«I mafiosi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati». Una condanna senza appello: una vera e propria sfida ai boss. Papa Francesco, in visita pastorale a Cassano all’Jonio, si affida al linguaggio profetico per lanciare un monito durissimo. La sua è una comunicazione tutt’altro che moderna e che si aggrappa semmai all’azione di Giovani Battista. Parole chiare e che hanno un solo obiettivo: spaccare la coscienza. Il contesto è quello calabrese, terra troppo spesso condizionata dalla presenza asfissiante della criminalità organizzata. Una realtà verso la quale la Chiesa, quanto le istituzioni, non possono scivolare in adattamenti e mediazioni che alla lunga possono risultare più velenosi dello stesso cancro mafioso.
Il Papa ne è assolutamente convinto: «La ‘ndrangheta – spiega – è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo chiedono i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare. Anche in questi momenti di difficoltà il male non avrà l’ultima parola. E per questa fede, noi rinunciamo a Satana e a tutte le sue seduzioni; rinunciamo agli idoli del denaro, della vanità, dell’orgoglio e del potere».
Francesco si è rivolto pure ai giovani calabresi, esortandoli in favore di un’azione corale d’impegno civile: «Opponetevi al male, alle ingiustizie, alla violenza con la forza del bene, del vero e del bello. Non lasciatevi rubare la speranza».
Plaude alle parole del pontefice monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei e vescovo di Cassano all’Jonio. «A me – ha riferito il prelato alla Radio Vaticana – è sembrato innanzitutto molto bello questo fatto: che il Papa abbia legato questa affermazione sulla `ndrangheta, o comunque sulla malavita, all’adorazione del male come contrapposizione all’adorazione del Cristo, del Signore nella festa del Corpus Domini: è stato un modo di aiutarci a leggere anche la Liturgia in maniera molto esistenziale, c’è veramente da imparare a dare carne, a dare ossa, a dare nervi alla Parola di Dio».