Scrivo queste righe per la mia generazione, non me ne vogliano coloro che son venuti dopo o prima dei nostri vent’anni di allora.
Scrivo perché alcuni della mia generazione hanno, legittimamente, scelto una soluzione privata per la propria esistenza dopo aver vissuto gli anni ’70: per me non è mai stato così e perciò sento la necessità di dire le cose che penso, come ho provato a fare per tutta la mia vita.
Il barbaro omicidio di Mazzola e Giralucci perpetrato dalle Brigate Rosse, fu per noi un trauma esistenziale che segnò tutti i momenti successivi della nostra vita.
Penso allo shock provato dai militanti che, ventenni, trovarono per primi i cadaveri in un lago di sangue, penso alle famiglie delle vittime, lacerate da uno strappo affettivo devastante, penso all’ignobile ruolo della stampa “di regime” che tentò immediatamente di attribuire il duplice omicidio “a faide interne fra fascisti”.
Ma quei ragazzi sapevano da che parte stava la verità e quel mondo che stava intorno a Giuseppe e Graziano, uscì da quella terribile esperienza con una rinnovata volontà di resistenza.
Per due lunghi anni successivi, quei giovani fecero fronte con tutte le proprie forze alla quotidiana violenza che l’ultrasinistra scatenò contro la Destra padovana dopo la strage del 17 giugno 1974, nell’indifferenza colpevole delle pubbliche autorità.
Questa fu la loro colpa: resistere per affermare il diritto di esistere. Con gli inevitabili errori che si potevano compiere a vent’anni. Ma con l’animo puro e la certezza di combattere una battaglia per la libertà non solo propria ma di tutti. Ciò fu ritenuto intollerabile dai benpensanti e dalla magistratura e fu stroncato processualmente nel nome di leggi liberticide e anticostituzionali ( transitorie ancora oggi, dopo settant’anni…).
Anche in una recente ricostruzione cinematografica di quegli avvenimenti, per descrivere la posizione dei ragazzi del Fronte della Gioventù, sono state usate ancora le stesse parole dell’inquisizione di allora.
Parole che hanno fatto doppiamente male, per motivi facilmente comprensibili.
Poi, la verità su quel maledetto 17 giugno, anche quella giudiziaria, come a volte accade nella storia, venne a galla, faticosamente, ed emerse agli occhi di tutti. Gli assassini ebbero un nome e un cognome. Le aberranti motivazioni del crimine rese note pubblicamente. Resta ovviamente sospeso in negativo il giudizio su chi poteva fermare quella violenza diffusa e quel clima d’odio e non l’ha fatto per tempo.
Sia perciò questo 17 giugno 2014 un giorno di ricordo e di riconciliazione con la nostra città ma nella verità e lontano da ogni mistificazione. Lo dobbiamo alle vittime, alla loro e alla nostra storia.
Giuseppe e Graziano, presente* !
* Per coloro che, ancora oggi, non avessero compreso il significato di questa parola, consiglio vivamente una visita al Sacrario di Redipuglia.