Potrebbe essere questo il vostro paradosso personale. Siete militante europeo da lungo tempo. Ma i movimenti dissidenti che vi leggono con assiduità sono spesso inclini a opzioni più nazionalistiche. Come risolvere questa equazione con più incognite, sapendo che non sempre si sa di quale Europa si parla?
Il rimprovero maggiore che si possa fare all’Unione europea è di aver screditato l’Europa, mentre le condizioni oggettive della necessità di un’Europa unita politicamente sono più attuali che mai. Pur considerando che il sovranismo non porta da nessuna parte, perché nessuno Stato da solo è in grado di far fronte alle attuali sfide planetarie, a cominciare dal controllo del sistema finanziario, capisco molto bene le critiche che i sovranisti rivolgono all’Unione europea. Meglio ancora, le condivido poiché la sovranità che si toglie alle nazioni non è riportata a livello sovranazionale, ma sparisce in una sorta di buco nero. E’ abbastanza naturale, in queste circostanze, essere tentati a ripiegare sullo Stato-nazione. Secondo me, però, la parola d’ordine non è “per la Francia contro l’Europa”, ma piuttosto “Per l’Europa, contro Bruxelles”.
Cosa le ispira l’innegabile vittoria del Fronte Nazionale alle ultime elezioni europee ?
Si conferma che i Francesi non possono più vedere, anno dopo anno, dei partiti che si succedono al governo e fanno la stessa politica liberale senza mai mantenere le promesse né ottenere risultati. A torto o a ragione, il FN appare loro, quindi, come l’ultima speranza. Allo stesso tempo, segna una svolta storica (ma bisognerà attendere i risultati delle prossime elezioni regionali per sapere se il FN è diventato davvero il primo partito in Francia): il risultato del partito di Marine Le Pen è ricco di insegnamenti. Innanzitutto mostra che la demonizzazione della quale è stato fatto oggetto non funziona più, perché la gente semplicemente non crede più ad argomenti ripetuti troppe volte per mantenere ancora un senso, ma che questa demonizzazione, la cui mira era quella di delegittimare un concorrente pericoloso trasformandolo in nemico ripugnante e odioso, ha sortito esattamente il risultato opposto, cioè l’installazione del FN al centro della vita politica francese. Come ha spiegato in questi giorni Pierre-André Taguieff a “Le Figaro”, in occasione della pubblicazione del suo eccellente libro Il diavolo in politica: “La propaganda antilepenista in genere ha agito come un potente fattore di crescita del FN”. Quando abbiamo capito questo, capiremo molto. Questa vittoria elettorale mostra anche come Marine Le Pen ha fatto bene a resistere a coloro che la spingevano a posizionarsi come partito della “destra nazionale”. Il FN, ora, supera felicemente il dualismo sinistra-destra. E’ fra i giovani e le classi popolari che ottiene i suoi migliori risultati: alle Europee, il 43% dei lavoratori ha votato per il Fronte, solo l’8 % per il Partito socialista! Questa base popolare dimostra che il FN ha cessato di essere un partito di protesta per diventare un partito in grado di aspirare al potere – rimanendo più che mai l’Ump il suo principale avversario .
Cosa ne pensa della nascita di tutti questi movimenti “identitari” e “euroscettici ” in Europa?
Il loro comune denominatore è ovviamente il populismo. Non dobbiamo dimenticare di ripetere che il populismo non è un’ideologia, ma uno stile e che questo stile è compatibile con orientamenti differenti. D’altronde, basta confrontare il FN con la Lega Nord in Italia, o il Vlaams Belang nelle Fiandre, per vedere come le loro posizioni sono divergenti su regionalismo, programma economico e sociale o sulla “laicità”. L’ascesa dei movimenti populisti riflette ovviamente il discredito dei partiti della Nuova Classe, oggi completamente tagliati fuori dal popolo, e la sfiducia di cui sono oggetto, che alimenta ormai del vero panico morale. E’ evidente anche l’incredibile ampiezza della crisi della rappresentanza. Il FN, che ha vinto le elezioni del 25 maggio, ha solo due o tre membri dell’Assemblea Nazionale. L’Ukip, primo partito britannico, ha superato sia i conservatori e i laburisti, e non ha un solo seggio al Parlamento di Londra! E ci si sorprende che il sistema mostri delle crepe?
In questa fase elettorale, che fare dell’Europa? Ridefinirla? Rimetterla in pista? Farla finita con l’Europa una buona volta per tutte o, al contrario, darle una nuova vita, ammettendo che sia ancora possibile?
L’Europa è oggi un grande corpo malato, paralizzato, bloccato, incapace di definire la sua identità, pronto a uscire dalla storia per diventare oggetto della storia degli altri, come dimostra il suo docile consenso a fondersi in una grande zona di libero scambio atlantico dove le norme ambientali, sanitarie e sociali degli Stati Uniti s’imporranno inevitabilmente. Che l’Europa è stata costruita fin dall’inizio a dispetto del buon senso, dall’alto verso il basso, senza tener conto del principio di sussidiarietà, senza fissare delle frontiere e senza che i popoli siano mai stati fatti partecipi della sua costruzione. E’ fra l’angelismo e l’incoscienza di sé, ha fatto propri i principii del liberalismo più distruttivo. Rimetterla in pista implicherà che ella decida di essere una potenza sovrana, prima di essere un mercato, e che questa potenza sia capace di incarnare un modello di cultura e di civiltà in grado di svolgere il suo ruolo in un mondo ridivenuto multipolare. Ne siamo lontani.
[Traduzione di Manlio Triggiani da Boulevard Voltaire]