Fondazione flop ovvero la veridica storia di AN e la cultura
In realtà altri titoli potevano andar bene. Ad esempio: Ci sono o ci fanno?, o anche Dilettanti allo sbaraglio, oppure Ciurlare nel manico. E forse sarebbe tropo poco per la storia che andiamo a raccontare ai nostri lettori.
La scorsa estate dopo un ventennio di silenzio, la Fondazione AN con il bando 2013/1 del 23 luglio, pubblicato sul suo sito ufficiale e su alcuni quotidiani, metteva a disposizione la straordinaria cifra di un milione di euro (pari a due miliardi delle vecchie lire) per attività culturali in linea con i principi esposti nell’art. 2 del suo Statuto. Un vero miracolo data la situazione generale e, considerata in particolare la miserevole condizione in cui, da molti anni, erano costretti ad operare circoli, associazioni, fondazioni e piccoli gruppi ancora attivi nell’area che un tempo si definiva Destra. Possibile che dopo un ventennio, qualcuno, in ciò che resta in piedi di AN, si fosse accorto dell’importanza della cultura, ci si chiese sbalorditi e increduli? Il ravvedimento operoso, come quello verso l’Agenzia delle Entrate, era forse indotto dalla constatazione del fallimento prodotto dalla svendita di un intero patrimonio intellettuale operato dai suoi vertici? Una autocompiaciuta intervista di La Russa (Ignazio) al Corriere della Sera confortava che non si era trattato di un sogno a occhi aperti.
Sia come sia, in molti si precipitarono ad elaborare dei progetti, attenendosi scrupolosamente alle indicazioni contenute nel bando per non farsi sfuggire un’occasione insperata. Le domande vennero spedite entro il 30 settembre 2013, e avrebbero dovuto essere vagliate da un’apposita Commissione composta da cinque membri. I suddetti avrebbero dovuto, stando al bando, selezionare i progetti migliori entro 30 giorni, cioè entro il 30 ottobre, e quindi trasmettere le sue deliberazioni agli organi competenti della Fondazione che, entro i successivi 10 giorni, cioè entro il 10 novembre, avrebbero dovuto renderle esecutive.
Chi ha presentato le domande? Naturalmente, il variegato mondo intellettuale d’area che, nonostante le difficoltà degli ultimi anni, ha svolto, quantomeno, un ruolo di presenza e di testimonianza, spesso alla faccia dei politici politicanti. Hanno presentato le domande quanti si sono opposti al tentativo liquidatorio della cultura di riferimento messo in atto dai dirigenti di AN. Ma a novembre non ricevettero alcuna comunicazione. E così a dicembre, a gennaio 2014, a febbraio, a marzo, Inutile ogni tentativo di sapere qualcosa da amici vicini alla Fondazione. Silenzio di tomba. A quanto pareva in tanti mesi non erano stati nemmeno nominati i famosi cinque-commissari-cinque. Andiamo proprio bene, ci si disse. Non è cambiato nulla.
In realtà, qualcosa era cambiato, ma in peggio. Infatti, il 18 aprile 2014, con una e-mail protocollata con il n. 186, la Fondazione AN si faceva viva con coloro che avevano risposto al bando. In essa, il presidente della Fondazione, Sen. Avv. Franco Mugnai, informava in perfetto politichese dell’inaspettata entrata in vigore quattro mesi e mezzo dopo la scadenza del bando, della Legge n. 13/2014 del 21 febbraio (Gazzetta Ufficiale n.47 del 26 febbraio) recante nuove norme in materia di contribuzione volontaria ai partiti e ai movimenti politici, che rendeva necessario “…un riesame completo del lavoro di selezione dei progetti, già svolto dalla rispettiva Commissione competente, onde evitare possibili violazioni di legge…e non essendovi, allo stato, precedenti di riferimento… è apparso opportuno… soprassedere all’ulteriore corso delle procedure per il tempo necessario ad acquisire i necessari chiarimenti interpretativi ed applicativi”. Ah!
Perplessi ci si chiedeva chi fossero mai questi “partiti” e “movimenti politici” oggetto delle “elargizioni” della Fondazione AN. I circoli, i gruppi privati, le fondazioni, gli editori, le associazioni culturali che avevo partecipato al bando? Mah!? Possibile considerarli tali come affermava il Sen. Avv. Mugnai? E una Fondazione che ha scopi culturali non ha il diritto di “elargire” fondi a chi meglio crede trattandosi di privati e non di entità politiche? Mah? Dopo un ventennio di vana attesa, si dissero i richiedenti per reciproco conforto, aspettiamo ancora per vedere come la faccenda andrà a finire, ma si capiva benissimo che tirava una aria pessima dato che dalla Fondazione non filtravano notizie.
Eccoci così giunti alla farsa finale. La Fondazione AN ha, infatti, inviato con la data del 29 maggio 2014 un nuova e-mail con protocollo n. 214. In essa, sempre in burocratese, si fa presente che il CdA della Fondazione AN, visto il rischio di “…potenziale incompatibilità di deliberazioni esecutive del bando… con le previsioni della legge 13/2014… ha deliberato di non dar corso… alla prosecuzione del bando”.
Insomma, il solito, vecchio giochetto passato dal PCI a AN: contrordine compagni camerati avete capito male. Non si doveva leggere “bando per la cultura”, ma “cultura al bando”! Non è finita qui. A questa comunicazione fa seguito nella lettera la rassicurante dichiarazione : “…è intendimento della Fondazione adottare proprie iniziative di carattere nazionale”. Tradotto: non scegliamo più fra progetti esterni inviatici da soggetti che non possiamo controllare, ma siano noi stessi a decidere a chi dare e a chi non dare, che argomenti promuovere e quali no.
(questo articolo uscirà in versione integrale sul prossimo numero de Il Borghese)