e in Dalmazia. Si tratta di cittadini con doppio passaporto, italiano e croato, che necessitano di essere seguiti per quelle che sono le normali procedure anagrafiche: certificati, documenti, assistenza… “

Si tratta dei cosiddetti “rimasti”?

“Rimasti… un termine un po’ generico! Vede, non tutti sono ‘rimasti’ per scelta: alcuni dopo il 1945 avrebbero voluto raggiungere l’Italia ma, come sa, i giorni che seguirono l’occupazione titina non furono certo facili! Si tratta della comunità autoctona che da secoli parla una lingua di tipo romanzo e che abita questi luoghi da molto prima della Grande Guerra, del dominio austriaco e di quello veneziano. Infine seguiamo anche gli 800 mila nostri connazionali che trascorrono le vacanze in Croazia”.

Oltre all’assistenza, quali altri ruoli ha il Consolato?

“La presenza del Consolato a Fiume è molto importante per promuovere la conoscenza del nostro Paese e per favorire la consapevolezza, tra i croati, del passato di queste terre. Perché qui si parla italiano? Perché a Parenzo e Rovigno l’architettura urbana è la stessa delle città del Veneto e del Friuli ? Chi era D’Annunzio e cosa ha fatto nel Golfo del Quarnaro? Domande alle quali è necessario dare una risposta”.

I croati conoscono D’Annunzio?

“E’ senza dubbio un personaggio storico noto, anche se nelle scuole della Jugoslavia (Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, 1945-1992, nda) è stato descritto come un invasore e un fascista. Un vero peccato, considerato anche che l’esperienza fiumana è antecedente al Regime mussoliniano. Dopo la fine del comunismo c’è stato comunque un maggiore approfondimento della Storia e oggi si può discutere del passato con serenità e più consapevolezza”.

Serenità e consapevolezza anche in merito alle Foibe?

“La storiografia croata ha fatto progressi negli ultimi tempi, tuttavia sulle Foibe sopravvive qualche riserva. Fino a trent’anni fa si insegnava che la violenza contro gli italiani alla fine della Seconda Guerra Mondiale altro non era che una risposta all’occupazione militare fascista e non, come in realtà fu, una conseguenza dell’intreccio di nazionalismo e dietrologia comunista. Ma è anche vero che l’Italia non può dare grandi lezioni, dato che di questi argomenti si è cominciato a parlare di recente”.

Restiamo nel campo storico. Cosa ne pensa del volume* di Gaetano Dato sull’eccidio di Vergarolla?

“Mi limito a risponderle che la sanguinosa vicenda della spiaggia di Vergarolla è oggetto di studio da quasi settant’anni e che, prima di sostenere una qualsiasi antitesi, quei sette decenni di studi vanno tenuti in considerazione. Le dico anche che ogni 18 Agosto (ricorrenza dell’eccidio, 18 Agosto 1946, nda) il Consolato Generale di Fiume o l’Ambasciata a Zagabria partecipano alle commemorazioni per tenere viva la memoria delle vittime. E nel 2014 non faremo eccezione”.

Identità che si conserva nella memoria ma anche nella lingua. L’italiano è ancora idioma diffuso?

“Sì, è diffuso a Fiume e ancor di più in Istria . Pensi che quando mi reco in visita ai comuni istriani, il vice sindaco è spesso un connazionale. Questo perché il nuovo statuto della Regione dell’Istria permette che la seconda carica dopo il primo cittadino sia ricoperta da un italiano. E, non lo nascondo, fa anche un certo effetto arrivare al palazzo del municipio e vedere sventolare insieme la bandiera croata e il Tricolore. Ma non finisce qui! Nei paesi con poche migliaia di anime può capitare che sia lo stesso sindaco ad avere passaporto italiano. Sa, nei piccoli borghi il clima è molto disteso, si conoscono tutti e la persona si elegge per le sue qualità, perché è noto, perché piace. Alcuni funzionari mi parlano in istro-veneto, dialetto che dopo tre anni ho imparato a conoscere e ad apprezzare come peculiarità di queste terre “.

La sua è l’unica sede diplomatica in Istria e Dalmazia?

“Oltre all’Ambasciata d’Italia di Zagabria, c’è il consolato di Capodistria (Slovenia) che rischiò di chiudere lo scorso anno, ma poi è rimasto in attività. Ad essere chiusa è stata la sede di Spalato, il I Dicembre 2013. Non entro nel merito di decisioni che non mi competono, preferendo invece confermare l’importanza della presenza istituzionale italiana in questi luoghi e l’attenzione nei confronti delle nostre comunità.

Vorrei che i croati conoscessero ancor più l’Italia, sono sicuro se ne innamorerebbero, così come vorrei conoscessero il passato delle loro città e dei loro paesi, nei quali gli italiani hanno lasciato un’impronta profonda, fatta d’arte e di cultura, non solo d’occupazione militare. Sarebbe meraviglioso poter allestire qui a Fiume una mostra sulla Reggenza del Quarnaro, esperienza molto specifica e che ha dato notorietà alla città in tutto il mondo”.

@marco_petrelli

 *“Vergarolla 18 agosto 1946. Gli enigmi di una strage tra conflitto mondiale e guerra fredda” di Gaetano Dato (LEG, 2014)

Marco Petrelli

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