Diverse cose provengono dal Giappone: auto di qualità, moto sportive, ogni genere di diavoleria elettronica, il sushi, la Yakuza e Godzilla. E sì, trai prodotti tipici del Sol levante occorre riservare un posto di rilievo al vecchio Godzi, erede di tutta una schiatta di mostri giganteschi (kaijū) che hanno trovato nel corso del tempo cittadinanza negli anime, nei manga e nel cinema, oltre naturalmente che nella mitologia panteistica di questo popolo isolano.
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Autentica celebrità dei film nipponici degli anni cinquanta e sessanta, il nostro dinosaurone dall’alito di fuoco, fu già oggetto del remake diretto da Ronald Emmerich nel 1998, che lo vedeva scorrazzare addirittura sulla Grande Mela, proprio come aveva fatto a suo tempo il suo più prossimo antenato cinematografico, King Kong.
Ma il Godzilla newyorkese poco somigliava al mostro della tradizione. La storia non ricalcava il soggetto di partenza, come pure la fisionomia del ciclopico lucertolone differiva dall’originale. Stavolta, invece, la pellicola diretta da Gareth Edwards (Monsters 2010), si rifà apertamente alla storia iniziale e ripropone l’iconografia classica del Godzillasaurus, che tanto c’era mancata nel film di Emmerich.
Trama
Nel 1999 un reattore atomico giapponese viene distrutto da un fenomeno tellurico inspiegabile che causa la morte d’una studiosa e una grave fuga di radiazioni.Quindici anni dopo, il figlio della scienziata è un ufficiale dell’esercito americano, mentre il padre (consumato dal senso di colpa per non aver saputo salvare la consorte), cerca ancora di far luce su quel disastro.Dopo alcune peripezie, padre e figlio scoprono che fu una creatura gigantesca e misteriosa a causare l’incidente nucleare.
Alimentato dalle radiazioni, il mostro rompe il bozzolo in cui vegetava e s’avventa sulle apparecchiature e gli uomini tutto devastando. Capace di volare raggiunge le isole Hawaii seminando il panico. Poco dopo compare un secondo mostro più grande (una femmina), che s’unisce al primo nell’opera di demolizione. Ma dagli abissi marini spunta il nostro Godzilla (causando uno tsunami), esempio di superpredatore preistorico che dopo anni di digiuno (per merito di un’indigestione di radiazioni causata dagli esperimenti atomici nel pacifico), è deciso a dar la caccia alle due gigantesche prede…
In definitiva, com’è questo nuovo film su Godzilla? Direi deludente. Da un budget a tante cifre come il suo, ci si sarebbe atteso di più. Certo, gli effetti speciali non mancano, come pure il 3D fa la sua parte. Inoltre, se siete in caccia di facili emozioni e d’un po’ di distrazione a buon mercato, il film fa al caso vostro. Però non chiedetegli di più. Infatti, non bastano le scene mirabolanti, e neppure le suggestioni della visione tridimensionale a rendere questo lungometraggio degno dei suoi antenati di celluloide.
La trama è poco avvincente, mancando in certi casi di logicità, e la sceneggiatura dopo i primi venti minuti di proiezione batte la fiacca e non riesce a star dietro al film. Il protagonista poi, il tenente Brody (Aaron Taylor-Johnson) brilla per inconsistenza, come del resto tutti gli altri interpreti umani: fatto questo quasi fisiologico in un film con dei mostri come protagonisti.
Vengono poi le numerosissime scene d’azione, che non ostante l’uso d’ogni ritrovato della moderna tecnica cinematografica, non sempre risultano all’altezza. In taluni casi, come nelle grottesche scene di lotta tra Godzilla e i suoi nemici (che somigliano vagamente ad Alien), sembra d’assistere ad un incontro di Wrestling di quart’ordine, tanto da far rimpiangere per realismo i vecchi pupazzoni di gommapiuma coll’omino dentro.
Non bastano neppure, a salvare la situazione, il richiamo indiretto ma percepibile alla minaccia terroristica che nei panni dell’immonde creature sbriciola New York, o il fantasma d’una nuova Fukushima, evocato dalla distruzione dell’impianto atomico e dallo tsunami scatenato da Godzilla. E non fa la differenza neanche lo slogan ecologista sussurrato dallo scienziato giapponese Serizawa, vero nucleo narrativo del film: «L’arroganza dell’uomo è pensare che la natura sia sotto il nostro controllo e non il contrario».