Il presidenzialismo, l’idea dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica, è di moda. Ne parla Silvio Berlusconi e lo rilancia Angelino Alfano, che, sul tema, propone una raccolta di firme. Contemporaneamente pare riavviarsi la stagione del confronto sulla legge elettorale, con Beppe Grillo ora disponibile, dopo la batosta delle Europee, al dialogo con Matteo Renzi. Intanto, sulla riforma del Senato, il Pd si spacca: Corradino Mineo e gli altri “dissidenti” chiedono l’elezioni diretta dei senatori, mentre il progetto del governo, a maggioranza Pd, parla di elezione di secondo grado.
Grande insomma è la confusione sotto il cielo, sempre più burrascoso, del riformismo costituzionale. E lontanissimo il tempo del famoso abbraccio Renzi-Berlusconi, che, in poche settimane, avrebbe dovuto affrontare e risolvere la partita.
La matassa è oggettivamente ingarbugliata, tali e tanti sono i veti incrociati non solo tra i partiti ma al loro stesso interno. Con il rischio che temi di così grande rilevanza, qual è appunto la riforma della Costituzione, siano lasciati in mano alle segreterie dei partiti o sintetizzati da qualche dotto articolo di fondo del professore di turno.
Ben altro ci vorrebbe per dare smalto al confronto e per trasformate argomenti apparentemente “tecnici” in temi di ampia condivisione da parte della più vasta opinione pubblica. A cominciare dalla convocazione di un’Assemblea Costituente, eletta a suffragio universale, sulla base di liste elettorali, espressione dei partiti. Intanto avrebbe il vantaggio dell’investitura popolare, espressa sulla base di chiare indicazioni programmatiche. Ciò renderebbe palesi gli orientamenti delle forze in campo, obbligate a scoprire le carte sui grandi temi “sensibili” del presidenzialismo, del sistema elettorale, del bicameralismo, del rapporto tra i poteri dello Stato, del numero dei parlamentari, del federalismo, con il conseguente coinvolgimento dei cittadini-elettori, finalmente resi partecipi di un essenziale passaggio politico-istituzionale per la vita del Paese.
Il confronto sulla Nuova Costituzione potrebbe infine sviluppare prese di posizione, dibattiti, attenzioni adeguate ai grandi temi sul tappeto, convincendo finalmente, quanti credono che le riforme costituzionali “non si mangiano”, dell’inscindibile nesso tra politica ed economia, riforma del sistema della rappresenta e riforma “di sistema”, nel senso di grande modernizzazione nazionale.
Su questi crinali va collocato il confronto intorno alla crisi italiana, non slegando il dato politico (le riforme istituzionali) da un contesto più vasto, ma coniugandolo con quello economico-sociale.
E’ infatti a dir poco meccanicistico pensare di risolvere i problemi economico-sociali non considerando il quadro complessivo entro cui essi si collocano e non mettendo le istituzioni in grado di rispondere alle attuali emergenze e alle sfide che attendono il sistema-Paese. D’altro canto, decontestualizzare il costituzionalismo rispetto alla grave crisi sociale ed economica del momento, significa avere una visione troppo parziale della realtà, non considerando un più ampio, complesso quadro d’assieme.
Per rispondere a tutto ciò il presidenzialismo, nello specifico, e, in generale, un più ampio progetto riformatore della Costituzione del 1948 possono essere utili, nellaconsapevolezza che, alla fine, se è vero che sono gli uomini a fare la differenza, è ugualmente vero che la confusione istituzionale e politica, che segna, da decenni, il nostro Sistema-Paese, non ha favorito la selezione e la crescita di adeguate classi dirigenti. Fare un po’ d’ordine, negli assetti costituzionali, può aiutare. Anche per questo servirebbe una Costituente.