C’è chi può contare sui fondi sovrani e chi sui fondi che fanno capo a gruppi pensionistici, parrocchie scozzesi, gruppi di consumatori. E poi c’è l’Italia, che dispone solo di un ceto di capitalisti egoisti, scarsamente lungimiranti, tendenzialmente avari e con scarsa propensione agli investimenti di qualsiasi genere. I capitalisti dei “salotti buoni” che, di buono, non hanno nemmeno i salatini o gli aperitivi. Un mito, quello dei salotti buoni, falso e creato da Cuccia e da Gioanin Lamiera, in arte Gianni Agnelli.
Sono stati i salotti buoni a determinare la fine dell’Olivetti dopo la morte di Adriano. Sono stati i salotti buoni a farla scomparire del tutto dopo il disastro provocato da Carlo De Benedetti. E la fine della chimica nazionale, della telefonia, di tutti i vari settori strategici, è sempre merito dell’incapacità dei salotti buoni e di quella Mediobanca che ne era la massima espressione.
Ma i vuoti, si sa, vengono sempre colmati. E la fine del capitalismo assistito italiano sta provocando l’ingresso in forze dei fondi stranieri. Statali e, soprattutto, privati. Che, di fatto, ormai controllano anche il simbolo della passata sovranità economica italiana, rappresentata dall’Eni. Le scelte, in assemblea, vengono indirizzate dai fondi, invece che dallo Stato italiano. E questo determinerà anche le prossime scelte di natura strategica in campo energetico per il nostro Paese. Spinto verso gli acquisti del gas e del petrolio estratti, con disastri ambientali, con la fratturazione del sottosuolo.
L’Italia è totalmente disarmata di fronte a queste offensive. Da noi i gruppi di consumatori si frantumano in mille rivoli per accontentare le pulsioni politiche dei vari aspiranti leader di questi movimenti. E, dividendosi, non permettono la creazioni di fondi credibili. Così sono i fondi stranieri ad attirare i risparmiatori italiani. Pronti a guadagnare anche sui disastri provocati dai medesimi fondi all’economia del nostro Paese. Perché gli investimenti, così come arrivano, possono andarsene e spesso se ne vanno.
D’altronde in questa fase le aziende italiane sono in vendita a prezzi di saldo. E chi ha i soldi, all’estero, investe su Finmeccanica ed Enel, su Generali e Telecom. Mentre gli italiani stanno a guardare e non riescono neppure a boicottare la Centrale del Latte di Torino che ha inserito nel proprio board la disastrosa Elsa Fornero. In un Paese normale un simile schiaffo alla popolazione avrebbe provocato una diserzione di massa dei consumatori nei confronti dei prodotti della Centrale. Così come è avvenuto, all’estero, ogni volta che i fondi legati a chiese o gruppi religiosi e puritani, hanno ritenuto offensive pubblicità o scelte aziendali delle imprese in cui erano stati investiti i denari dei fondi. Si vendevano le azioni e non si compravano i prodotti, con boicottaggi che obbligavano le aziende ad uniformarsi alle scelte etiche degli investitori.
Ma noi siamo in Italia. Tutto passa, tutto si dimentica. E si dimentica, soprattutto, che i padroni delle aziende italiane non sono più gli incompetenti membri dei salotti buoni.