La partita d’addio fu giocata al Camp Nou dieci anni fa, esatti: il 16 maggio 2004 a sfidare i blaugrana sul terreno di casa c’era il Racing Santander e Luis Enrique vestì per l’ultima volta la maglia del Barcellona. Con il 21 ben calato sulle spalle, Luis restò al centro del campo fino al minuto 59, quando Franklin Rijkaard lo sostituì con il più fresco Mark Overmars. Quell’uscita dal campo è durata dieci anni e solo adesso Luis Enrique si è potuto accomodare finalmente in panchina. D’ora in poi sarà lui a comandare; allenerà quella che è, ancora e nonostante tutto, la squadra più forte del mondo: il Barcellona.
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Dalla Catalogna Enrique se ne era andato nel 2011. Per tre anni aveva allenato i blaugrana che non giocano al Camp Nou (quelli del Barcellona B) e l’aveva fatto con buoni risultati: si sentiva pronto per il grande passo, ma dall’altra parte della barricata c’era un tipo di nome Pep che stava riscrivendo nel suo ufficio la storia del calcio. A Barcellona, il Tiqui-Taca di Guardiola era una religione e Luis, che pure aveva tutte le carte in regola per sedersi in panchina, non poteva nemmeno immaginare di sottrarre il trono al grande dio del calcio contemporaneo. E allora via, verso Roma, perché provarci è un diritto.
Uno che non si era mai allontanato dalla Spagna (e che associava l’Italia ad un naso sanguinante) non era detto che si sarebbe trovato bene nella città del Cupolone. E infatti così fu: eliminazione agostana dall’Europa League, campionato anonimo, tanti esperimenti, pochi successi. Luis Enrique a fine stagione pensò che il calcio dei grandi non era per lui e che forse sarebbe stato meglio lasciare le cose così, accettare di essere uno da “B” e vivere senza troppi flash puntati sul viso. Optò per un anno di pausa, poi una stagione al Celta Vigo: palleggi, passaggi e attacco. Proprio quello che serve per allenare il Barcellona.
Luis Enrique speaks to the media from the Camp Nou bench #LuchoIsBack pic.twitter.com/K3CsnT8Dds
— FC Barcelona (@FCBarcelona) May 21, 2014
«Mamma mia che meraviglia!» ha detto Luis quando è stato scelto dai dirigenti del Barça come nuovo allenatore dei fenomeni. Il sorrisone non era affatto di maniera, anzi: «Allenare la prima squadra – ha detto – era quello che ho desiderato da sempre. Posso dire di avere attorno a me tutto ciò che può sperare un allenatore: la fiducia». Dieci anni sono tanti e segnano: Luis Enrique non credeva più che il suo sogno potesse un giorno realizzarsi e si godrà ogni minuto da allenatore del Barcellona. Lucho is back e spera, lui più di tutti gli altri, che quei due anni di contratto siano solo l’inizio di una nuova vita. Vuole incominciare a vincere, ma soprattutto, racconta, «non vedo l’ora di sentire l’inno del Barca al Camp Nou», lo stadio dei grandi del calcio.