A volte la “libidine” non basta. A volte ha ragione Adriano Galliani: meglio brutti ma vincenti. Perché, almeno nella cultura italiana, spesso e volentieri funziona così: se porti a casa il risultato, il modo importa solo relativamente. Che poi vengano pure avanti i puristi della Premier, i fautori di un’utopica rivoluzione culturale: alla fine hai i tre punti e tanto basta.
Giampiero Ventura è diventato famoso quando, durante la conferenza stampa di presentazione come nuovo allenatore del Bari, in una giornata di inizio estate si è lasciato andare a una dichiarazione tanto bella quanto insolita: «Io alleno per libidine». Da allora, per tutti è “Mister Libidine”. Il primo anno della sua avventura biancorossa, in effetti, di libidine ne ha prodotta a quintali: gioco, spettacolo, risultati. Il massimo per una squadra e una città che tornavano in serie A dopo otto anni. A Pisa aveva fatto altrettanto bene, sfiorando la promozione e regalando emozioni con il suo 4-2-4, poi riproposto con successo in salsa pugliese. Nessuno avrebbe mai pensato che potesse congedare tanto facilmente quello che, più che un modulo, era diventato un marchio di fabbrica. Eppure, quest’anno, il suo terzo nella Torino granata, Giampiero da Genova ha mostrato un trasformismo tattico sorprendente. Prima 3-5-2, poi 5-3-2, il cambio di ruolo per il suo pupillo Cerci, tornato ai tempi delle giovanili romaniste, e il rilancio in grande stile di Ciro Immobile. Per lunghi tratti, sotto la Mole hanno conteso il ruolo di sorpresa del campionato a Parma e Verona, giocando bene e macinando risultati. Poi, però, la macchina si è inceppata. Complice il calo di forma di Cerci (solo due centri nel 2014), la libidine ha smesso di scorrere e sono arrivate cinque sconfitte nelle ultime sei partite.
L’ultima della serie, in casa della Roma, è stata però l’ennesimo boccone difficile da digerire. Perché, se è vero che i numeri sono impietosi, per onore di verità la serie negativa granata non sempre è passata da prestazioni poco dignitose. Non ultima, proprio quella nella capitale ha mostrato una squadra tutt’altro che allo sbando, anzi. Il Torino nel secondo tempo ha giocato un ottimo calcio, segnando un gol splendido con Immobile (sperando che Prandelli abbia preso appunti) e creando altre due occasioni nitide per completare la rimonta. Ma non è bastato e, dopo la sconfitta interna contro il Napoli viziata dall’ennesimo errore arbitrale, anche dall’Olimpico Ventura e i suoi sono usciti con un pugno di mosche in mano e qualche rimpianto di troppo.
Qualche giorno prima, Seedorf aveva rivendicato il punto ottenuto contro la Lazio come un buon risultato, sottolineando come Galliani preferisse giocare male ma muovere la classifica, piuttosto che un gioco poco redditizio. Obiettivamente strano, visto che le ambizioni rossonere sono ridotte all’osso e sarebbe forse meglio seminare qualcosa in vista della prossima stagione. Non una novità, però, per una società che, al momento, vive solo di passato. E allora, a questo punto, probabilmente bene fa Giampiero Ventura a sottolineare come quest’anno siano state gettate basi importanti per il futuro del suo Toro, a dispetto della flessione dell’ultimo periodo. In un paese in cui la programmazione è merce rara, per una volta teniamoci stretti Mister Libidine, alla faccia dei tre punti.
@fsannicandro