Il 27 marzo di vent’anni fa l’Italia ebbe l’impressione di vivere un miracolo. Quattro forze politiche assai diverse, federate da un leader-imprenditore, vinsero le elezioni, mandarono all’opposizione la sinistra e formarono un governo di centro-destra come mai si era visto nella prima repubblica. Una forza liberale e popolare guidata da un non politico, una destra nazionale e sociale venuta dal neofascismo, un centro moderato venuto dalla Dc e un movimento di protesta come la Lega si trovarono alla guida dell’Italia. Il governo che ne scaturì durò poco ma l’epoca che ne seguì durò tanto. Un’epoca di bipolarismo compiuto, con governi di centro-sinistra e di centro-destra che si alternavano con perfetta intermittenza al potere: quelli di centro-destra di maggior durata ma in conflitto con l’establishment, quelli di centro-sinistra, omogenei all’establishment ma di breve durata per autodistruzione. Ogni elezione decretava la sconfitta del governo uscente, pur con sistemi elettorali differenti.
L’epoca fu detta berlusconiana e altra definizione in effetti non è possibile perché naufragò nel corso di vent’anni ogni formula di governo e ogni ispirazione di fondo: fallì la rivoluzione liberale e fallì la sinistra riformista, fallirono i garantisti e fallirono i giustizialisti, fallirono le destre e le sinistre fino a sparire i loro nomi anche in Parlamento, naufragarono le larghe intese e i governi tecnici, deperirono i partiti e i sindacati. Nulla rimase in eredità e tutto si sgretolò sotto l’incalzare della crisi, il collasso parallelo della politica e dell’antipolitica al governo e la cappa dell’Eurocrazia. Nel centro-destra dopo Berlusconi non c’è un leader, non c’è una linea politica, non c’è una cultura politica da cui ripartire. Nella notte della repubblica ci sono due solisti, che rappresentano il Polo Positivo e il Polo Negativo; non è un giudizio politico ma una considerazione di ordine elettrotecnico. Renzi incarna il Polo Positivo nel senso che è al governo e, almeno a parole, ritiene di poter far ripartire il pachiderma malato. Grillo incarna il Polo Negativo nel senso che la forza del suo ruolo è la protesta, il rifiuto e la rivolta. I messaggi rispettivi sono: salviamo il salvabile, è l’ultima spiaggia, dopo di me il diluvio. E l’altro: diamo il colpo di grazia, azzeriamo, mandiamoli a casa.
Un terzo polo si raccoglie nel nome di Berlusconi, ma non ha altra ragione sociale, altra certezza non negoziabile che la fedeltà a lui, però non può contare sulla sua presenza per ragioni giudiziarie. Per questo da tempo parlo di neoberlusconismo come si parlò di neofascismo a fascismo finito. A Berlusconi tocca solo un compito, a questo punto: non indicare un erede, ma al più una strada in cui cercare e poi selezionare sul campo, leader e classe dirigente.
Sparse frattaglie, d’incerta sopravvivenza, coronano il tripolarismo ad personam della scena politica: la Lega, il nuovo centro-destra, fratelli d’Italia e la sinistra greco-vendoliana. Chiunque incontro non sa a chi votarsi, al più sa contro chi votare, o su chi ripiegare. Gli alibi di questa situazione sono inappuntabili: la Malaeuropa, la Brutta crisi, lo strapotere giudiziario. Ma non bastano a spiegare il fallimento e le condizioni in cui ci troviamo. Un paese può sopportare governi inefficaci o classi dirigenti incapaci, mal selezionate, può sopportare perfino la corruzione e il malaffare, ma tutti questi fattori insieme no, non può reggerli. Per fortuna ora si vota solo alle Europee, è un test, non è un pronunciamento sull’Italia e neanche sull’Europa, il parlamento da eleggere incide poco sugli assetti e sui poteri effettivi dell’Unione e sopra l’Unione. Bisognerebbe fare punto e a capo, ma i punti sono tanti e un capo non si vede. Solo interminabili titoli di coda e velenosi colpi di coda. Da italiano mi auguro che Renzi non sia un bluff, che davvero riesca a migliorare la situazione, non dico sanarla, ma almeno migliorarla. Fatelo governare. Il messaggio esterno che vorrei arrivasse dal voto è invece: quest’Europa non ci piace, rovesciamo la scala delle priorità.
Ma non ha senso cercare di ritrovare lo spirito del ’94 quando non c’è nessuna delle condizioni di quel tempo, nessun leader disponibile, nessuna analogia e nessuna coalizione. E poi, il paese allora credeva di avere il baratro alle spalle, ora lo avverte davanti. Possiamo solo confidare che questo governo ridia fiato al paese e permetta una tregua utile a far nascere ed emergere nuove energie. Ma per tentare, almeno tentare, di trovare una via d’uscita è necessario che finisca l’agonia del pregresso e si chiudano i conti del passato.
Il resto è nelle mani del caso, del destino o della provvidenza.
* Marcello Veneziani per Barbadillo.it