Pina Picierno sarà la capolista del Pd, alla faccia delle ambizioni del sindaco di Bari Michele Emiliano, delle rassicurazioni dei caporioni democrat. Forse è colpa di una suggestione, di un’ideuzza che era già saltata in testa a Walter Veltroni nel 2008. Scende in campo Ciriaco De Mita, seppur per interposta persona? Opponiamogli la sua (aspirante) erede, quella che – nel 2008 al Corriere della Sera – disse chiaramente: «De Mita è il mio mito». In politica si chiama parricidio e, diciamocela tutta, non è che sia riuscito davvero benissimo alla Picierno. Che, probabilmente, avrà bisogno del secondo round per tentare di mandare in archivio il Visir di Nusco.
La casertana Picierno non è che abbia molto seguito, almeno in Campania. Lì il vero braccio di ferro si gioca tra Napoli e Salerno, la sfida esplosiva e sotterranea tra il risorto Antonio Bassolino e il rampante Vincenzo De Luca. Ogni tanto ci mette becco Roberto Saviano, spunta talvolta un ribelle che occupa le sedi (leggi Guglielmo Vaccaro, parlamentare di ferrea fede lettiana) ma poi basta così. Il resto poco e niente conta, con tanti saluti a tutti. Pure la Bindi si concede saltuarie incursioni territoriali allo scopo di arruolare nella ‘sua’ corrente i democrat casertani.
La consacrazione nell’Olimpo dei leader, per la Picierno, non è ancora arrivata. E pure ci ha provato, senza tregua. Ve la ricordate #occupyScampia? Doveva essere la versione italiana di #occupyWallStreet, per di più in terra di camorra. La rete si mobilitò che manco l’Europa dopo l’uccisione dell’arciduca d’Austria Ungheria a Sarajevo, cent’anni fa. Pina Picierno sembrava essere pronta per diventare, finalmente, maggiorenne (politicamente parlando). In strada, però, scesero in pochi. Flop, inappellabile. E la ragazza lanciata da Veltroni nel 2008 continuò a essere “quella che si è laureata con la tesi su De Mita”. Una Renzi campana, mancata. Democristiana fin nelle midolla, devota al sancta sanctorum Dc. Irriverente e spregiudicata quanto basta, affezionata alla lezione dei grandi maestri del passato ma contemporaneamente fermamente intenzionata a sorpassarli, declassarli, sostituirli. Pur appropriandosi della loro eredità. Fortuna ha voluto che Matteo avesse puntato sul sindaco santo fiorentino Giorgio La Pira. Lei invece voleva l’eredità del mitico Ciriaco. Solo che De Mita non è morto nè ha alcuna intenzione di lasciare nè mondo nè tantomeno il testimone.
Un po’ poco – come peso specifico – per credere (e far credere a scettici e oppositori interni ed esterni) di avere le carte in regola per mandare in pensione l’Highlander democristiano Ciriaco De Mita. Che, peraltro, giocherà direttamente sì, ma per interposta persona. Parricidio sarà – sperano gli stati maggiori nazionali Pd – ma con le preferenze sarà dura. E chissenefrega se la base rumoreggia. I mal di pancia si curano con le pastiglie dei richiami ai sacri doveri della militanza e della dedizione a ciò che i capi decidono. Una volta si chiamava Apparato, era grigio e faceva della burocrazia il suo credo. Da qualche parte, sui social network, esiste ancora e invano si sbraccia per indicare la retta via a chi ha perduto la bussola. Oggi gli apparati si sono liquefatti e all’ingessato bianco e nero preferiscono i cento colori dell’arcobaleno. Il gioco dell’era renziana continua a essere sempre lo stesso: dinamiche e militanza post-comunista applicate e finalizzate alle ambizioni ex democristiane, Nostra Signora di tutte le Russie perdonaci.