Piccolo, nero e con un’innata avversione per le ingiustizie. Ma anche piagnone, ingenuo e pronto ad autocompatirsi. Sembra la metafora di una certa destra italiana ma in realtà è la sintesi (brutale) degli attributi di Calimero. Il pulcino più famoso della tv italiana torna sul piccolo schermo, a poco più di cinquant’anni dalla prima apparizione, all’interno di Carosello, il 14 luglio del 1963.
Occhioni dolci e (mezzo) guscio in testa, Calimero riappare sugli schermi ricominciando dove aveva lasciato. I primi ventisei episodi della nuova serie delle avventure del popolare pulcino sono in onda dal 25 marzo, su Raidue, all’improbabile orario delle 7.35. Le altre – in totale saranno 104 – traslocheranno su Rai YoYo.
E visto che i tempi passano e il pulcino ha spento da poco le cinquanta candeline, Calimero si (ri)presenterà con una nuova veste grafica in 3D, giusto per non farsi mancare nulla. Barcollando di qua e di là avrà sicuramente modo di pronunciare la sua celebre battuta, sfornata a palate con il tipico accento simil-veneto e la vocina stridula: “…è un’ingiustizia, però!”. A guardarsi intorno, l’Italia dello spread non ha nulla da invidiare, in quanto a ingiustizie, a quella del boom economico in cui Calimero mosse i suoi primi, incerti passi, pubblicizzando il detersivo Ava (come lava, continuava lo spot).
A leggere con gli occhi della (meta)politica il personaggio amato da generazioni di italiani, nel “carattere” di Calimero sembra di ritrovare la parabola esistenziale di un certo ambiente di destra. Piccolo, nero e piagnone. O comunque incline all’autocompatimento, con la testa rivolta indietro e sempre pronto a prendersela con qualcuno. Accostamento azzardato, non c’è dubbio. Ma Calimero è anche popolare, capace di cavarsela nelle situazioni più difficili e ha uno spiccato senso della giustizia. Discriminato in quanto unico pulcino “nero”, riesce solo in parte a fare della sua diversità un fattore di forza e differenziazione. Ma a cinquant’anni suonati, forse, dovrebbe uscire dal (mezzo) guscio che l’accompagna. Non solo denunciando, con quella vocina stridula, le mille ingiustizie del vivere comune ma provando a cambiare le regole del gioco. Restando “nero”. Ma con l’aspirazione di diventare grande.
@mariodefazio